#HumanGaza13

Raccontando delle persone, delle vite, delle giornate di quelli che la guerra la pagano


di Q Code mag
@QcodeM

21 luglio 2014 – L’ennesima punizione collettiva alla quale viene sottoposta la popolazione civile di Gaza, come tutte le altre, non porterà a nessun risultato. Sempre che il risultato non sia quello di nuovi lutti, di nuove distruzioni, di un odio che non potrà che crescere, ingrossando le fila di coloro che non hanno più alcuna fiducia in una soluzione giusta del conflitto.

Il governo israeliano, attraverso il suo esercito, ancora una volta scatena una pioggia di fuoco in risposta al lancio di razzi di qualche gruppo, come se ne fossero responsabili i civili di tutta la Striscia di Gaza. Che dieci anni fa, mentre festeggiavano la fine di un’occupazione, si sono resi conto di essere finiti reclusi in una prigione a cielo aperto. Cielo dal quale, a cicli alterni, piovono bombe.

Questa raccolta di pensieri (in quindici righe) vuole essere un racconto ‘altro’ di Gaza, reso da coloro che hanno avuto per i motivi più diversi la fortuna di incontrare l’umanità di Gaza, quella che non viene mai raccontata, da media che si ricordano di Gaza solo quando c’è un attacco, come se la vita a Gaza non fosse un inferno quotidiano. Ma anche nell’inferno la vita esiste e resiste, sempre, ogni giorno. Ed è questa resistenza di umanità che questa raccolta di voci vuole raccontare. 
Perché a un popolo si può togliere la libertà, ma non gli si può togliere l’umanità.

Se siete mai stati a Gaza, mandateci le vostre quindici righe all’indirizzo: redazione@qcodemag.it

KONICA MINOLTA DIGITAL CAMERA

Andrea Merli, educatore e cooperante in Palestina (2004-2010)

Gaza è un vasetto di yoghurt. Te lo offre una ragazza che lavora in una scuola materna di Shajaya. Sei appena entrato dal valico di Erez, in cielo il sole di un giorno dell’estate 2008, addosso polvere e sudore. La ragazza ti dice di assaggiarlo, che è buono. La guardi
un momento, nella finestra che si apre tra il velo e la veste lunga fino ai piedi.

Non è timore quello che ti fa esitare, passando il vasetto da una mano all’altra, ma l’imbarazzo di chi è arrivato immaginando di poter dare qualcosa e invece si trova a ricevere, in mezzo alle macerie.

Guardi il vasetto e ti accorgi che sul retro c’è una scritta piccola: made in Egypt. Lei capisce. E spiega, senza bisogno di domande. Questo yoghurt è arrivato dai tunnel sotto il confine di Rafah, tra Gaza e l’Egitto. Se non ci fossero quei tunnel, dice, sarebbe impossibile dare la merenda ai bimbi della scuola. Perché quei tunnel sono come le radici delle piante che si ostinano a crescere sull’asfalto. E’ vero, nei tunnel non passano soltanto vasetti di yoghurt, animali, carburante, vestiti, materiali da costruzione, mobili e volumi del Corano. Ci passano anche armi, esplosivi. Vita e morte corrono accanto, nello stesso buio. Questo non lo dice, ma lo sa.

Increspa appena le labbra, cercando un’espressione che mostra consapevolezza, ma che tiene a distanza la rassegnazione. Il cucchiaino di plastica affonda nello yoghurt. Lei si alza e va incontro alla finestra. Siamo nati per vivere, dice. Siamo nati per camminare sulla terra, per respirare l’aria del mare e addormentarci senza paura, né più né meno, come tutti. Gaza è vita. Gaza è viva.

.

Sosteneteci. Come? Cliccate qui!

associati 1

.



Lascia un commento