I laghetti della discordia

Castel Volturno: trentadue invasi, nati negli anni Ottanta per la speculazione edilizia, nascondono per Schiavone i rifiuti tossici dei casalesi, ma per le autorità tutto è tranquillo

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/07/vincenzo-ammaliato.jpg[/author_image] [author_info]di Vincenzo Ammaliato, da Napoli. Da bambino giocava a guardie e ladri con gente che oggi sconta numerosi ergastoli (e che a turno, all’epoca, facevano anche le guardie). Ha iniziato a scrivere perché faceva figo e perché si rimorchia facilmente. Poi ci ha preso con questo mestiere e ha continuato, pur rimanendo marito fedele (perché nel frattempo si era sposato). Da undici anni collabora con Il Mattino, come corrispondente da Castel Volturno. È coautore del documentario La Domitiana. Ha collaborato alle realizzazione di reportage televisivi in Kosovo, Romania e in Moldavia . Ha partecipato alle collane “Strozzateci Tutti” e “La Giusta Parte”. Ha scritto anche per La Voce della Campania. Ha inventato Il Festival dell’Illegalità. Tutto questo, nel tempo libero, essendo dipendente di una ditta privata che non ha nulla a che vedere né con l’informazione, né con la letteratura.[/author_info] [/author]

30 gennaio 2014 – Per l’ex capo del cartello camorristico dei casalesi, Carmine Schiavone, qui è stato scaricato un grosso quantitativo di rifiuti industriali e di origine nucleare. Roba da inquinare in modo irreversibile l’intero territorio domiziano e condannarlo a un’inesorabile fine.

Secondo la provincia di Caserta e i tecnici dall’ente di corso Trieste, appositamente incaricati d’investigare, invece, non c’è alcuna traccia di radioattività, né di rifiuti pericolosi. Tant’è che gli appositi report eseguiti in zona sono stati pubblicati sul sito internet dell’ente, proprio per rassicurare i cittadini.

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Ma a prescindere sia dalle dichiarazioni dell’ex camorrista ed ex pentito, sia dai risultati delle analisi condotte dagli esperti, qual è lo stato dell’arte dell’area dei trentadue laghetti di Castel Volturno a Est della via Domiziana?

Nati nei primi anni ’80 a seguito dell’attività estrattiva (per lo più abusiva e controllata dai clan malavitosi), gran parte dei trentadue invasi, della grandezza ognuno di oltre tre campi di calcio, sono sprovvisti di ogni tipo di protezione. E trovandosi in un’area isolata e non controllata non è stato complicato trasformarsi in delle vere e proprie discariche illegali a cielo aperto.

In pratica, un’area dall’alto valore naturalistico che potrebbe rappresentare una risorsa notevole per la costa Domiziana, è diventata una zona franca dove qualsiasi delinquente avverte la necessità di smaltire illegalmente ogni tipo di rifiuto può farlo in relativa tranquillità. E così che sulle sponde degli invasi (e molto probabilmente, anche al proprio fondo) ovunque si trovano quintali di scarti d’edilizia, parti di palme aggredite dal punteruolo rosso, elettrodomestici arrugginiti, copertoni e componenti d’auto e di trattori, carogne d’animali e chissà cos’altro.

 

Non mancano, numerose e pericolosissime lastre di eternit, tutte danneggiate e che sprigionano nell’ambiente circostante le proprie fibre inquinanti. In uno di questi laghi, due anni fa emerse il corpo di un ragazzo ventiduenne del posto, sparito da casa sua venti giorni prima, gettato nell’invaso dopo essere stato assassinato e legato mani e piedi. Perché qui si può buttare al riparo da occhi indiscreti sia un lavandino scheggiato, sia un cadavere.

E siccome il degrado chiama sempre e solo degrado, adesso nella zona stanno sparendo anche gli alti lecci che si trovano sulle sponde dei laghi. Ovviamente non si tratta di un fenomeno naturale. Anche in questo caso c’è la mano di veri e propri malviventi, che stanno rubando i grossi alberi, probabilmente per procurarsi a costo zero materia prima da ardere nei camini domestici e nei forni industriali.

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Insomma, non c’è certezza se nei laghi di Castel Volturno siano stati sversati, o meno illegalmente scarti di rifiuti termonucleari. La realtà della zona, però, a prescindere dalle analisi degli enti preposti, grida ugualmente vendetta, e rappresenta il fallimento dell’intero sistema istituzionale. La storia, non dichiarazioni più o meno farneticanti, né controlli di esperti, racconta che qui per anni spregiudicati imprenditori hanno scavato grosse buche nella campagna per estrarre sabbia da inserire nel corrotto sistema edilizio italiano che fagocitava cemento, anche se di bassa qualità.

Terminata l’attività estrattiva le ex cave di Castel Volturno sono state abbandonate e si sono trasformate prima in laghetti e poi in discariche. E’ il risultato attuale è che gli amministratori pubblici non sono stati in grado di prevedere alcun recupero e riconversione dell’area. Insomma, non c’è alcuna necessità di scoprire la presenza di rifiuti termonucleari nell’area dei laghetti per prevedere l’inizio delle bonifiche. Ma, soprattutto, affinché lo Stato controlli la zona e obblighi i legittimi proprietari delle ex cave a recuperare il territorio dopo averlo devastato per decenni. Al momento ci sono soltanto rassicurazioni. Ed evidentemente, altre priorità.



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