Prigionieri in Egitto

Alessandria d’Egitto. Minacce di rimpatrio, blocco delle comunicazioni telefoniche e trasferimenti in carcere di profughi siriani

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di Fulvio Vassallo Paleologo, tratto da Diritti e frontiere

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1 maggio 2014 – Diventa di ora in ora più critica la situazione dei profughi siriani trattenuti nel commissariato di Al Rashed ad Alessandria d’Egitto. Dopo un alternarsi di promesse e chiusure, dopo visite da parte di soggetti non meglio identificati che si sono spacciati come rappresentanti UNHCR prospettando però la possibilità di un rimpatrio in Siria, dopo l’intervento di due avvocati, uno dei quali sembra si sia interessato più a fare rimettere in libertà gli scafisti, piuttosto che restituire libertà di movimento alle loro vittime, dopo tutto questo, oggi l’ennesima doccia fredda, la minaccia di rimpatrio forzato in Siria. Poi sono cadute le comunicazioni telefoniche che fino a questo punto avevano alimentato la nostra speranza. Adesso, di fatto, questi profughi sono stati sequestrati dalle autorità di polizia dello stato egiziano.

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siriani arrestati in egitto

Occorre un intervento internazionale, come quello che si è avuto ieri a Roma con l’incontro di rappresentanti di Amnesty International, esponenti del nostro governo e autorità diplomatiche egiziane. Per la moratoria della pena di morte comminata dai tribunali egiziani ad oltre mille seguaci del partito dei Fratelli Musulmani di Morsi. Una richiesta da sostenere. Ma va anche sostenuta la richiesta per la liberazione dei profughi siriani arrestati o detenuti in Egitto. E per il loro trasferimento in Europa con un corridoio umanitario, con la concessioni di lasciapassare e visti di ingresso. E’ possibile, in casi simili è successo così lo scorso anno dalla Libia verso diversi stati europei.

Sembra che il governo egiziano se ne voglia liberare perchè li considera simpatizzanti dell’ex presidente Morsi. In realtà sono famiglie in fuga dagli orrori della guerra civile e molti hanno già pagato un tributo assai pesante con la perdita dei propri cari. Questa la loro lettera. Non chiedono adesioni formali, sollecitano interventi concreti.

“Noi prigionieri del posto di polizia Al Rashid ad Alessandria d’Egitto, arrestati il 14 aprile 2014, e a nome di tutti i prigionieri siriani presenti nelle carceri egiziane, chiediamo un corridoio umanitario verso l’Europa. Non siamo delinquenti per meritare di essere messi in carcere, con i nostri bambini e le nostre donne. Solo in questo posto di polizia ci sono 44 i bambini che dal 14 dormono a terra, non hanno pannolini a sufficienza, non mangiano né dormono bene. In vita nostra non siamo mai rimasti senza una doccia per una settimana. Qui le condizioni igieniche sono a dir poco pericolose e i nostri bambini si ammalano giorno dopo giorno. Come ha sofferto l’Europa negli anni del nazifascismo stiamo soffrendo oggi noi. Questo è l’olocausto siriano, molti di noi anche dopo l’uscita dal carcere non potranno rinnovare il loro permesso per restare in Egitto. Non possiamo rinnovare il permesso per restare in Egitto e non possiamo tornare in Siria perché molte delle persone qui presenti hanno i loro nomi nelle liste nere del regime e quindi un ritorno significherebbe la pena di morte. Con noi c’è una persona che sta male e che ha bisogno di cure, perché è stata torturata nelle prigioni siriane. È arrivato il momento che il mondo senta il nostro grido, anche noi siamo essere umani e non vogliamo che il mondo si svegli un giorno per commemorare un altro 27 gennaio.

Salvateci e salvate le vite dei nostri bambini. Potreste mai accettare che i vostri figli vivano in carcere? Potreste mai accettare che i vostri figli muoiano in mare? Accettereste mai che la tomba per i vostri figli fosse il Mediterraneo? Tante persone prima di noi sono annegate, nonostante fossero consapevoli di questo. Sappiamo benissimo che se non ci verrà concesso un corridoio umanitario, e per questo tanti siriani come noi tenteranno la fortuna attraverso il mare, perché non possiamo perdere più di quello che già abbiamo perso”.


I prigionieri di al Rashed in rappresentanza di tutti i prigionieri siriani nelle carceri egiziane

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