PEPERONI: COERENZA’S WAY

[note color=”000000″] Sono passati almeno 10 anni dall’uscita di ognuno dei film che rivisiteremo in questo spazio, eppure, nel bene o nel male, nulla pare essere cambiato. Pare che le tematiche siano più attuali del previsto. Dunque, si ripropongono, proprio come i peperoni. Speriamo solo di digerirli il prima possibile. [/note] [author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/07/Schermata-2013-07-12-alle-14.20.02.png[/author_image] [author_info]Alice Bellini. Scrittrice, si laurea in cinematografia tra Londra e New York. Non è una critica di nulla, ma le piace dire la sua, sapendo che, comunque, la risposta a tutto è inevitabilmente 42.[/author_info] [/author] Sarò eretica, ma i film che parlano di gangster, mafia e padrini non mi sono mai piaciuti. Appresso a miti e leggende che non ho mai compreso, ma che tanto hanno sempre affascinato gli statunitensi, non ne ho mai colto il messaggio, né sono mai riuscita ad appassionarmi a nessuna di quelle vicende dal sapore ispanico-italo-americano. Ovviamente non sto dicendo che siano film fatti male, o mezze pellicole. Alcune hanno davvero fatto la storia del cinema e dei suoi capolavori, Il Padrino tra tutti, che spicca per la sua assoluta bellezza. Il mio è un parere puramente soggettivo. E come tale deve essere preso. Non mi ha mai emozionato vedere le gesta di un mafioso, o di uno spacciatore. Non ho mai colto il fascino di nessun padrino, malavitoso o qualche altro supertrafficante col cognome esotico e di ceppo latino. Premesso ciò, mi ritrovo comunque qui, a riproporvi Carlito’s Way. Non tanto perché la trovi una pellicola gloriosa (per quanto non metta in dubbio il suo incredibile valore), ma perché ad oggi siamo tutti un po’ Carlito e siamo tutti un po’ Gail. In bilico tra il sogno e la realtà. Tra quello che vorremmo raggiungere e quello che però non riusciamo a cambiare.

Datato 1993 e diretto da uno dei maestri del genere, Brian De Palma, Carlito’s Way sembra prestarsi, senza volerlo, a perfetta metafora di questi nostri tempi così promettenti e glitterati, eppure così asfissianti, nella loro incapacità di portare a qualcosa di migliore. Nella loro incapacità di cambiare, pur desiderandolo fortemente. Così ipnotizzati nei loro circoli viziosi e viziati.

Perché alcune regole sembrano non cambiare mai. Alcuni modi e alcuni metodi sembrano radicati come un cancro in questa nostra società che anela incessantemente al paradiso, a un luogo migliore, con una vita più dignitosa – che è disposta a rinunciare anche al sogno più grande, quello di una vita, in cambio di un briciolo di dignità – che cerca di rigare dritto – che cerca di essere sempre ottimista, anche quando non c’è nessuna ragione per perseverare – ma che viene costantemente risucchiata nel vortice dei vari Kleinfeld, Benny Blanco, Tony T. e Pachanga della situazione. Questo vizio di stroncare la speranza quando pare di essere finalmente giunti alla meta sembra intramontabile.

Eppure, forse basterebbe un po’ di coerenza. Una coerenza che sia imperturbabile, inespugnabile e inviolabile. Una coerenza che non ceda a un favoritismo mascherato da amicizia e che non s’impietosisca di fronte a una mera necessità personale. Una coerenza che abbia il coraggio di sovvertire le regole, andare contro, ribellarsi, senza fermarsi di fronte alla paura di essere fraintesa o di non riuscire a farcela.

Una coerenza che non sia disposta a scendere a nessun tipo di compromesso, perché solo così potrà arrivare intonsa al suo obiettivo. Perché ogni richiesta di cambio di direzione non è altro che il tentativo di distruggere qualcosa di valido, di impedire l’arrivo alla meta, di tenersi strette quelle regole e quei metodi.

Perché l’onestà fa paura. Perché l’onestà mette a nudo e pone tutti sullo stesso identico piano, cancellando privilegi ed eccezioni. Perché l’onestà richiede impegno e sforzo, sacrificio e reali capacità per arrivare là dove si vuole arrivare. Per raggiungere il proprio paradiso, qualunque esso sia.

E allora forse la smetteremo di essere tutti un po’ Carlito e tutti un po’ Gail. E allora non ci saranno Kleinfeld, Benny Blanco, Tony T. e Pachanga che tengano. Perché saranno solo dei corrotti. E non avranno più nessuna possibilità di stroncare niente. .

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