Potere virtuale

L’Ecuador vuole diventare il primo Paese al mondo a emettere denaro virtuale tramite il proprio Banco Centrale. La nuova sfida di Rafael Correa

 

di Alessandro Ingaria
@aleingaria

 

6 settembre 2014 – Una nuova scommessa di Rafael Correa contro il sistema finanziario mondiale. Una sfida che proietta verso l’idea del denaro come mero sistema binario. Zero-Uno. L’anticipazione della definitiva conquista della vita da parte del sistema numerico posizionale in base due.

L’Ecuador vuole essere il primo Paese del mondo a creare una moneta elettronica emessa e distribuita dal Banco Centrale, che circolerà utilizzando la rete cellulare. L’annuncio ufficiale del governo, che intende lanciare la moneta virtuale a dicembre, spiega che vuole essere un beneficio per l’economia informale del Paese che non può accedere ai sistemi finanziari che transitano attraverso le banche.

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“Invece di avere un sistema di pagamenti basato in denaro fisico (biglietti o moneta) che richiedono alti costi logistici, approfitteremo delle infrastrutture esistenti riducendo i costi di transazione. Sarà denaro che scorrerà attraverso la rete cellulare” ha dichiarato Gustavo Solórzano, funzionario del Banco Centrale Ecuadoriano.

L’obiettivo dichiarato dal governo è raggiungere i 2,8 milioni di persone che compongono lo strato più povero della popolazione e non sono all’interno dell’economia formale, ma che al tempo stesso utilizzano assiduamente la rete cellulare. All’inizio il denaro virtuale avrà un cambio paritario uno a uno con il dollaro (l’attuale valuta ufficiale ecuadoriana) e potrà essere utilizzato solo attraverso la rete telefonica mobile, in attesa del potenziamento del sistema.

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Per utilizzare la moneta virtuale, gli interessati dovranno creare un conto elettronico nel sito web del Banco Centrale Ecuadoriano e seguire le istruzioni contenute. Una volta iscritti, gli utenti potranno acquistare il denaro elettronico trasferendo dollari “fisici”. Con la moneta virtuale sarà possibile pagare i servizi pubblici, comprare nei negozi e transare con artigiani tipo l’idraulico, l’elettricista e via discorrendo. “L’obiettivo è contribuire alla bancarización (introduzione al sistema bancario) di 2,8 milioni di persone, ossia il 40 percento della popolazione economicamente attiva” aggiunge Solórzano.

Rispetto al molto discusso Bitcoin, non si tratta di una moneta crittografata in quanto sarà depositata presso il Banco Centrale Ecuadoriano e permetterà trasferimenti mediante il cellulare.  Nonostante il presidente Rafael Correa si sia affrettato a dichiarare “che il denaro virtuale non rimpiazzerà il dollaro in quanto i costi di uscita dalla dollarizzazione sarebbero catastrofici”, i critici vedono la mossa del Paese latinoamericano in tal senso. Non potendo emettere moneta propria (l’Ecuador ha abbandonato il Sucre il 13 marzo 2000 a favore del dollaro statunitense) il governo non è in grado di agire sulla leva monetaria che gli permetterebbe di stampare denaro nei momenti di fabbisogno, cercando di influenzare tassi di interesse e di inflazione.

L’attuale situazione dell’Ecuador è quella di un Paese fortemente indebitato (11 mila milioni di dollari) con una forte necessità di fondi per coprire la spesa pubblica. L’esposizione, dopo la ristrutturazione forzata del debito avvenuta nel 2008, è praticamente quasi tutta nei confronti della Cina, che è anche il principale importatore del petrolio ecuadoriano, prima fonte di entrate per il Paese. Ultimamente l’Ecuador ha provveduto a collocare parte delle proprie riserve di oro presso la banca d’affari Goldman Sachs, per ottenere un prestito di 400 milioni di dollari.

Gli analisti internazionali hanno espresso opinioni contrastanti sull’opportunità da parte dello stato latinoamericano di affrancarsi dal dollaro. Secondo alcuni è un modo intelligente per agire sulla leva monetaria, mentre secondo i detrattori del provvedimento il governo potrebbe cedere alla tentazione di stampare (seppur virtualmente) molta moneta per far fronte alla necessità di fondi. Un male che in passato ha afflitto molte economie dell’America Latina e ha messo in ginocchio i risparmi degli strati più deboli della popolazione.

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Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, in Ecuador la circolazione di moneta virtuale di origine “privata”, come il Bitcoin, è proibita e il principio alla base della nuova valuta virtuale è l’opposto di quello della moneta virtuale più nota: in Ecuador sarà il Banco Centrale a controllare l’emissione e ad influenzare il tasso di cambio, che si ignora se sarà lasciato al libero mercato o sottoposto a parametri fissi.

La nuova moneta virtuale funzionerà inizialmente solo tramite la rete cellulare perché secondo il governo questa copre il 90 percento delle zone rurali e il 95 percento delle aree urbane e in Ecuador ci sono più cellulari che persone: 17 milioni di telefoni contro 15 milioni di abitanti.

Secondo la legge di introduzione, l’uso della nuova moneta sarà volontario e non potrà servire per pagare impiegati pubblici e fornitori dello stato, così come non permetterà di comprare obbligazioni e buoni del tesoro statali al fine di evitare la generazione di denaro elettronico senza contropartita monetaria.
L’iniziativa, anche se in quei casi proveniente dal settore privato, ha precedenti di successo in Kenya, Tanzania e Paraguay dove milioni di utenti utilizzano il conio virtuale quotidianamente. Tra gli obiettivi del nuovo sistema c’è la volontà di far aumentare i consumi di una larga parte della popolazione, cercando di riportare ad un’economia formale le milioni di persone che attualmente cercano il proprio sostentamento dal piccolo commercio di strada, dai piccoli scambi che non vanno a cumulare nel PIL nazionale.

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La sfida è aperta e Correa ha lanciato la scommessa al sistema finanziario in maniera non ortodossa. Con un’abile mossa strategica il 12 dicembre 2008 il Presidente Ecuadoriano dichiarò ufficialmente la bancarotta dell’Ecuador, descrivendo come immorale il debito contratto “a causa della corruzione” dai regimi militari precedenti e dichiarandosi “pronto ad accettare le conseguenze”. In ragione di ciò propose un piano per il riconoscimento dei diritti dei creditori in misura pari al 30 percento del valore dei loro crediti. L’11 giugno 2009 annunciò che il governo ecuadoriano aveva riacquistato il 91 percento dei propri titoli di stato ad un prezzo compreso tra il 30 e il 35 percento. Ancora una volta Correa fa un passo oltre le convenzioni finanziarie internazionali. Le stesse che hanno ridotto Paesi come la Grecia sull’orlo dell’abisso sociale e ingrassato politici corrotti e il mercato delle armi in molti altre nazioni.
Come la religione e l’esistenza dei confini, “il denaro è un’allucinazione collettiva” in cui il gioco funziona se si convincono milioni di persone ad accettare le regole del sistema. Riuscirà Correa a mantenere lo stesso livello di abilità economica che sinora ha dimostrato? Ai posteri l’ardua sentenza.

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