Expo for dummies

Se ne parla tanto. Ma Expo, esattamente, cos’è? Guida all’abc della grande esposizione internazionale, dalle origini a oggi

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di Alessandra Puigserver

@PuigAlessandra

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17 giugno 2014 – Expo 2015 aprirà i battenti a Milano tra meno di un anno, e sarà la quarta esposizione universale ospitata in Italia. L’argomento, nel bene e nel male, è sulla bocca di tutti, ma alla domanda “cos’è un’esposizione universale?” pochi sanno davvero rispondere.

Nonostante la scarsa informazione a riguardo, l’importanza che ha questo evento non è da sottovalutare: esso rappresenta un punto di vista privilegiato per osservare la realtà, uno “specchio dei tempi” capace di riassumere la situazione politica, economica e sociale mondiale in una collocazione spazio-temporale unica e ben definita.

Crystal Palace, esposizione di Londra del 1851

Crystal Palace, esposizione di Londra del 1851

Le esposizioni universali sono manifestazioni dal carattere polivalente: fiere commerciali, mostre scientifico-culturali, luoghi di riflessione sul progresso umano. Rappresentano un evento altamente impattante a livello economico, sociologico e territoriale proprio per le dimensioni che hanno e per le dinamiche che generano: quindi non costituiscono un banale evento espositivo, ma uno strumento “al servizio” dell’epoca e degli interessi delle nazioni e dei poteri economici.

L’idea dell’esposizione universale nasce nell’Ottocento, in un’epoca dominata dal positivismo industriale in cui la società, sedotta dal ruolo della scienza e della tecnica, è completamente proiettata verso il futuro. In un contesto come questo la vera ricchezza è poter disporre di un bagaglio di conoscenze che permetta lo sviluppo dei beni materiali posseduti. Diventa quindi fondamentale creare un circuito con cui veicolare le conoscenze e agevolare il progresso che assuma anche il ruolo di celebrazione della civiltà industriale e delle sue conquiste.

Nell’arco di oltre 160 anni il carattere e gli obiettivi dell’esposizione universale sono cambiate molto, e non sempre in meglio. Ecco in breve alcune delle edizioni più importanti, con uno sguardo preferenziale alle quattro edizioni organizzate in Italia.

Londra 1851:Great Exhibition of the Works of Industry of all Nations

La prima Expo si tiene a Londra nel 1851 ed è lo specchio di un’illimitata fiducia nelle conquiste tecniche e scientifiche del tempo. Lo sfoggio di forza e potenza e la celebrazione nazionalistica sono i suoi obiettivi intrinseci, mediati da una nuova apertura verso gli altri paesi e soprattutto verso le loro innovazioni.

Crystal_Palace_interior

L’intera esposizioneviene ospitata all’interno del Crystal Palace, un edificio di acciaio e vetro, materiali simbolo del progresso industriale, alto 24 metri e con una superficie di 84.000 metri quadri. Sono circa 14.000 gli espositori presenti, con sezioni dedicate a molti temi (materie prime, belle arti, invenzioni), tra le quali spicca tra tutte l’area dedicata alle macchine industriali per la produzione di massa, che si evolveranno poi nel modello della catena di montaggio. Gli albori del metodo che avrebbe rivoluzionato per sempre la produzione industriale compaiono per la prima volta proprio all’esposizione universale, luogo e allo stesso nuovo “strumento” di trasferimento delle conoscenze tecnologiche.

Parigi 1889: L’Exposition Universelle

La seconda esposizione universale si svolge più di trent’anni dopo quella di Londra. Nel 1889, Parigi, in occasione dell’anniversario della presa della Bastiglia e per affermare il suo ruolo di potenza economica, organizza L’Exposition Universelle. Per l’occasione viene costruito quello che diverrà il simbolo della città, la Tour Eiffel.

Rispetto all’esposizione inglese, incentrata principalmente sulle innovazioni tecnologiche, a Parigi trovano ampio spazio le arti, la musica e soprattutto i costumi dei paesi lontani.

Cerimonia di apertura dell'esposizione di Parigi, 1889

Cerimonia di apertura dell’esposizione di Parigi, 1889

È dirompente la voglia di scoprire il mondo, di conoscere nuove culture e usanze, anche se tutto è ancora impregnato da uno spirito fortemente colonialista: per ricreare una sorta di viaggio attraverso il mondo, vengono costruite ambientazioni con templi egizi, mercati arabi, teatri orientali, e un villaggio africano, comprensivo di 400 abitanti (una sorta di “zoo umano”).

Milano 1906: Esposizione Internazionale

Nel 1906 l’Italia decide di organizzare la sua prima esposizione universale, a Milano: con l’occasione si festeggia l’inaugurazione della galleria ferroviaria del Sempione (che renderà possibile il collegamento diretto Parigi-Milano), un’opera infrastrutturale che rappresenta l’emblema della nuova Italia, in pieno sviluppo industriale, sociale e civile.

