I bambini della Maison d’Izieu

[note color=”000000″]In occasione del 27 gennaio, Giorno della Memoria, Q Code inaugura una nuova sezione, “Storia e memoria”. Ogni mese, in questo spazio, racconteremo “storie nella storia”: storie di vita che incrociano, in uno o più momenti, la Storia con la S maiuscola. Parleremo anche di memoria, intesa come memoria storica, collettiva, personale, memoria costruita o decostruita, per indagare le diverse sfumature di un processo che è tutto tranne che neutro.[/note]

 

Francia, estate 1943. Ai piedi delle montagne del Jura, una casa immersa nel verde nasconde dalla follia nazista un centinaio di bambini ebrei. Per qualche mese la vita scorre tranquilla e alcuni di loro vengono portati in salvo, in Svizzera. Fino alla retata ordinata da Klaus Barbie, il “boia di Lione”, il 6 aprile 1944. Ai bambini rifugiati nella Maison d’Izieu, deportati e assassinati ad Auschwitz assieme a sei dei loro educatori, sono dedicati per la prima volta un libro e una mostra fotografica, aperta a Modena fino al 30 gennaio.

 

di Giulia Bondi

 

26 gennaio 2014 – I bambini disegnano navi pirata, gatti con gli stivali, scontri tra indiani e cowboy. Scrivono biglietti di compleanno, lettere ai genitori o ai fratelli lontani. Raccontano una piccola quotidianità fatta di pesci d’aprile, marmellata di cotogne, compiti e passeggiate. I ragazzi più grandi hanno dissodato un orto, dove coltivano fagioli, spinaci e patate. Miron Zlatin, amministratore della colonia assieme alla moglie Sabine, gira le botteghe della zona, in sella a una bicicletta con rimorchio, per rifornire i ragazzi di carne, pane e dolciumi. Capita che i negozianti aggiungano qualcosa in più alle razioni autorizzate dalla tessera annonaria. E la terrazza ospita piccole feste e rappresentazioni teatrali. Ma molti bambini, la sera, faticano a prendere sonno. Come Èmile, che ha visto con i propri occhi il padre arrestato dai gendarmi.

 

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È l’estate 1943, in una casa di campagna con un granaio, una fontana e una grande terrazza, ai piedi delle montagne del Jura. Miron e Sabine Zlatin, un agronomo e un’infermiera di origine polacca, dall’inizio dell’occupazione della Francia hanno cominciato a impegnarsi per assistere i bambini e gli adolescenti ebrei e salvarli dalla persecuzione dei nazisti e del Governo di Vichy. Il villaggio di Izieu, nel dipartimento dell’Ain, nel maggio del 1943 fa parte della zona di occupazione italiana, che appare relativamente al sicuro dalla persecuzione antisemita. Izieu è un luogo così isolato, sperduto nelle montagne, che la sua sola posizione sembra essere una tutela. Così, nel maggio 1943 Sabine e Miron Zlatin, insieme all’Œuvre de Secours aux Enfants (Ose), portano lì i primi bambini, una quindicina.

 

Disegno di Otto Wertheimer. Maison d'Izieu/ Bibliotheque National de France / Coll. Sabine Zlatin

Disegno di Otto Wertheimer. Maison d’Izieu/ Bibliotheque National de France / Coll. Sabine Zlatin

 

A ripercorrere la loro storia, e quella degli altri bambini che alla Maison d’Izieu trovarono temporaneamente rifugio, arrivano, a settant’anni da quegli avvenimenti, un libro in lingua italiana e una mostra fotografica, realizzati dall’Istituto storico di Modena e dalla Maison d’Izieu, memorial des enfants juifs exterminés, in collaborazione con la Fondazione Villa Emma. La mostra “Izieu, una colonia per bambini ebrei rifugiati (1943-1944)” è aperta a Modena fino al 30 gennaio e in seguito si potrà noleggiare rivolgendosi all’Istituto storico di Modena. Il volume “Chi verrebbe a cercarci qui, in questo posto isolato? Izieu, una colonia per bambini ebrei rifugiati – 1943-1944” è a cura di Stéphanie Boissard e Giulia Ricci (Anniversary books, 2014).

 

Mappa della zona di Izieu (dal sito memorializieu.eu)

Mappa della zona di Izieu (dal sito memorializieu.eu)

 

Tra maggio 1943 gennaio 1944, secondo il registro delle presenze tenuto da Miron Zlatin, 105 bambini, per la maggior parte ebrei, soggiornano nella colonia di Izieu. Le loro famiglie hanno origini diverse: tedesche, polacche, austriache, belghe o francesi, metropolitane o algerine.

