Ebola: un’emergenza non solo sanitaria

[author] [author_image timthumb=’on’]http://www.buongiornoafrica.it/wp-content/uploads/2012/06/raffa01.jpg[/author_image] [author_info]di Raffaele Masto. @RAFFAELEMASTO. Faccio il giornalista e lavoro nella redazione esteri di Radio Popolare. Nei miei oltre venti anni di carriera ho fatto essenzialmente l’inviato. In Medio Oriente, in America Latina ma soprattutto in Africa, continente nel quale viaggio in continuazione e sul quale ho scritto diversi libri dei quali riferisco in altri spazi del blog www.buongiornoafrica.it. Insomma, l’Africa e gli africani, in questi venti anni, mi hanno dato da vivere: mi sono pagato un mutuo, le vacanze e tutto ciò che serve per una vita di tutto rispetto in un paese come l’Italia.[/author_info] [/author]

17 agosto 2014 – “Coperta” dalle crisi in Iraq e in Ucraina, Ebola continua a uccidere in Africa. Ora ai paesi colpiti si è aggiunta la Nigeria con almeno dieci morti. Tutti i paesi colpiti – oltre alla Nigeria la Sierra Leone, la Liberia e la Guinea – hanno dichiarato lo stato di emergenza.

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Ma la malattia avanza. Anche il siero della Zmapp che aveva suscitato qualche speranza, si è rivelato meno efficace del previsto dato che il missionario spagnolo al quale era stato somministrato è morto. Un vaccino non sarà pronto prima del 2015 e dunque le armi che si possono usare per fermare la malattia rimangono essenzialmente quelle che si possono mettere in campo per evitare la diffusione: cordoni sanitari, quarantene, isolamento, controllo degli spostamenti.

E nonostante tutto la malattia avanza. Anzi i dati di diffusione sono preoccupanti: siamo ormai vicini ai duemila casi, i morti hanno superato il migliaio. Presumibilmente dei duemila colpiti almeno la metà moriranno nei prossimi giorni. La malattia insomma non ha mostrato fino ad ora nessuna flessione, nessun rallentamento nella sua diffusione.

Certo, l’andamento delle epidemie è così. Anche quando si imbocca la strada giusta ci vuole qualche tempo per “vedere” un miglioramento della situazione. Certo è che gli ultimi dati diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità fanno impressione. Nei soli giorni del 10 e 11 agosto sono stati registrati 128 nuovi casi e 56 sono morti.

C’è poi un aspetto che inquietante. Per ovvie ragioni (non ci sono giornalisti, la popolazione non si può muovere, gli spostamenti del personale sanitario sono limitati) è difficile avere notizie dirette dalle zone colpite ma è presumibile che queste regioni siano debbano fare fronte ad una emergenza sanitaria, ovviamente, ma anche ad una emergenza sociale, economica, nutrizionale.

Limitare o arrestare gli spostamenti nelle regioni rurali africane significa bloccare l’unica forma di sostentamento della popolazione, cioè l’economia e l’agricoltura di sussistenza con la quale la gente vive.


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