I paradossi delle guerre moderne

L’impiego dei bambini soldato in Sud Sudan è il drammatico corollario di una guerra assolutamente moderna

[author] [author_image timthumb=’on’]http://www.buongiornoafrica.it/wp-content/uploads/2012/06/raffa01.jpg[/author_image] [author_info]di Raffaele Masto. Faccio il giornalista e lavoro nella redazione esteri di Radio Popolare. Nei miei oltre venti anni di carriera ho fatto essenzialmente l’inviato. In Medio Oriente, in America Latina ma soprattutto in Africa, continente nel quale viaggio in continuazione e sul quale ho scritto diversi libri dei quali riferisco in altri spazi del blog www.buongiornoafrica.it. Insomma, l’Africa e gli africani, in questi venti anni, mi hanno dato da vivere: mi sono pagato un mutuo, le vacanze e tutto ciò che serve per una vita di tutto rispetto in un paese come l’Italia.[/author_info] [/author]

2 maggio 2014 – Oltre 9000 bambini combattono tra le fila dei due schieramenti in campo che si affrontano da metà dicembre in Sud Sudan: lo ha detto oggi (ndr. 30 aprile) a Juba l’Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, che ha anche denunciato atti, nel Paese, che costituiscono crimini di guerra.

Novemila bambini sono tanti. Eppure la cifra è senz’altro sottostimata. I minori impegnati nella guerra in Sud Sudan potrebbero addirittura essere moltiplicati per tre, per quattro, per cinque.

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La vita media in Sud Sudan è di 46 anni. Ciò significa che a trenta si è già vecchi. La maggioranza dei combattenti, di conseguenza, ha meno di venti anni. Le somme sull’età di questi combattenti, dunque, può tirarle chiunque.

Quello dei bambini soldato del resto è un corollario ormai obbligato di ogni guerra moderna. Sì, perché la guerra del Sud Sudan è un paradosso, è la classica guerra moderna, sebbene si combatta con armi tradizionali, obsolete, addirittura antiche, ataviche come i machete e le lance.

Le guerre moderne infatti hanno delle caratteristiche: vengono combattute da bambini, le vittime sono civili e non combattenti, e profughi e rifugiati sono una variabile del conflitto, in sostanza un arma in mano ai signiri della guerra.

Impressionano le dichiarazioni della rappresentante dell’Onu per i diritti Umani, Navy Pillay, che ha incontrato il presidente Salva Kiir e il suo rivale ed ex presidente Riek Machar. Cito testualmente: “…entrambi sono indifferenti al rischio carestia che minaccia il loro Paese. Questa indifferenza fa inorridire. La prospettiva di infliggere la fame e la malnutrizione su larga scala a centinaia di migliaia di loro concittadini non sembra toccarli minimamente”.

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Così stanno le cose, dunque. Figuriamoci se questi personaggi possono essere impressionati da qualche migliaio di bambini armati. Caratteristica ineliminabile, come abbiamo detto, di una guerra che, come tutte le guerre, non si preoccupa, come vorrebbero alcuni politici, delle convenzioni di Ginevra, delle dichiarazioni per i diritti umani, delle condanne per gli stupri come arma dei conflitti.
Condanne, convenzioni, documenti firmati nelle stanze della diplomazia con aria condizionata e segretarie inappuntabili ma ben lontano dalle guerre.

Le giuste denunce di Navy Pillay sono un motivo in più per mettere sotto accusa, senza esitazioni, Salva Kiir e Riek Machar per crimini di guerra e contro l’umanità.

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