Molti hanno attraversato l’Europa in epoche diverse, fuggendo dai pogrom e dall’antisemitismo oppure dalla miseria, sperando di trovare rifugio in Francia. Ma dopo la capitolazione della Francia alla Germania alla fine di giugno del 1940 e la nascita, a luglio, del Governo collaborazionista del maresciallo Philippe Pétain a Vichy, nell’autunno 1940, all’arrivo delle prime leggi antisemite, le famiglie si trovano fatalmente impigliate tra un’Europa in guerra e una Francia in cui lo Statut de Juifs sancisce la discriminazione razziale e prevede misure di internamento arbitrario.

 

 

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“La violenza dello Stato francese si dimostra dunque ampiamente al servizio dei disegni nazisti”, scrivono le curatrici del volume, “che in questa fase di persecuzione di ebrei, comunisti e partigiani prevedono arresti e internamenti unicamente per gli adulti maschi; di lì a breve, nella guerra totale che li avvenimenti del 1942 contribuiscono a mondializzare e radicalizzare, la partecipazione di Vichy allo sterminio sistematico degli ebrei comprenderà, per iniziativa propria, i bambini e i ragazzi minori di 16 anni”.

 

Il 16 e 17 luglio 1942 la polizia francese, su richiesta delle autorità tedesche, preleva dal Vélodrome d’Hiver di Parigi tutte le famiglie rifugiate con bambini, trasferendole nei campi di Pithiviers e Beaune-la-Rolande. I genitori partono deportati. Di fronte al problema di gestire 4000 orfani sotto i 16 anni, le autorità francesi ottengono dai tedeschi che anche i bambini possano essere trasferiti al campo di Drancy, e caricati insieme agli adulti sui convogli diretti ad Auschwitz.

 

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In Francia saranno 76mila, tra cui  oltre 11mila  bambini, gli ebrei consegnati alle autorità naziste per essere poi deportati e sterminati. Alcune opere di soccorso si organizzano in reti di salvataggio per tentare di sottrarre i piccoli alle persecuzioni. All’interno di questa rete di salvataggio, la colonia di Izieu costituisce spesso un luogo di passaggio tra altre case, famiglie o filiere che permettono ai fuggiaschi di entrare in Svizzera.

 

“Oltre alle colonie come Izieu, molti bambini furono nascosti affidandoli a famiglie francesi che accettavano di tenerli con sé, fingendo che fossero loro figli”, spiega Hélene Waysbord, presidente della Maison d’Izieu. “Anche Hélene è stata una di loro, degli ‘“enfants cachés” . È sopravvissuta grazie alla generosità e al coraggio di una coppia di artigiani, che l’hanno accolta come fosse una loro figlia, in un villaggio nell’Ovest della Francia”, aggiunge Stéphanie Boissard, collaboratrice della Maison d’Izieu e curatrice del libro insieme a Giulia Ricci.

 

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Fino all’8 settembre 1943, la zona di Izieu è sotto l’autorità della Quarta armata dell’esercito italiano. Gli ebrei non devono portare la stella gialla, sui documenti d’identità non è obbligatorio scrivere juif. Una situazione che sembra confermare lo stereotipo degli “italiani brava gente”, ma che certo nasce anche dalla volontà strategica di affermare la propria autorità su quella della polizia francese, impartendo ordini contrastanti e vanificando gli arresti effettuati dalla polizia locale. Con l’annuncio dell’Armistizio tra l’Italia e le forze Alleate, tutto cambia. I militari italiani della base aeronautica di Ambérieu sono arrestati dall’esercito tedesco, come i membri della Commissione italiana d’armistizio.

Intanto, con l’arrivo dell’autunno, alcuni bambini e ragazzi della colonia sono ammessi a frequentare le scuole dei dintorni, e la vita a Izieu continua. Alla festa di Natale partecipa, in uniforme, anche il viceprefetto di Belley Pierre-Marcel Wiltzer, la cui collaborazione con Sabine Zlatin era stata fondamentale per far nascere la colonia, mettendo a disposizione la casa e i mezzi per attrezzarla.

 

 Au revoir les enfants, puntata di “La storia siamo noi”

dedicata ai bambini di Izieu

 

Ma sotto la nuova autorità tedesca sono iniziati anche nella regione dell’Ain i rastrellamenti e la caccia all’ebreo. Nemmeno Izieu appare più sicuro come pochi mesi prima. La direttrice della colonia, Sabine Zlatin, si mobilita per cercare un’altra sistemazione.

