Iran: emergenza social network

Otto utenti facebook sono stati condannati complessivamente ad una pena comminata di 123 anni per aver insultato online la Guida Suprema

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/06/1011723_10151970663739115_31057545_n.jpg[/author_image] [author_info]di Tiziana Ciavardini. È antropologa culturale e giornalista. Ha trascorso gli ultimi vent’anni nel Sud Est Asiatico, Estremo e Medio Oriente. Laureata presso La Sapienza, dal 2002 è stata ricercatrice presso il Dipartimento di Antropologia dell’Università Cinese di Hong Kong (CUHK). È Presidente dell’Associazione Ancis Anthropology Forum, Centro Internazionale di Studi, con sede a Roma. Negli ultimi dieci anni si é interessata alle cerimonie rituali iraniane e alla cultura persiana. Ha collaborato con il centro Dialogue Among Civilizations (dialogo tra le civiltà) promosso dell’ex presidente iraniano Khathami. Ha organizzato convegni presso il Senato della Repubblica e la Camera dei Deputati di Roma con incontri dedicati al pluralismo religioso. Ha partecipato a molteplici congressi nazionali e internazionali sul dialogo interreligioso e interculturale; è autrice di articoli divulgativi volti alla conoscenza delle culture e delle religioni. [/author_info] [/author]

6 giugno 2014 – L’Iran in queste ultime settimane oltre ai colloqui sul nucleare e il sempre piú crescente numero di esecuzioni di prigionieri sembra avere un imminente problema da risolvere: l’utilizzo dei social network. Mentre il Presidente Hassan Rohani apre al cyberspazio, otto utenti facebook sono stati condannati complessivamente ad una pena comminata di 123 anni per aver insultato online la Guida Suprema.

Con Facebook ci si allontana dall’Islam

Facebook come altri social network in Iran sono bloccati e vi si accede attraverso filtri speciali. Nonostante la censura e i blocchi imposti dalla polizia informatica e dall’intelligence, sono centinaia di migliaia gli iraniani che comunicano attraverso il web utilizzando programmi appositi per eludere censura e sorveglianza. Qualche settimana fa uno studio di trentadue pagine pubblicato da Gerdab, uno dei principali siti governativi iraniani, ha accusato fortemente l’utilizzo di Facebook. La tesi riportata mette in risalto come ogni ora trascorsa dai giovani iraniani a navigare tra i contenuti dei social network sia motivo di allontanamento dall’Islam. Paradossalmente il Presidente Rohani durante il quarto Festival della Comunicazione Tecnologica a Tehran, ha incoraggiato all’utilizzo dei social network in quanto opportunitá di presentare e preservare ‘l’identitá iraniana ed islamica’.

Condanna per Mark Zucherberg il fondatore di Facebook

In risposta a questa apertura informatica un tribunale iraniano aveva deciso che il fondatore di Facebook e proprietario di Istangram, il popolare social network per la condivisione delle foto, si sarebbe dovuto presentare davanti a un tribunale in Iran. Secondo quanto riferito in un primo momento dall’agenzia Isna citando Rouhollah Momen-Nasab, che esercita il controllo sul web, Mark Zucherberg, sottolineando anche le sue origini ebraiche, avrebbe dovuto difendersi da imprecisate ‘violazioni della privacy e adoperarsi per risarcire il danno’.

 

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La ritrattazione

Esattamente a distanza di 24 ore da questa dichiarazione é arrivata la smentita. L’agenzia Irna ha pubblicato una dichiarazione del dipartimento di pubbliche relazioni della provincia del procuratore Fars che nega che Mark Zuckerberg o il capo di qualsiasi altro sito di social media fosse stato convocato. Nella dichiarazione si legge che dall’inizio dell’anno iraniano (20 marzo), 50 persone hanno presentato denunce di truffe su Internet e tre persone hanno segnalato il sito “per abuso di foto di famiglia in modo immorale”. Nonostante la ritrattazione ufficiale, sul web è ancora oggi visibile il foglio di condanna al fondatore di Facebook con tanto di firma da parte del Giudice.

Sebbene fosse improbabile che Zuckerberg, si fosse dovuto realmente presentare nel tribunale iraniano, in quanto non esiste alcun trattato di estradizione, la storia è stata ampiamente coperta dalle maggiori testate giornalistiche mondiali con grande risonanza in rete.

Il conflitto tra la magistratura e il ramo esecutivo del governo

L’accesso e l’utilizzo del web e dei social network è al centro di una scontro tra conservatori e riformisti iraniani giá da tempo, ma sicuramente si è intensificato con la Presidenza di Hassan Rohani, sostenuto dal fronte progressista. Proprio Rohani all’inizio di maggio aveva messo il veto su un piano per bloccare WathsApp ordinato dalla Commissione iraniana per reati sul web. A circa un anno dalla sua elezione, il Presidente, che nella campagna elettorale aveva promesso di avanzare le libertà sociali e culturali, continua a scontrarsi con la minoranza di estremisti conservatori iraniani che tuttavia hanno ancora il controllo delle istituzioni chiave come la magistratura e i servizi di sicurezza. Secondo il docente di sociologia dell’Università di Amsterdam, Ali Honari, uno dei motivi del perché Rouhani sia cosí concentrato sull’utilizzo dei social network consiste nel fatto che attraverso la rete il Presidente puó mantenere viva la partecipazione alla sua amministrazione anche tra i supporter che non vivono in Iran compresi gli attivisti, i sostenitori del movimento Verde e del movimento Riformista.

Arrestati per aver offeso la Guida Suprema

Alcuni giorni fa sono stati condannati dalla sezione 28 del Tribunale Rivoluzionario, otto utenti di Facebook con l’accusa di aver messo a repentaglio la sicurezza nazionale. I reati per i quali sono stati condannati consistono in propaganda contro lo Stato, insulti al Leader Supremo Ali Khamenei, blasfemia e diffusione di falsità. Tutti erano stati arrestati dall’unità di crimine informatica delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche lo scorso 2013. Non è ancora ben chiaro se gli otto abbiano avuto accesso ad un avvocato per il loro processo. Tra le persone condannate c’è anche Roya Saberinejad Nobakht condannata a 20 anni di carcere. Roya, sposata con un inglese e che viveva in Inghilterra è in possesso anche di passaporto britannico ed è stata arrestata all’aeroporto di Shiraz al ritorno da una sua visita ai familiari.

Secondo alcuni attivisti le pene inflitte per questi reati sono un chiaro segno delle autoritá concepito per diffondere la paura tra gli utenti Internet in Iran e dissuaderli dall’oltreppassare i rigorosi controlli.

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