Cina potenza mondiale del commercio

Sommando esportazioni e importazioni, la Cina è la prima potenza commerciale al mondo, approdo di una lunga navigazione nel mare magnum della globalizzazione. Il baricentro economico del mondo scivola ulteriormente a Oriente, ma dal punto di vista della potenza “vera”, la storia suggerisce cautela

Da Pechino, Gabriele Battaglia
Tratto da www.china-files.com

n-USA-CINA-large570

16 gennaio 2014  – La Cina supera gli Stati Uniti e diventa la più grande potenza commerciale mondiale. La notizia è rimbalzata un po’ dappertutto: la somma di esportazioni e importazioni del Celeste Impero ha raggiunto un totale di 4.160 miliardi dollari nel 2013 (2.210 di export, 1.950 di import), per un aumento del 7,6 per cento anno su anno. Anche se i dati commerciali Usa verranno divulgati solo a febbraio, si ritiene che il record cinese sia ormai irraggiungibile, perché nei primi 11 mesi dello scorso anno gli americani hanno totalizzato “solo” 3.570 miliardi dollari.

Certo, i dati che provengono da oltre Muraglia sono sempre un po’ inattendibili. In questo caso, si sottolinea per esempio che a cavallo tra fine 2012 e inizio 2013 furono le stesse autorità di Pechino a riconoscere che i numeri delle esportazioni erano pompati da aziende che, per bypassare le rigide normative sui movimenti di capitali in entrata, emettevano false fatturazioni. Tuttavia c’è consenso tra economisti e osservatori vari nel ritenere che il baricentro del commercio mondiale si è ormai spostato a Oriente.

Nel giro di un decennio, il Dragone è passato quindi da una quota di interscambi globali inferiore al 3 per cento ad oltre il 10. Gli Stati Uniti e la Germania hanno ciascuno una fetta che è appena inferiore a quella cinese, mentre il Giappone totalizza un altro 5 per cento circa.
Quanto ai partner commerciali, l’Unione europea e gli Stati Uniti rappresentano oltre un quarto del totale degli scambi, con 559 e 521 miliardi di dollari rispettivamente. Ed è estremamente significativo anche dal punto di vista geopolitico il fatto che il valore dello scambio tra la Cina e i Paesi del Sud-est asiatico sia ora di 443 miliardi dollari, per una crescita di quasi l’11 per cento rispetto al 2012.

Nella sua corsa verso l’alto, il commercio cinese ha toccato il massimo volume mensile proprio lo scorso dicembre, con un record di 390 miliardi di dollari scambiati: 208 miliardi in esportazioni (più 4,3 per cento su base annua) e 182 in importazioni (più 8,3 per cento).
Si faccia attenzione: pur restando inferiore in valori assoluti, l’import cresce dunque di più. È, questo, un segnale estremamente positivo, considerando che le grandi riforme varate dal terzo plenum del Partito a novembre intendono proprio trasformare il Dragone in un’economia basata sui consumi interni più che sulle esportazioni.
Quanto a queste ultime, non sfugge a un osservatore attento che i prodotti assemblati e le manifatture più banali, che trovano sempre meno spazio sui mercati stranieri, vengono gradualmente sostituiti da macchinari high-tech ed elettronica.

Considerando i dati complessivi di tutto il 2013, è tuttavia palese che c’è ancora molta strada da fare. Per esempio, la crescita dei volumi commerciali del 7,6 per cento che porta la Cina al primo posto è leggermente inferiore agli obiettivi inizialmente posti dal governo di Pechino, che puntava all’8. Pesa forse il netto calo degli interscambi con il Giappone a causa delle note vicende geopolitiche che riguardano il mar Cinese Orientale: il commercio con il Sol Levante registra un calo superiore al cinque per cento, raggiungendo 312,5 miliardi di dollari.

Per evitare interpretazioni eccessivamente deterministiche – la potenza sta inevitabilmente scivolando verso Oriente – va inoltre ricordato che anche durante la dinastia Qing (1644-1912), cioè nei secoli del declino di fronte al trionfo del mercantilismo – e poi colonialismo – occidentale, la Cina era la più grande nazione commerciale del mondo. Anzi, pur divorando gran parte dell’argento prodotto nelle Americhe, il Celeste Impero continuava ad avere una bilancia commerciale in netto attivo rispetto all’Europa in virtù delle sue esportazioni di beni di lusso. E fu proprio questo fatto che indusse l’Occidente a imporre con oppio (prima) e cannoni (poi) un nuovo ordine.
L’essere prima potenza commerciale del mondo costò quindi caro alla Cina. A Pechino lo sanno benissimo e il difficile viene proprio ora.

 

 



Lascia un commento