É proprio in uno dei giorni in cui Sabine è assente, alla ricerca di un luogo sicuro per evacuare i bambini, che il comandante della Gestapo Klaus Barbie, noto come “il boia di Lione”, ordina la raffle, la retata contro i bambini della Maison d’Izieu.

Il 6 aprile 1944 si trovano nella colonia 45 bambini e 8 adulti, tutti ebrei a eccezione di un ragazzo, René-Michel Wucher. Su ordine di Klaus Barbie, uomini della Gestapo e soldati della Wehrmacht irrompono nella casa per arrestare le persone presenti. Al momento della retata un adulto, Léon Reifman, riesce a scappare e nascondersi. Il piccolo René-Michel Wucher viene liberato quando i camion fanno una sosta a Brégnier-Cordon, paesino ai piedi di Izieu.

 

Il telex con cui Klaus Barbie annuncia il "successo" della retata. (memorializieu.eu)

Il telex con cui Klaus Barbie annuncia il “successo” della retata. (memorializieu.eu)

 

L’educatrice Léa Feldblum, che è in possesso di un documento falso con il nome di Marie Louise Decoste, preferisce rivelare la propria identità per non separarsi dai bambini. Viene deportata con loro ad Auschwitz, sul convoglio 71. Nel campo subisce esperimenti medici, ma sarà l’unica a sopravvivere. Miron Zlatin e 2 adolescenti saranno fucilati a Reval (oggi Tallin) in Estonia. 42 bambini e 5 adulti saranno assassinati a Auschwitz-Birkenau.

 

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Il primo segno di memoria delle vicende di Izieu è una targa, installata sui muri esterni della casa, nel 1946. Da allora, ogni anno, si susseguono cerimonie commemorative.  Nel 1983 Klaus Barbie, che dopo la guerra è dapprima agente del controspionaggio americano, poi – sotto falso nome – consigliere dei militari al potere in Bolivia, è ritrovato e condotto in Francia. Il processo contro di lui, accusato di crimini contro l’umanità, si apre a Lione l’11 maggio 1987 e il 4 luglio si conclude con la condanna all’ergastolo. I documenti inchiodano Barbie alla responsabilità della retata di Izieu.

 

Alcuni dei bambini di Izieu in un'immagine scattata pochi giorni prima della retata del 6 aprile.

Alcuni dei bambini di Izieu in un’immagine scattata pochi giorni prima della retata del 6 aprile.

 

Nel 1988 Sabine Zlatin e Pierre-Marcel Wiltzer collaborano a fondare l’associazione che darà vita al Memoriale della Maison d’Izieu, che sarà inaugurato nel 1994. Gli archivi di Sabine Zlatin, con lettere, documenti, disegni dei bambini, fotografie, costituiscono il primo nucleo del patrimonio del Museo. Nel 1999 Chirac, riconoscendo le responsabilità della Francia nella pesecuzione e deportazione degli ebrei durante il governo di Vichy, identifica tre luoghi di memoria d’interesse nazionale (tra i quali la Maison d’Izieu) e istituisce una giornata commemorativa, da celebrarsi nell’anniversario della retata del Vel d’Hiv.

 

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Nel 2002 alla Maison si riuniscono una quindicina di coloro che avevano soggiornato a Izieu da bambini. La loro testimonianza permette di dare un nome a molte delle persone ritratte nelle immagini dell’epoca, riconoscendo bambini e adulti fino ad allora non identificati.

 

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“Da cosa dipende che si provi un’emozione così forte, da cosa dipende che si avverta quel luogo forse più sconvolgente di un luogo dell’orrore, è ciò che bisognerebbe poter dire, è ciò che provo a dire”, scrive lo storico Jean-Christophe Bailly nel saggio “Abitare il tempo”, all’interno del volume: “In quella casa la perdita è stata elaborata, ma in modo che il processo ricominci in ogni momento e per ogni visitatore, in modo dunque che si riapra il trauma del lutto. Questo lutto sterminato è un modo di abitare il tempo: la casa di Izieu abita la pendice della montagna, e quella del tempo. Sull’una si è fermata e resta immobile, sull’altra qualcosa si è femato un mattino di aprile, eppure quella sospensione, il tempo senza immagini di quel mattino continua a scorrere e a fluire come un canale scavato dal tempo”.

 

 

 

 

 




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