Immaginate, Aleppo

Paesi geograficamente lontani ma in un certo qual modo uniti sotto il periodo del nazionalismo arabo negli anni ’70. Paesi che si sono poi ritrovati sotto il comune denominatore di ‘Primavera Araba’ ma che hanno intrapreso strade diverse. Paesi che hanno visto nuovamente intrecciare il loro destino tramite l’esodo dei profughi siriani attraverso la Libia e da lì verso l’Europa. Libia e Siria. Così lontani, così vicini

Immaginate di aprire la finestra e di guardare il chiaro di luna. Tutta tonda e splendente. Una lieve brezzolina con un po’ di polvere e frammenti di calcinacci sbriciolati. State piazzando un registratore sul balcone e attendete. Fa un caldo atroce e siete in canottiera ma con il giubbotto antiproiettile addosso e vi state ciucciando una mignon di amaro Underberg che fa 44 gradi di sudore in un colpo solo e non dormite perché ogni due o tre minuti cade un colpo di artiglieria intorno a voi.

Lampo+botto improvviso+silenzio. Poi voci, urla+macchine+sgommate. Immaginate di stare col vostro cazzo di registratore che ogni volta che lo prendete dal balcone per verificare se funziona esplode un colpo di mortaio o artiglieria a illuminare la notte. Alla quarta volta mandate tutti affanculo, spegnete il registratore e cercate un riparo più consono mentre il ragazzino egiziano davanti a voi, nella tromba delle scale, ha la faccia di uno che sta per piangere per la paura ma si vergogna.

Immaginate di andare sul balcone a fumarvi una sigaretta e sentite sfrecciare twiiing i proiettili e sfarfallare frufrufrufrufru pezzi di metallo e schegge che ruotano su sé stessi come piccoli elicotteri calabronati. Immaginate di guardare per terra, mentre al mattino siete sul terrazzo dell’abitazione dove alla fine si dorme per sfinimento e raccogliete proiettili spuntati e schiacciati e frammenti taglienti di bombe come conchiglie sulla battigia.

SIRIA_-_LIBANO_-_aleppo_devastata

Roba che vi porterete con fierezza a casa, come la sabbia colorata o i sassi dalle vacanze al mare. Alla fine vi abituate e la prendete sul ridere e vi mettete a giocare a freccette come al pub tra un botto e l’altro. Immaginate anche come vedere un cadavere vi faccia meno effetto di un ragno sulla testa e di fronte agli altri però dovete abbozzare un segno di disgusto, che mica è normale guardare come si vede il pupazzo al quale strappavate l’imbottitura da piccoli. Un prigioniero mentre viene malmenato e te ammicchi dicendo “ora se lo sgobbano questo”.

Immaginate che siete in una città dove qualche anno prima c’eravate stato in vacanza, Oh qui la moschea, la fabbrica del sapone, il souk dell’oro, i ristoranti dove avete cenato mangiando kebab alla ciliegia. La sauna dove vi siete mollemente sollazzati a turno in una estasi di vapore e massaggi. E la vostra guida trovata con la Lonely Planet che vi regalava una caramella per ogni risposta esatta vi viene in mente mentre siete dentro quella stessa moschea irriconoscibile, con cadaveri avvolti nei tappeti mentre vi sta sparando un elicottero. E mentre siete nel retro di un pickup tutti guardano il cielo perché potrebbe arrivarvi un razzo addosso e un tizio che sembra uscito da un libro sugli uomini più brutti del mondo con una bandana nera in testa e chiamato l’afgano’ canta melodiosamente una sura del Corano.

Immaginate di avvicinarvi sempre più alla zona del fronte e che i colpi squassano la terra e vi vengono le gambe talmente molli e vi tremano le ginocchia e che dite no, non ce la faccio, ci vado domani, con la luce. Vi lasciano a un angolo di una città che non conoscete nel buio più completo e qualcuno vi punta in faccia una torcia.

“Sahafi Italia hospital” e finite di nuovo sotto i bombardamenti e dite pure qui cristoddio e tutti gli angeli in colonna e finite in una specie di sotterraneo pieno di negozi chiusi e vetrine rotte e appena rimette il naso fuori e il tizio sta per accendere la macchina cade un altro proiettile di artiglieria e il lampo vi acceca e scappate di nuovo dalla vettura. E alla fine, immaginate di arrivare davanti al vostro ospedale e di incominciare da lì a raccontare la storia mentre arrivano cadaveri uno dopo l’altro in coperte di pessima fattura e ammonticchiati accanto all’ingresso e la gente urla, vi urla e c’è sangue dappertutto per terra. E vi chiedete che cazzo ci siete andati a fare.

Immaginate, ogni tanto, anche per un minuto, di vivere ad Aleppo.

 

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