I beni confiscati di Darko Šaric

Viaggio nella “Beverly Hills” di Serbia, a Novi Sad, fra le ex proprietà del più potente narcotrafficante dei Balcani 

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di Patrizia Riso

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29 marzo 2014 – Siamo a Novi Sad, regione Vojvodina, Serbia. Qui non si parla troppo spesso di mafia, ma di crimine organizzato e narcotraffico sì. Il 18 marzo, ad esempio, è stato arrestato a Belgrado Darko Šarić.

Alcune delle proprietà di Šarić si trovano a Sremska Kamenica, nelle vicinanze della città. Si tratta di un’area formata da ville, ampi spazi verdi e strade non asfaltate, perfette per automobili di una certa cilindrata come i suv. Darko Šarić, tra un viaggio e l’altro in Sudamerica e in Italia, ha trovato il tempo di costruire tre ville in due chilometri quadrati: una residenza privata, una casa destinata agli ospiti importanti e una terza usata per fare alloggiare le sue guardie del corpo.

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Nel 2010 queste stesse ville vengono sequestrate e poi usate per tutt’altre finalità: la casa dei bodyguard è diventata Roditeljska Kuća, letteralmente “la casa dei genitori”. Vi alloggiavano le famiglie dei bambini ricoverati nella clinica vicina e provenienti da fuori città; la villa che si trova di fronte a questa è stata usata come alloggio per ragazzi orfani maggiorenni. Entrambe le strutture sono ora disabitate perché sono state trovate nuove e migliori sistemazioni per i loro utenti. Una delle tre ville è stata invece data in gestione ai ragazzi del Studentski Kulturni Centar, il Centro Culturale Studentesco di Novi Sad.

Novecentotrenta metri quadrati disposti su due piani, un grande giardino con un campo da basket, tre stanze da letto, una cantina con tanto di jacuzzi e sauna degna del miglior stereotipo di ostentazione mafiosa. Quella che era la residenza per gli ospiti del più ricercato narcotrafficante serbo è oggi un centro di aggregazione giovanile versatile: corsi di formazione, campi di volontariato e attività culturali di ogni tipo, lo hanno trasformato in un luogo vivo e aperto ai giovani serbi e non solo.

Una legge ambigua

Sembrerebbe quindi che anche la Serbia abbia deciso di mettere le mani in tasca alla mafia restituendo il maltolto alla società civile. La verità è molto più confusa e meno pragmatica di quello che sembra. La legge 1031/13 – promulgata in sostituzione della precedente 1721/08 – definisce in generale “le condizioni, la procedura e gli organi competenti per il rinvenimento, la confisca e l’amministrazione dei beni di persone fisiche e giuridiche derivanti da attività criminali”.

In questa definizione rientrano diversi reati: dal sequestro di persona ai reati contro l’ordine e la quiete pubblica ai crimini contro l’umanità passando per la riproduzione, il reperimento e il possesso di materiale pornografico e uso di minorenni per scopi pornografici. La persona fisica indagata può inoltre subire la confisca di una proprietà prima che il processo sia concluso. È sufficiente essere in possesso di beni considerevoli derivanti da attività criminale o semplicemente non commisurati al tenore di vita dichiarato del proprietario. La conseguenza sul piano giuridico è che la confisca pone il bene sotto l’amministrazione pubblica, ma può anche essere solo una condizione temporanea: in base all’esito del processo è infatti possibile che il decreto che prevedeva la confisca del bene, e quindi anche la sua assegnazione sociale, venga revocato.

Come ci racconta Aleksandar, attivista dello Studentski Kulturni Centar, questa mancanza produce anche una scarsa considerazione sociale del fenomeno della confisca nella società civile serba. Pochi conoscono l’esistenza di una legge ad hoc sul tema – data anche la sua recente promulgazione – così come è poco noto che esistano alcuni beni confiscati e che sia possibile ottenere un loro utilizzo sociale.

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Questa legge sembra essere nata per dimostrare l’intenzione di intervenire politicamente sul problema – per alcuni prettamente balcanico – della corruzione, piuttosto che colpire in maniera efficace i beni mafiosi anche perché si dovrebbe prima promulgare una legge che preveda e definisca in maniera specifica il reato di associazione mafiosa. Il risultato è che, mentre in Italia Libera festeggia “La giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime di tutte le mafie” – come sempre coincidente con l’inizio della primavera – in Serbia si pone una nuova sfida culturale oltre che politica: dare risonanza, anche mediatica, alla tematica dei beni confiscati e far sì che il loro riutilizzo sociale diventi una conquista per la società civile di un paese sulla via dell’adesione europea.

* La traduzione del testo originale della legge 1031/13 è di Jacopo Giannangeli

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