La ferrovia è progresso, simbolo della crescita: il tema dell’esposizione, che viene collocata all’interno del Parco Sempione e nell’area dove sorgerà la fiera campionaria, sono proprio i trasporti. Ma alla sezione relativa alle innovazioni tecnologiche, vengono affiancate delle zone con attività più ludiche.

L’evento è un successo (tra i 5 e i 12 milioni di spettatori) soprattutto tra gli italiani: Milano rappresenta il simbolo del lavoro produttivo, un vero e proprio mito per la borghesia italiana, che accorre all’Esposizione soprattutto per visitare la città e respirarne l’atmosfera.

Manifesto dell'Expo di Milano del 1906

Manifesto dell’Expo di Milano del 1906

Torino 1911: Esposizione Internazionale dell’Industria e del Lavoro

La corsa italiana verso la modernità continua: nel 1911 siamo l’ottavo paese al mondo per livello di industrializzazione (con il triangolo Torino-Genova-Milano) e festeggiamo questo traguardo in concomitanza con l’anniversario dei cinquant’anni dell’Unità organizzando l’Esposizione a Torino.

Il Paese vuole dimostrare di essere pronto per far parte delle nazioni che contano e per il futuro e Torino, una città europea, moderna, industrializzata, capitale della meccanica di precisione e luogo di nascita della Fiat, incarna perfettamente questo ideale.

Nel mondo intanto i Paesi fanno a gara per organizzare esposizioni e nel 1928, per regolamentare il fenomeno ormai in grande ascesa, nasce una nuova organizzazione internazionale: il Bureau International des Expositions (BIE) che rimarrà il promotore delle esposizioni fino a oggi. Lo scopo è quello di regolarne la frequenza, dettarne gli standard e garantirne la qualità: i valori assodati da perseguire sono l’educazione del pubblico, la condivisione della cultura, la diffusione del progresso e l’apertura agli altri stati, anche se la tendenza reale delle nazioni partecipanti è quella del “nation branding” o dell’auto glorificazione.

Roma 1942: l’EUR

Tornando all’Italia, nel 1942 Mussolini decide di organizzare un’esposizione universale in occasione dell’anniversario dei vent’anni della marcia su Roma.

Roma, vista del quartiere Eur nel 1953

Roma, vista del quartiere Eur nel 1953

Il progetto consiste nella costruzione di un nuovo quartiere, l’EUR, impostato come una nuova città collocata tra il Tevere e la via Laurentina e proteso verso il mare: lo scopo è di dimostrare, attraverso la magnificenza dell’esposizione e l’efficienza dell’urbanistica fascista, come l’Italia, in tutta la sua potenza, sia destinata a conquistare il Mediterraneo. Gli eventi storici legati alle Seconda Guerra Mondiale non permetteranno tuttavia di portare a conclusione il progetto, che sarà terminato solo più tardi, in occasione delle Olimpiadi di Roma del 1960.

L’impatto che hanno i lavori su Roma è comunque notevole: oltre alla costruzione da zero di un nuovo quartiere, che oggi rappresenta il polo terziario e finanziario più importante della capitale, vengono incrementati gli interventi nel centro della città a livello sia viabilistico che estetico, con la demolizione di vecchi fabbricati considerati indecorosi per l’immagine che Mussolini vuole dare di Roma (da qui il processo di allontanamento dai centri storici degli abitanti delle case demolite con la creazione delle Borgate nell’Agro Romano).

Torino 1961: Esposizione Internazionale del Lavoro

Quando nel 1961, per celebrare un anniversario dal sapore decisamente diverso, e cioè il centenario dell’unità d’Italia, si decide di organizzare un’esposizione universale, la scelta cade nuovamente su Torino. Ma l’Italia è un paese diviso, con un profondo divario tra nord e sud, tra campagna e città, ed è l’economia più che il patriottismo a far affluire nella città simbolo del miracolo italiano del dopoguerra migliaia di emigranti in cerca di lavoro nei cantieri dell’Expo o della fabbrica italiana per eccellenza, la Fiat.

La manifestazione è incentrata soprattutto sulle nuove conquiste tecnologiche e sui nuovi metodi di produzione (il titolo è Esposizione Internazionale del Lavoro) ed Expo torna a essere la vetrina del progresso, delle invenzioni futuristiche (viene presentato il primo computer IBM commerciale) e delle conquiste dell’umanità.

Genova 1992: Esposizione Internazionale Genova 92 – Colombo 92

Dopo i fasti dell’edizione torinese del 1961 si devono aspettare trent’anni perché l’esposizione torni in Italia, anche se non si tratta di un’Expo vera e propria. Per i 500 anni dalla scoperta dell’America, il BIE decide di affidare a Genova il compito di allestire un’appendice dell’Esposizione internazionale, da affiancarsi alla vera e propria Expo che si terrà a Siviglia.

