Gruppo della morte

Il Cile e un supporto speciale: i minatori sopravvissuti a San Josè

di Dario Falcini
@dario_falcini

19 giugno 2014 – Non lo ha mai turbato il gruppo della morte. La morte, quella vera, l’ha già incontrata una volta. E ha vinto lui.

É con queste parole, più o meno, che Mario Sepulveda provava a caricare il suo Cile in vista dei Mondiali brasiliani. Un’impresa per nulla semplice: la nazionale andina aveva pescato male al sorteggio ed era finita nel girone con le due finaliste della scorsa edizione, Olanda e Spagna. Per questo lo chiamavano il gruppo della morte. E’ andata come pochi prevedevano. La Spagna vincitrice di tutto si è dissolta nelle sue sicurezze e la Roja è qualificata con un turno di anticipo. Aveva ragione Mario.

Mario Sepulveda è il protagonista dello spot che il Banco de Chile, il secondo istituto di credito del paese, ha realizzato in sostegno ai ragazzi di Jorge Sampaoli. Una pubblicità epica e intrisa di patriottismo. É ambientata qualche chilometro a nord di Copiapò, nel deserto dell’Atacama. Lì si scende per la miniera di San José, dove il 5 agosto 2010 33 persone rimasero intrappolate per il crollo del tetto. Per 17 giorni di loro non si seppe nulla, fino a quando si scoprì che erano tutti vivi e si trovavano in un rifugio con cibo e ossigeno. I 33 minatori trascorsero 69 giorni a 700 metri di profondità. Tra il 13 e il 14 ottobre furono tutti portati in salvo. Il mondo, che aveva seguito passo passo la prigionia e poi le fasi di salvataggio, si commosse. I minatori di San José erano diventati degli eroi. Uno su tutti, Mario Sepulveda, che oggi è il volto di quel gruppo di lavoratori.

Mario ci racconta come è nata l’idea dello spot: “Un giorno mi hanno chiamato dalla banca e mi hanno esposto la loro idea – spiega -. Mi è sembrato subito una bella cosa. Il calcio unisce il popolo, parla al cuore dei cileni e fa del bene. Ho posto una condizione: tutti i miei compagni dovevano essere presenti. Così è stato”.

Sepulveda aveva sin dall’inizio buone sensazioni sulla spedizione brasiliana della Roja, le ha ostentava da settimane. “Bisogna essere positivi nella vita – dice -. Dobbiamo avere fede e continuare a sostenere la nostra nazionale. Il Cile è già tra le sorprese di questo Mondiale, ma io credo che possa fare ancora molta strada”. L’ex minatore di San Josè avanza un parallelismo con la squadra del 1998 che impattò 2-2 con l’Italia nell’esordio di Bordeaux e fu fermata agli ottavi dal Brasile di Ronaldo. “Tutti in Cile ricordano con orgoglio l’epoca di Salas e Zamorano, che fecero conoscere il nostro movimento calcistico nel mondo. Ma anche oggi abbiamo ottimi professionisti che si sono fatti apprezzare nei più importanti campionati europei”.

La memoria corre a quattro anni fa. “I giorni di reclusione – racconta – furono difficili, ma allo stesso tempo formativi. Mi hanno insegnato molto, mi hanno dato la forza per proseguire e per non perdere mai la speranza. Ricordo la gioia infinita alla vista della luce, l’abbraccio alla mia famiglia”.

É da un pezzo che Mario Sepulveda non scende più nelle viscere della terra. “La miniera è chiusa – spiega -. Ognuno di noi ha preso una strada diversa: c’è chi fa lo stesso mestiere altrove, chi ha cambiato vita. Si fa quello che si può per andare avanti. Quando riusciamo ci incontriamo, ma purtroppo avviene sempre meno di frequente”.

Sarà più facile dopo l’uscita di un libro sulla loro storia, previsto per i prossimi mesi. Qualche mese fa i loro 69 giorni di prigionia erano già diventati un film, I 33, con Antonio Banderas nei panni di Mario. Ora, grazie alla popolarità acquisita, anche lui si è reinventato una vita e uno stipendio. “Faccio colloqui motivazionali con le aziende – afferma -. Ritengo di avere una missione: attraverso la mia esperienza posso insegnare qualcosa agli altri”.

L’ultimo pensiero di Mario Sepulveda, l’ex minatore, il sopravvissuto, è per il suo Cile. “Siamo un paese forte, in crescita. Un paese unito, che guarda avanti. Abbiamo avuto terremoti, incendi, catastrofi di ogni tipo e ci siamo sempre rialzati. Il Cile – conclude – è un esempio per il mondo intero”.

 

 

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