Museo del Novecento: promenade

Il Museo del Novecento è una realtà buffa nella città di Milano. Allestito in modo assai improbabile, contiene una collezione di grande importanza che è poco valorizzata.

di Vito Calabretta

Il suo emblema è il modo in cui dalla piazza del Duomo i cittadini possono attingere al sontuoso Concetto Spaziale di Lucio Fontana che è illuminato nella sala più in alto dell’Arengario. Bello, bellissimo, squarciato dalla struttura portante dell’architettura dell’edificio e quindi, dal punto di vista dell’accesso all’opera, abortito.

Nel Museo del Novecento esistono minuscoli spazi per esposizioni temporanee. Spesso queste sono di enorme interesse e soffrono oltremodo della carenza di spazi e di risorse, tali addirittura da non consentire la produzione di cataloghi. Così è stato per la piccola mostra dedicata a Fabio Carpi, poi quella dedicata a Beppe Devalle o a Campo Urbano.

quarto_stato

Oggi ci sono al Museo del Novecento tre mostre. La prima è dedicata a Giovanni Scalarini, disegnatore che ci fa vedere quanto , dai comparti diversi della produzione figurativa, si possa contribuire alla costruzione della storia dell’arte. È curata da Giovanna Ginex che ci presenta l’artista:

Vi  è poi, nella saletta cosiddetta Focus, una piccola mostra dedicata agli investimenti in arte degli anni Sessanta, alla fiducia nella possibilità di guadagnare comprando opere e al modo in cui un sistema di comunicazione e di promozione si sia costruito intorno agli interessi commerciali.

Nello spazio più grande c’è poi la mostra dedicata al Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo.

Tutte e tre meritano non solo molta più attenzione del supermercato di mostriciattole che popola il Palazzo Reale che sta accanto ma anche il viaggio a Milano.

La terza mostra è dedicata al lavoro di preparazione  Quarto Stato, un’opera che ha segnato un secolo politico, ideologico, iconico ma che è qualcosa di molto più importante , come ha scritto Flavio Fergonzi nella presentazione dedicata all’interno del catalogo del Museo del Novecento:«testimone di una impossibile cerniera, non tanto ideologica quanto pittorica, tra otto e novecento». La mostra dedicata al Quarto stato è curata da Aurora Scotti

A pochi giorni dalla presentazione delle tre mostre, presso la pinacoteca di Brera si è tenuto un convegno sulle tecnologie nei Musei. Dedicato a  “Le nuove tecnologie per la comunicazione espositiva”, ha vista la partecipazione di architetti, direttori di Musei, docenti di illuminotecnica e curatori di mostre. È stata una occasione in particolare per discutere il concetto di tecnologia, di cosa sia una nuova tecnologia e di quanto essa sia importante quando si propone una esposizione al pubblico.

Il convegno si è articolato lungo due binari abbastanza complementari. Il secondo binario ha visto la maggior parte dei contributi insistere sul fatto che le lampade di nuova generazione consentono di risparmiare energia, che la light art è una forma di espressione a pieno titolo (molti omaggi sono stati riservati alle opere presenti nella villa di Giuseppe Panza di Biumo a Varese). Sull’altro binario si è insistito per esempio nel dire che la luce non è soltanto quella provocata da una fonte elettrica ma può venire dalle stesse opere d’arte che vengono esposte. Fabio Fornasari, architetto responsabile delle esposizioni temporanee del Museo del Novecento di Milano, come quella dedicata ad Aldo Carpi o al lavoro di preparazione del Quarto Stato, si concentra sulla definizione e sul senso della tecnologia nel caso di una esposizione.

Al concetto di relazione tra pubblico e opera sono peraltro dedicati lavori di artisti importanti come Thomas Struth. Anche rispetto all’atteggiamento di Fornasari, è interessante la dichiarazione di Marina Pugliese, direttrice del Museo del Novecento, che sostiene l’importanza della sostenibilità degli investimenti tecnologici. Cosa si intende per sostenibilità?

 

 

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