Enhorabuena 15 M!

Auguri al Movimento 15-M, compie tre anni. Un gran lavoro che non si perde dietro la rappresentazione mediatica o la necessità di un leader. Passateci la formula, prima che sia troppo tardi.

 di Angelo Miotto

Tre anni non sono pochi. Il Movimento 15-M compie tre anni e ritorna nelle piazze a festeggiarli, speriamo che altrettanto non facciano gli sbirri della policia nacional, che in questi anni si sono spesso allenati nelle strade di Spagna.

Indifferenti agli anniversari, celebriamo questo compleanno per alcune ragioni e, non lo nascondo, una qualche invidia. La Spagna degli ultimi anni, a livello antagonista popolare, è una palestra di idee e di pratiche che desta particolare impresisone, se no – riconosciamolo – onesta invidia.

La forza delle pratiche, anche quelle che sono destinate a rimanere minoritarie, è un messaggio che è passato a livello popolare, di massa. La piazza come simbolo, la piazza come voce che discute, la piazza come barricata e luogo di resistenza. La piazza come grande laboratorio plurale dove maturano le idee e le azioni. E il ‘barrio’, il quartiere, come territorio di elezione.

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Il 15-M ha portato nelle piazze un insieme di rivendicaizoni sociali che sono arrivate dopo un lungo lavoro di discussione in rete, la sua forza – anticipo quello che potrebbe pensare qualcuno a questo punto – è non avere un leader riconosciuto, ma sopratuttto nella fase di grande mdiatizzazione di aver avuto la capacità di esprimere più portavoce.

Telefonavi all’ufficio stampa e cercavi di capire chi era il ‘capo’, attraverso schemi giornalistici vetusti e ti rispondevano che ‘per quella settimana’ potevi parlare con Juan, che era un fotografo e si era avvicinato al Movimento da poche settimane. E che la settimana dopo ci sarebbe stato un altro, al suo posto. Tanto per dire qualcsoa sull’uno vale uno che dalle nostre parti è uno specchietto per le allodole e un catalizzatore di scontento.

Il 15-M è un movimento con mille anime, ma con una forza particolare nelle pratiche. È di sinistra, intesa in senso ampio e plurale e mai tollererebbe al suo interno nessun tipo di discorso amichevole o indifferente rispetto alla spazzatura delle destre. Il lavoro capillare è una forza che si è strutturata e l’ìevoluzione che dal 2011 ha subito il Movimento è fonte di rinnovata energia in ogni nuova iniziativa, più che rivalità fra dinamiche generate e quelle originarie.

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Antonio Antòn, professore di socialogia a Madrid scrive oggi per Publico.es un’interessante analisi.

Tres años de indignación: una reflexión. por Antonio Antón

Citiamo un brano:
Rimane un ampio movimento di protesta sociale, ma variando la composizione e la forma della propria rappresentazione sociale o dei suoi orgnaismi promotori. Per questo abbiamo assistito a diverse piattaforme che hanno convocato le ultime grandi mobilitazioni popolare: Marea de mareas (23-F), Cumbre Social (23-N), Marcha de la Dignidad (22-M)… E tutto ciò con un ampliamento delle attività locali e settoriali, fra le quali spicca il lavoro fatto dalla Plataforma contra los desahucios. (contro gli sfratti, ndr)

 

Il fenomeno della indignazione è andato ben più in là di quello che è accaduto in altre parti del mondo e l’analisi sociologica della Spagna contemporane, che è difficile da leggere, pare avere un tratto comune proprio là dove si dice che una classe dirigente, una élite politica e finanziaria è ora del tutto isolata, rispetto a una forza di coscienza popolare che tocca percentuali di penetrazione molto importanti.

Può essere letta anche attraverso questa analisi la notizia di una delle ultiome interviste all’ex premier socialista Felipe Gonzales, che candidamente lanciava un messaggio che ben conosciamo in Italia e che qualcuno vorrebbe in Europa, dopo i prossimi copmizi. Diceva Gonzalez che per la ‘stabilità’ non avrebbe avuto nulla da dire riuspetto a un governo di larghe intese con PP e Psoe a governare, uno o l’altro, con l’appoggio dell’ìuno o dell’altro.

Si sente l’odore, la puzza della paura, di quella paura per qualche cosa che non è governabile.

Buon compleanno, allora al 15 M. Piacerebbe avere, come nell’Esercito delle 12 scimmie, una provetta da liberare nella nostra asfissia sociale e politica un po’ di germi e batteri per arrivare a un livello di consapevolezza simile. Quella che non ha bisogno sempre di leader per sentirsi protagonisti, né utilizzare sempre e solo la lagna o il luogo comune, dove la piazza non è un palco per lo show mediatico, ma un luogo di incotro e di dialogo, di strategia, confronto e pratiche di resistenza.

 

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