Erdogan contro tutti

Il premier turco ordina lo stop per twitter, nella settimana che precede il voto amministrativo, sempre più orientato sulla linea dura

di Christian Elia

Estirpare. Raspare, strappare una pianta dal terreno. Per la traduzione dobbiamo fidarci, ma sul significato ci sono pochi dubbi. Il premier turco Recep Tayyp Erdogan, dopo le minacce dei giorni scorsi, è passato ai fatti ieri, venerdì 21 marzo 2014: twitter è bloccato in Turchia.

Quale pianta vuole estirpare Erdogan? Dice quella dei social media, “fregandosene” dell’opinione pubblica internazionale. In realtà, sembra voler chiudere i conti con la pianta del dissenso.

Un dissenso che ormai comprende tutti i colori che possiate immaginare, tutti quelli dell’universo turco. Una specie di maremoto, che si è fatto fiume, il giorno del funerale di Berkin Elvan, il 12 marzo scorso. L’ultima vittima degli scontri tra polizia e manifestanti, durante l’insurrezione in difesa di Gezi Park, a giugno dello scorso anno.

Video reportage di Alessandro Ingaria, da Istanbul

Un adolescente, uscito per comprare il pane, viene colpito da uno dei candelotti lacrimogeni sparati dalla polizia ad altezza d’uomo. Un lungo coma, la morte. La rabbia che riesplode, in una notte di scontri, poi al funerale, ancora con degli scontri.

La madre del ragazzo ha accusato Erdogan di aver ucciso suo figlio, lui ha replicato che non uccide nessuno. Che non mente mai. Ma la sua figura, come mai, è nella tempesta. Perché i suoi avversari non sono più solo quelli storici, i nazionalisti, i pasdaran dello stato laico, la sinistra.

Questa volta gli attacchi arrivano dal fronte islamista, nella parte del predicatore Gulen, che ormai dalle colonne del quotidiano Zaman, vicino al suo movimento, non lesina attacchi quotidiani al premier. Lo stesso presidente turco, Abdullah Gul, oggi ha commentato stizzito la decisione di fermare twitter.

La risposta, però, è nel fiume di gente che salutava Berkin Elvan. Sfilavano cantando, saltellando qualche volta. Furiosi e sorridenti, allo stesso tempo. Una donna sui 50 anni, velata, con un pezzo di pane sporco di rosso nelle mani. Il blocco dei tanti partiti di estrema sinistra, i kemalisti, poco più in là i tifosi delle squadre di calcio. Aleviti, curdi, armeni. Tutti.

Ecco, Erdogan è riuscito in un’impresa che di solito non promette nulla di buono per un leader: ha compattato le forze che gli sono ostili. A Gezi, prima di tutto. Poi, nelle difficoltà che il movimento do Gezi incontrava mentre passavano i mesi a darsi una fase progettuale, la morte di Bervin e le nuove sparate contro la rete (twitter, facebook e altro) riescono a compattare i suoi avversari.

E’ lecito pensare che, in realtà, queste mosse sono rivolte all’elettorato del suo Akp. Il pugno duro, in un momento in cui dell’Europa importa poco a tutti, serve a frenare un’eventuale slittamento di voti verso Mhp e altri partiti.

Le elezioni amministrative del prossimo fine settimana (un election day che riguarda tutte le municipalità turche), sembrano un referendum sul premier. Ma quelli che non lo sopportano si conoscono, sono i suoi sodali quelli più interessati: è ancora Erdogan l’uomo giusto per gestire una maggioranza che, al di là dei dimostranti avversi, resta comunque viva nel Paese? Per quanto scossa dagli scandali e dalla corruzione, che intercettazioni imbarazzanti hanno reso di dominio pubblico?

In manifestazione molti sventolavano scatole di scarpe, come simbolo delle mazzette. Erdogan si gioca la carta della fermezza assoluta, quasi cieca. Al Muaf e dintorni, uno dei bar dell’universo notturno di Istanbul, dove orbitano tanti militanti e attivisti dei movimenti, si diceva che più o meno fino al 1 maggio (tradizionale data di lotta, nel tentativo di manifestare a piazza Taksim, impedito dalla polizia) non ci sarebbero stati grandi iniziative. “Serve un motivo, per mobilitare tante persone, per non far normalizzare la rabbia”.

Erdogan, come in un gioco ad alzare la posta, sembra averlo voluto dare un motivo. Perché? Difficile dirlo, ma la sensazione che il premier stia pericolosamente giocando ad accendere gli animi è piuttosto evidente. Le conseguenze, invece, sono tutte da verificare.



Lascia un commento