È una grande occasione di rilancio per l’Italia e per la città ligure: l’intero progetto viene affidato a Renzo Piano, che riorganizza il Porto Antico di Genova attraverso il recupero delle vecchie strutture e l’installazione di nuove attrazioni, come l’acquario e l’ascensore panoramico, con l’obiettivo di riconvertire tutto il complesso una volta concluso l’evento.

Gli interessi attorno all’evento sono enormi: vengono creati enti e fondazioni, i costi levitano e i cantieri rallentano. Expo diventa così lo specchio dell’Italia del tempo, in profonda crisi istituzionale e politica.

Il confronto con Siviglia, dove al contrario la Spagna mette in gioco tutto per dimostrare la voglia di riaffermarsi in campo mondiale, è disarmante. La manifestazione viene inaugurata entro i tempi, ma i numeri sono fallimentari: 800.000 visitatori contro i 3 milioni previsti (nell’Expo spagnola saranno 45 milioni su 14 milioni previsti). Gli italiani, in sostanza, si disinteressano all’evento.

L’unica, magra, consolazione è che negli anni le strutture verranno riutilizzate e i frutti di quel fallimento si trasformeranno in effettive risorsa per la città di Genova.

Benché l’esposizione di Siviglia sia un successo, comincia tuttavia a essere chiaro come la velocità del progresso non sia più compatibile con uno strumento “fisico” come l’esposizione, che ha una cadenza troppo distanziata per rappresentare il luogo delle novità. Expo ha bisogno di rinnovare la sua essenza e il significato della sua esistenza, sia per essere al passo con i tempi sia per affinare il suo campo d’azione, cercando il modo di rivolgersi verso nuovi ambiti economici attrattori di investimenti. L’obiettivo diventa assumersi il ruolo di motore di sviluppo per ripensare a un nuovo assetto della società e dell’economia.

Shangai 2010: Better city, better life

Nel 2010, con l’Expo di Shangai questo obiettivo sembra raggiunto: le parole d’ordine sono ecologia, sostenibilità e integrazione. Il tema scelto è “Better city, better life”, e diventa centrale la discussione su come migliorare la qualità della vita in ambito urbano in chiave sostenibile, sia nella riqualificazione del tessuto esistente sia nelle nuove pianificazioni.

L’aumento esponenziale della percentuale della popolazione urbana avvenuta nel secolo scorso (e che continua tuttora), la rapida edificazione e il conseguente aumento dello sfruttamento delle risorse hanno provocato enormi dissesti e disequilibri nel territorio, cinese e non. Per tali motivi il tema scelto rappresenta un campo di dibattito fondamentale per tutte le forze chiamate in causa (diplomatiche, economiche e sociali).

La Cina riesce, attraverso pressioni economiche e finanziamenti, a coinvolgere 192 paesi e 50 organizzazioni internazionali, un numero mai raggiunto prima d’ora, ribadendo ancora una volta la portata del suo potere con l’edizione dell’esposizione più costosa della storia.

Milano 2015: Nutrire il pianeta, energia per la vita

Con la pesante eredità di un evento epocale organizzato nella capitale economica di un Paese in irrefrenabile ascesa come la Cina, il testimone passa ora a Milano, per Expo 2015.

Expo 2015, Milano

Expo 2015, Milano

L’Italia del terzo millennio ha una sfida da vincere assolutamente: rilanciare l’economia, stupire, dimostrare di essere in grado di gestire una manifestazione di livello mondiale, ridisegnare la viabilità di Milano e dintorni, costruire da zero l’area che accoglierà l’esposizione (110 ettari collocati vicino a Rho fiera) e soprattutto non mancare l’occasione di rendere il tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita” più di uno slogan.

L’obiettivo dell’Expo è di far conoscere e fornire gli strumenti per sviluppare politiche e azioni in grado di garantire il diritto a un’alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutti gli abitanti del pianeta. Oltre ai padiglioni nazionali, rappresentativi di ogni paese, saranno presenti aree tematiche che svilupperanno il legame tra nutrizione e sostenibilità secondo aspetti e punti di vista differenti, dal rapporto tra cibo, arte e futuro, alla modalità di produzione, fino ad arrivare al Parco delle Biodiversità, un’area di 8.000 mq con più di 200 varietà agrarie, organizzate in serre, giardini, orti e installazioni interattive.

Il sito web ufficiale di Expo 2015 spiega in modo estremamente puntuale, attraverso immagini accattivanti e slogan molto efficaci, quello che si troveranno davanti agli occhi i futuri visitatori. E rimanere affascinati dal quadro che viene descritto è il minimo che si può provare.

Ma i preparativi, oltre a essere terribilmente in ritardo, sono stati scossi da vicende giudiziare: a giugno 2014, a poco meno di un anno dall’apertura, di quello che dovrebbe essere fatto, ancora si vede ben poco. Le premesse non sono delle migliori: se ne riparlerà a novembre 2015, a manifestazione conclusa sperando di essere riusciti a farci un giro.

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