Una sinfonia per uomini rivoluzionari

La storia dell’Eroica, composta per Napoleone ed eseguita dall’orchestra della Scala per ricordare i più grandi direttori d’orchestra italiani.

Beethoven ha 32 anni quando nel 1802 inizia a comporre la sua terza sinfonia, l’opera 55 in Mi bemolle maggiore che intitolerà “Sinfonia Eroica composta per festeggiare il sovvenire di un grand’uomo”. La scrive ispirandosi a Napoleone, a cui intende dedicarla, ma cambierà drasticamente idea quando due anni dopo, al momento della pubblicazione, Bonaparte si autoproclamerà Imperatore dei francesi, un atto che il compositore tedesco vivrà -giustamente- come un tradimento dell’ideale e dello spirito repubblicano. Disgustato, Beethoven deciderà quindi di offrire la sinfonia al principe boemo Joseph Franz Maximilian von Lobkowitz, il “grand’uomo” del titolo appunto, aristocratico e musicofilo che peraltro ne ospiterà la prima esecuzione a porte chiuse.

Porte che invece si aprono al Teatro alla Scala, e per un altro grand’uomo, in occasione dell’esecuzione pubblica della Marcia Funebre dell’Eroica, in tributo a Claudio Abbado.

Questa Marcia Funebre, che in modo rivoluzionario Beethoven inserisce come secondo movimento della sinfonia, una posizione solitamente occupata da un brano lento e cantabile, non è in realtà quella “inaudita bizzarria” che appare inizialmente ai critici suoi contemporanei. Certo è vero che, quando la composizione funeraria viene scritta, il suo destinatario è ancora vivo e vegeto (si parla di Napoleone, ovviamente), ma immaginare (sublimandolo, se non addirittura elevandolo a potenza) l’eroe corso nel momento proiettivo della sua futura morte aiuta questa musica potente e vigorosa a incarnare, come ha scritto il grande musicologo Massimo Mila, “il corale rimpianto dell’umanità sulla spoglia di chi ne incarnava i più nobili aspetti” quando quel sentimento popolare è proprio nel pieno della sua forza emotiva. Non è poi trascurabile il fatto che nell’epoca in cui l’Eroica viene composta, cioè la Francia rivoluzionaria, le cerimonie religiose sono state sostituite da vere e proprie liturgie laiche della morte, allestite all’aperto per celebrare i caduti della Rivoluzione. In queste scenografie popolari un ruolo di primo piano è occupato proprio dalla Marcia Funebre, che viene eseguita da masse orchestrali e corali di enormi dimensioni.

Forse, oltre alla tradizione milanese di eseguire questo brano in morte dei protagonisti della musica cittadina (Victor De Sabata, Gianandrea Gavazzeni), in un certo senso è anche questo lo spirito sotteso all’esecuzione a porte aperte della Marcia Funebre di Beethoven: la musica in piazza per un grand’uomo, Abbado, e per i cittadini. Un’idea che sarebbe piaciuta al Maestro, un intellettuale spesso considerato rivoluzionario per aver promosso la causa della democratizzazione dell’arte (tra le sue tante iniziative in questo senso, basti ricordare i concerti che organizzò con Nono, Berio e Pollini dentro le fabbriche nei tumultuosi anni Settanta).

abbado innocenti

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Per chi non abita a Milano, per chi non la conosce e per chi vuole riascoltarla subito, ecco una memorabile versione della Marcia Funebre, eseguita dai Berliner Philarmoniker diretti proprio da Claudio Abbado nel 1985 (etichetta Deutsche Grammophon):

 

 

 



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