#HumanGaza1

Raccontando delle persone, delle vite, delle giornate di quelli che la guerra la pagano


di Q Code mag
@QcodeM

 

12 luglio 2014 – L’ennesima punizione collettiva alla quale viene sottoposta la popolazione civile di Gaza, come tutte le altre, non porterà a nessun risultato. Sempre che il risultato non sia quello di nuovi lutti, di nuove distruzioni, di un odio che non potrà che crescere, ingrossando le fila di coloro che non hanno più alcuna fiducia in una soluzione giusta del conflitto.

Il governo israeliano, attraverso il suo esercito, ancora una volta scatena una pioggia di fuoco in risposta al lancio di razzi di qualche gruppo, come se ne fossero responsabili i civili di tutta la Striscia di Gaza. Che dieci anni fa, mentre festeggiavano la fine di un’occupazione, si sono resi conto di essere finiti reclusi in una prigione a cielo aperto. Cielo dal quale, a cicli alterni, piovono bombe.

Questa raccolta di pensieri (in quindici righe) vuole essere un racconto ‘altro’ di Gaza, reso da coloro che hanno avuto per i motivi più diversi la fortuna di incontrare l’umanità di Gaza, quella che non viene mai raccontata, da media che si ricordano di Gaza solo quando c’è un attacco, come se la vita a Gaza non fosse un inferno quotidiano. Ma anche nell’inferno la vita esiste e resiste, sempre, ogni giorno. Ed è questa resistenza di umanità che questa raccolta di voci vuole raccontare.
Perché a un popolo si può togliere la libertà, ma non gli si può togliere l’umanità.

Se siete mai stati a Gaza, mandateci le vostre quindici righe.

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1) Christian Elia, giornalista

Tanti sono i volti, le voci, le storie, i sogni che raccontano Gaza e la sua quotidianità. Quella che ho scelto è legata all’operazione Piombo Fuso, crimine di guerra e contro l’umanità, avvenuta a cavallo tra il 2008 e il 2009.

Nidal Barghouti, figlio del proprietario del Marah Land Zoo, una via di mezzo tra uno zoo e un parco divertimenti, a Gaza, appena finita la violenta offensiva militare, si trovava in una situazione drammatica.

Tanti animali avevano perso la vita durante i bombardamenti, l’embargo su Gaza impediva di farne arrivare di altri. I più disperati erano i piccoli di Gaza, per i quali lo zoo era uno dei più amati tra i non troppi svaghi.

Nidal ha un’idea: dipinge a strisce bianche e nere due asinelli, dopo averli opportunamente rasati.
Ecco, fatte e finite, le affascinanti zebre dello zoo di Gaza, visto che per una zebra vera sarebbero serviti migliaia di dollari, che servivano per ricostruire quello che per l’ennesima volta la violenza cieca dell’attacco aveva distrutto.

Il genio, la fantasia, la capacità di essere più forti della guerra, a Gaza, è un’arte.

 

 

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