PEPERONI: PEGGIO PER NOI

[note color=”000000″]

Sono passati almeno 10 anni dall’uscita di ognuno dei film che rivisiteremo in questo spazio, eppure, nel bene o nel male, nulla pare essere cambiato. Pare che le tematiche siano più attuali del previsto. Dunque, si ripropongono, proprio come i peperoni. Speriamo solo di digerirli il prima possibile. [/note]

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/07/Schermata-2013-07-12-alle-14.20.02.png[/author_image] [author_info]Alice Bellini. Scrittrice, si laurea in cinematografia tra Londra e New York. Non è una critica di nulla, ma le piace dire la sua, sapendo che, comunque, la risposta a tutto è inevitabilmente 42.[/author_info] [/author]

2 aprile 2014 – 1961. Dino Risi. Una Vita Difficile. E non poteva esserci Peperone migliore per ritrovarci.

Se per lunghi giorni i Peperoni sono rimasti in silenzio, nascosti da qualche parte nella provincia di Roma, è perché a volte è difficile sentirsi dire, già a ventiquattro anni – se non di meno – che sognare e ambire è un vezzo che non tutti possono permettersi.

Perché la crisi non è solo il dubbio di come arrivare a fine mese, il precariato, lo stipendio da fame, o la disoccupazione. Per come la viviamo noi, nuove leve umiliate e derise, è soprattutto quella sensazione di pesante disperazione che ti si attacca addosso nel chiederti dove è finito il futuro, cosa hai studiato a fare, chi ti ha fatto venire la malsana idea di avere delle ambizioni. E dove ti giri ti giri ti dicono che è meglio smetterla di sperare, che è meglio smetterla di tenere la testa alta, come se la speranza fosse per gli ottusi o per i ricchi: l’unica cosa da fare è essere realistici, tenere i piedi per terra. Dove ti giri ti giri ti suggeriscono di svendere le ambizioni per uno stipendio qualunque, e magro oltretutto, scordandoti i progetti, gli ideali, le convinzioni e quell’incazzatura che ogni giorno fino ad oggi ti ha portato a dire: “No, io non ho studiato per questo. E non è questo che intendo fare”. E se un tempo realizzare i propri obiettivi era un dovere, adesso è diventato un piacere, un hobby, da mettere in secondo piano e a cui dedicarsi in un qualche ritaglio di tempo. Se l’idea con cui si è cresciuti era quella di trovare ciò che si amava, ormai il consiglio è di amare ciò che si trova.

“Peggio per noi, che c’abbiamo sempre creduto!”, direbbe Silvio Magnozzi. Lui che ai suoi ideali è sempre rimasto fedele. Lui che il compromesso non l’ha mai accettato. Lui che il senso del dovere era prima di tutto verso se stesso e la sua coerenza.

Ma io scrivo per Q Code Magazine e smettere di lottare sarebbe una contraddizione. Così, a qualche settimana dall’inizio della campagna tesseramenti al Q Code Social Club, nel tentativo di fondare qualcosa di libero, qualcosa che abbia un valore coerente e integro, che permetta di fare un’informazione che non dipenda da nessun Commendator Bracci, e in cui ci si ricordi sempre molto bene della responsabilità morale e sociale che si ha, a me, alla mia generazione e a tutta la redazione di Q dedico questa stupenda pellicola del cinema italiano.

Una Vita Difficile, un titolo semplice ed eloquente, per un film che già nel 1961 sembra descrivere per filo e per segno quello che l’Italia sarebbe presto diventata, schiacciata dal peso di un compromesso sempre più gigantesco e dall’incapacità di reagire, di farsi valere, di cambiare direzione.

E l’importanza degli ideali è impallidita di fronte alla necessità di una busta paga, come anche l’importanza di realizzare le proprie aspirazioni, ormai soffocate da un bombardamento mediatico e una ricerca del benessere che hanno convinto tutti che l’accettazione e la rassegnazione di fronte a un futuro sacrificato, che non è quello che volevamo, era l’unica via possibile.

L’unica arma che ancora abbiamo in mano è scelta. Il mondo giace dentro noi stessi. Fuori e dentro sono la stessa cosa. Qualcuno diceva che bisogna essere il cambiamento che si vuole vedere e il cambiamento parte sempre da una scelta. La scelta delle priorità e dei sacrifici che si è disposti ad affrontare. Scegliere qual è la verità: se la macchina scintillante, o il truffaldino che c’è dietro.

A finire in galera, o dare un cazzotto al Commendator Bracci ci vuole fegato e tanto sacrificio, ma non meno di quello che servirebbe ad accettare l’amarezza della propria ricchezza o a pubblicare il proprio romanzo stando ai tagli voluti dalla censura.

Se Q Code Magazine esiste e chiede aiuto a voi per continuare a farlo è perché pretende la libertà e la dignità di pubblicare le foto dei braccianti calabresi, invece che quelle dei principi. Perché pretende di non sentirsi più dire: “Dimentica di essere un giornalista”. Perché meglio un paio di scarpe bucate, che degli ideali che sono diventati un colabrodo a forza di essere trascurati.

Così, nel riprendere Peperoni, rinnovo la scelta: quella di preferire di scrivere un brutto romanzo, piuttosto che vendere utensili da cucina. Quella delle foto dei contadini, piuttosto che dei principi. Preferisco essere una strega, che una ballerina di Macario. Preferisco una vita difficile, alla facilità dell’essere sfruttati.

.

.

Sosteneteci. Come? Cliccate qui!

associati 1

.



Lascia un commento