Polveriera libanese

Le Brigate Abdullah Azzam legate ad Al-Qaeda fanno esplodere due autobombe nel quartiere sciita di Bir Hassan. Il bilancio è di otto morti e 128 feriti. È la loro condanna all’appoggio di Hezbollah al governo siriano

da Beirut, Alessandra Fava

 

20 febbraio 2014 – Talmente lontano che non arriva neppure l’eco. Chi era sulle colline o su qualche grattacielo ha visto però una colonna di fumo nero. Rumore o meno – in una delle capitali più caotiche del Medio Oriente – c’è un tam-tam continuo, persistente, che tiene accese orecchie e menti a Beirut. Così mentre chiedi informazioni su una strada nel quartiere cristiano, nel Nord-est della città, e non sono ancora passate le dieci di mattina, il negoziante ti informa: «attenzione, non andare a sud. C’è stato un attentato». Non si conosce ancora il numero delle vittime e la notizia rimbalza sulle radio, telefonini, twitter.

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L’esplosione è avvenuta, dicono i media, alle 9,20 di ieri. Un paio d’ore dopo, tra negozi di componenti meccaniche e apparati elettrici a due passi dal porto, una donna che mi aiuta a conformare la spina italiana segando la messa a terra (in modo che invece di tre spinotti, ne abbia due), guarda sconsolata la speaker della tv che fa la cronaca dell’attentato con la macchina carbonizzata ancora fumante e diversi militari che transennano l’area.

Si sono suicidati in due facendo esplodere due auto in simultanea: la deflagrazione ha provocato la morte di 8 persone e ne ha ferite 128. Hanno scelto la zona del centro culturale iraniano, nel bel mezzo del quartiere sciita, Bir Hassan. L’attentato è stato rivendicato dalle Brigate Abdullah Azzam legate ad Al-Qaeda, le stesse responsabili dell’atto terroristico all’ambasciata iraniana del 19 novembre. I guerriglieri rimarcano così la loro condanna all’appoggio di Hezbollah al governo siriano. Specie dopo il discorso di domenica del leader di Hezbollah, Sayyed Hasan Nasrallah, che ha detto che di ritirarsi dalla Siria non ci pensano nemmeno e che continueranno la battaglia contro le forze ”takfiri”, che in arabo vuol dire ”eretici”.

La gente fa quello che può. Una libanese che studia a Parigi di recente ha lanciato un’app ”I am alive”, sono vivo, per mandare instant message ad amici e parenti appena succede qualcosa di drammatico in giro.

 

«Gli arabi sauditi armando i sunniti libanesi portano avanti una guerra santa – ha dichiarato una fonte diplomatica – è una guerra di conquista sul piano religioso, non su quello economico e quindi purtroppo non se ne vede la fine».
Il nuovo ministro dell’interno Nuhad Mashnouk, sunnita di Beirut eletto nella coalizione 14 Marzo ed esponente di punta del Movimento Futuro (il cui segretario è Saad Hariri), ha sostenuto che «ci sono frontalieri che fanno passare auto rubate in Libano, le portano in Siria, là le imbottiscono di esplosivi, per ripassare il confine» e farle esplodere nel paese dei cedri. Quindi il governo ora ha intenzione di setacciare la Bekaa alla caccia di ladri d’auto.
L’attentato non rasserena gli animi, proprio nelle ore in cui si riunisce per la prima volta un comitato del nuovo governo, insediatosi sabato. Tre ministri della coalizione anti-siriana pro-occidente ”14 Marzo”, tre ministri dell’alleanza pro-Siria, più legata ad Hezbollah rispetto a ”8 Marzo”, e un ministro di centro dovrebbero stendere una carta politica.
Sarebbe la prima espressione del governo di unità nazionale, come ha rimarcato il primo ministro Taman Salam.

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