TTIP: tempo di (mini) accordi?

Sul Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti si affaccia l’ipotesi di procedere spediti per arrivare alla firma di un protocollo di minima che lasci fuori i temi scottanti

Di Alfredo Somoza

11 luglio 2014 – Che il TTIP sia controverso è arcinoto. Non soltanto in Europa però, anche negli USA si levano le voci contrarie degli agricoltori che ritengono di potere subire danni ad esempio dal rischio di smantellamento delle sovvenzioni a certe coltivazioni (mais), perché fanno concorrenza sleale agli agricoltori europei, per i quali le sovvenzioni dirette sono in via di scomparsa. Oppure dalle banche americane, che oggi dopo la crisi del 2008 hanno dei controlli pubblici ben più pressanti rispetto alle omologhe europee che potrebbero di conseguenza operare sul territorio degli USA in base alle leggi comunitarie più lassiste. E poi rimane il grande ostacolo dell’opinione pubblica sui temi “sensibili”, come ad esempio la fine del divieto di importare prodotti alimentari OGM. Certo che se le patatine OGM potranno entrare liberamente sul nostro mercato diventa inutile e dannoso il divieto a coltivare OGM sui campi europei.

Le trattive segretate tra gli sherpa di Bruxelles e di Washington stanno insomma perdendo vapore, soprattutto a causa dei freni tirati da diversi deputati del partito democratico di Obama al Congresso e alla crescente campagna di rifiuto da parte della società civile europea. Per questo ora si affaccia l’ipotesi dei “mini-accordi”, cioè di procedere spediti per arrivare alla firma di un protocollo di minima che lasci fuori i temi scottanti, rimandali a tempi futuri.

Secondo indiscrezioni del Corriere della Sera, sarebbe l’Italia a premere perché si firmi qualcosa, così da poterlo sbandierare come obiettivo raggiunto alla fine del semestre italiano di presidenza. Anche per Obama sarebbe simbolico la firma di un accordo, anche minimale, prima di dovere lasciare la presidenza. I temi che potrebbe contenere questo mini-accordo spaziano dalle liberalizzazioni all’integrazione dei mercati, con intese su temi non secondari come l’energia, le tariffe e gli standard di produzione in sei settori (auto, chimica, farmaceutica, cosmetica, tessili, apparecchiature mediche). Resterebbero fuori dall’accordo trasporti, servizi finanziari, audiovisivi e Ogm. Il “rischio”, paventato dal Sole 24 Ore, è che fatta la parte “facile” non si concluda la parte controversa, cosa che invece pare entusiasmare parte della politica delle larghe intese europee (PPE, PSE e Liberali) che così potrebbero evitare le critiche, senza offendere però l’alleato di Washington.

I soliti tarallucci e vino si potrebbe pensare, ma non è così. La firma di un trattato su questi temi, per quanto “mini” sia, crea un precedente e comincia a spalancare il mercato europeo allo strapotere delle multinazionali USA. Anche se i temi più delicati si rimandano nel tempo, si apre una breccia ed è solo questione di tempo perché la diga ceda.

 

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