MayDay, Istanbul

Due fotoracconti dalla capitale turca, dalla manifestazione del 1 maggio, gli arresti, e il processo breve del 4 maggio con il rilascio di tutti i 171 fermati

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2014/05/profilo.jpg[/author_image] [author_info]testo e foto di Mauro Prandelli, da Istanbul. Nasce a Brescia nel 1979. Nel 98 approccia al mondo della comunicazione multimediale. Nel 2007 si avvicina alla fotografia e nel 2011 consegue il Master di Reportage tenuto da Sandro Iovine (giornalista e direttore di testata). Da fotogiornalista ha approfondito temi sociali e ha lavorato in Italia, Grecia, Libano, Egitto, Serbia, Bosnia e Turchia. www.mauroprandelli.com – http://mauroprandelli.photoshelter.com[/author_info] [/author]

7 maggio 2014 – Il 4 maggio scorso è cominciato il processo ai 171 fermati durante le manifestazioni del primo maggio a Istanbul. Fin dalle prime ore della mattinata, amici e parenti si ritrovano davanti al palazzo di giustizia presso il municipio di Sisli in attesa della sentenza.

Davanti al tribunale sono schierati sei pullman della polizia e due idranti Toma. Nel frattempo anche piazza Taksim, a pochi chilometri a sud, è presidiata da alcune centinaia di agenti.

L’atmosfera che si respira rimane comunque calma nonostante permanga la preoccupazione per i ragazzi processati.

I capi d’accusa per i 171 sono per lo più resistenza a pubblico ufficiale, manifestazione non autorizzata e reati generici contro l’ordine pubblico.

Verso le 13 cominciano ad essere rilasciati i primi cinque manifestanti. All’uscita vengono gridati slogan contro la polizia e la repressione messa in atto dal governo. I diversi gruppi, a partire dal DISK (sindacato rivoluzionario dei lavoratori), rilasciano dichiarazioni alla stampa dal colonnato del palazzo di giustizia in difesa dei manifestanti arrestati.

Vengono srotolati striscioni di solidarietà verso i compagni fermati, tra questi quello dell’organizzazione anarchica recita “Se uno di noi sarà incarcerato, nessuno di noi potrà essere libero”. Le persone si danno il cambio, durante tutta la notte, per portare sostegno ed accogliere le persone che tornano libere dopo tre giorni di carcere preventivo.

Il processo è lungo e termina la mattina del 5 maggio vero le 6:30 con il rilascio di tutti i 171 fermati.

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La ricorrenza del primo maggio, per la Turchia, è un’importante data per il movimento dei lavoratori turchi. In questo giorno, nel 1977, morirono 34 persone in piazza Taksim. Alcune di esse furono uccise con colpi di arma da fuoco esplosi dai palazzi che circondano la piazza da ignoti, la stessa piazza che è stata protagonista delle manifestazioni di fine maggio 2013 e della nascita del movimento di Gezi Parki e che il primo ministro Erdogan non ha voluto concedere per le manifestazioni di commemorazione.

Il movimento turco si è dato appuntamento in luoghi diversi di Istanbul. Fin dalle prime luci dell’alba regna silenzio e tensione nelle strade nei dintorni di Taksim assediata dai poliziotti e blindata con reti metalliche.

Gli assembramenti cominciano a formarsi verso le 6:00 in due zone della parte europea di Istanbul: presso il quartiere generale del DISK (sindacato rivoluzionario dei lavoratori) a nord di piazza Taksim in zona Sisli e a Besiktas a sud della piazza, vicino al mare. Il progetto iniziale era di formare cinque punti d’incontro e provare a raggiungere la piazza contemporaneamente da diverse direzioni creando dei diversivi per la polizia. I cortei sono meno partecipati del previsto. Il blocco totale di tutti i mezzi pubblici e la presenza di circa 40.000 poliziotti rendono quasi impossibile lo spostamento all’interno di Beyoglu. Salta qualsiasi strategia di piazza da parte del movimento.

A Sisli manifestanti si preparano fin da subito ad una giornata di battaglia indossando maschere antigas e caschi, senza distinzioni d’età e di gruppo politico. All’incirca verso le 8:00 i cortei cominciano a muoversi ma vengono subito bloccati su tutti i lati dall’ingente quantità di polizia. Piccoli gruppi si muovono veloci creando barricate, lanciando sassi verso la polizia e ritirandosi.

La polizia reagisce con gas lacrimogeni (CS) e con idranti Toma equipaggiati con  sostanze chimiche urticanti. Sui barili degli additivi chimici aggiunti all’acqua dei Toma è evidente il rombo bianco con il simbolo di alta tossicità della sostanza (Rombo bianco con teschio). Squadre di poliziotti “robocop” specializzati nello scontro corpo a corpo cercano di arrestare i manifestanti che spesso trovano rifugio nelle case lasciate aperte dai cittadini turchi.

Le strade si riempiono subito di gas e l’acqua sparata ad alta pressione viene nebulizzata per reprimere i manifestanti. Comincia così una dinamica di pressione ed avanzamento. Al lancio dei lacrimogeni scoppia spesso il panico sopratutto fra le persone meno attrezzate ed abituate alle dinamiche di piazza. Gli scontri andranno avanti fino alle 16:00 a Sisli, finchè i poliziotti non riducono il corteo in tanti piccoli gruppi e isolandoli nelle strette vie del quartiere, circondandoli e lasciando come via di fuga il lato nord, sempre più lontano dalla piazza. A Besiktas le cronache riportano le stesse dinamiche, si registrano però più feriti. I manifestanti vengono spinti fin sopra alla collina sempre più distante da piazza Taksim, qui gli scontri continueranno fino alle 17:00.

A fine manifestazione si registrano centinaia di feriti, di cui alcuni in situazione grave e 200 persone arrestate.

Durante la serata le vie principali di Beyoglu rimangono bloccate e resta attivo il servizio di polizia . Si registrano per tutto il giorno difficoltà anche per i turisti giunti ad Istanbul in occasione del ponte del Primo Maggio. Piazza Taksim, Istiklal Caddesi, Gezi Parki, e altre località spesso affollate dai turisti restano così vuote fino al giorno successivo, quando la vita torna a scorrere normalmente.

 

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