Lo stato della follia

La data prevista per la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari in Italia era la fine di marzo 2013. Poi si è arrivati alla legge 81 fino al 31 marzo 2015. Una ferita ancora aperta raccontata in un documentario da chi l’ha vissuta sulla propria pelle

“Dentro ho conosciuto persone che avrebbero potuto stare ovunque tranne che in un luogo come quello. E quindi, una volta fuori, mi sono sentito in dovere di testimoniare”. Luigi Rigoni è stato recluso nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario (Opg) di Aversa, in Campania. Ne è uscito e ha deciso di raccontare in prima persona quel che aveva vissuto nel film Lo stato della follia di Francesco Cordio.

La locandina del film "Lo Stato della follia"

La locandina del film “Lo Stato della follia”

“Ho scoperto che Francesco era impegnato su questo progetto, gli ho raccontato la mia storia e, siccome di professione faccio l’attore, mi ha chiesto di partecipare. Ho avuto subito stima di lui e ho davvero apprezzato come ha portato avanti il lavoro”. Il risultato è una pellicola che alterna ai monologhi di Rigoni le immagini girate dentro i sei Opg italiani. Uscito nel 2013, il documentario ha denunciato le condizioni inaccettabili dei reclusi in queste strutture e contribuito al dibattito pubblico per una legge che le superasse in modo definitivo. O presunto tale.

L’iniziale data prevista per la chiusura degli Opg era, infatti, la fine di marzo 2013. Poi, tra un ritrardo e una proroga, si è arrivati alla legge 81 dello scorso maggio che dà tempo fino al 31 marzo 2015 per cancellare quello che il Presidente Giorgio Napolitano definì “un orrore indegno di un paese appena civile”.

Ciascuna Regione dovrà predisporre soluzioni per i propri cittadini reclusi in Opg, promuovendo una maggiore collaborazione con i servizi territoriali di psichiatria e aprendo nuove strutture, sanitarie e di dimensioni ridotte, chiamate Rems (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza) alle quali si dovrà ricorrere in via del tutto eccezionale, come extrema ratio.

L’impegno delle Regioni, però, è stato, fino ad ora, molto eterogeneo. Ci sono esempi più positivi come il Friuli Venezia Giulia e l’Emilia Romagna, situazioni più discusse e incerte, come quella della Lombardia oppure casi di immobilismo e inadempienza.

A poco più di un semestre dal 31 marzo, quindi, la storia di Luigi Rigoni è importante non solo per quello che ha raccontato del “dentro”, ma anche per quello che gli è successo una volta “fuori”. Per il percorso che lui ha portato avanti con successo. E che ci si augura venga replicato da un numero sempre più ampio di persone nei prossimi mesi.

“Sono uscito dall’Opg di Aversa grazie alle pratiche svolte da mia moglie che qui a Roma, dove abitiamo tuttora, era in contatto con il personale del Sert dove io ero seguito per il mio vizio del bere. Grazie alle sue visite, alle relazioni degli psichiatri del Sert e all’impegno famigliare, il magistrato si è dimostrato più conciliante e mi ha fatto tornare a casa. Anche perché lo stesso psichiatra dell’Opg mi diceva spesso: Io non capisco lei cosa ci faccia qui. Una frase che, attorialmente, oggi prendo sul ridere, ma che in realtà rivelava una situazione tragica”.

Come le ho per molte altre persone, internate, magari senza più nessuno che si occupi di loro, per le quali non si sono trovate per anni soluzioni adeguate e che per questo sono state costrette a una sorta di ergastolo bianco, rinnovato di anno in anno, proroga dopo proroga.

“Essere ignari del proprio futuro è una cosa allucinante. Peggio del carcere, dove almeno la pena è definita” continua Rigoni. “Ad Aversa, ho conosciuto due o tre uomini che erano reclusi da 23, 25 anni. Li frequentavo, ci parlavo e non percepivo nessuna pericolosità eppure restavano lì dentro. E -lo assicuro io che ci sono stato- in un luogo così, se non sei pazzo, lo diventi”.

Cordio e Rigoni, a destra, si confrontano

Cordio e Rigoni, a destra, si confrontano

La nuova legge 81/2014 ha posto fine a queste detenezioni indefinite. “Con le nuove norme – spiegano da StopOPG – non dovrà più succedere che l’internamento e le proroghe della misura di sicurezza si adottino per carenze di assistenza comunitaria o individuale sul territorio o per la condizione di svantaggio sociale della persona”. Inoltre, continua il documento della campagna, “la durata massima della misura di sicurezza non può essere superiore a quella della pena per corrispondente reato”. E infatti Rigoni conferma che, di recente, ha ricevuto una lettera proprio da uno dei suoi ex compagni di Opg reclusi da più tempo. “Diceva di essere uscito. Finalmente. Ora vive in una comunità. e in effetti qualche segnale di maggiore apertura mi pare di vederlo”.

Sono i primi effetti concreti della legge 81 che sembra aver migliorato numerosi aspetti del precedente provvedimento in materia, quello del 2012 (legge 9/2012) e che, per questo, è stata giudicata positivamente da diverse realtà impegnate per questa causa. Ora però serve una reale applicazione della stessa in tutti i territori, per garantire un sostegno adeguato alle persone come Luigi.

“Quando sono rientrato a casa da Aversa – ricorda – avevo obblighi ben precisi, tra cui quello settimanale di firma e quello di non uscire la sera. Ho seguito le cure prescritte, ho ricevuto le visite dell’assistente sociale e ho anche partecipato scrupolosamente a un gruppo di auto mutuo aiuto. In questo modo, dopo un anno, tutto si è risolto con la revoca della pericolosità sociale da parte del magistrato”. E così Rigoni è potuto tornare sul palco, dando il suo contributo alla causa.

Rigoni sul set

Rigoni sul set

“Sono contento di aver preso parte a Lo stato della follia. Penso sia un documentario importante perché, nonostante sia girato parecchio, affronta un tema di cui si parla poco. Con tutte queste proroghe, invece, credo si debba tenere alta l’attenzione”. La campagna StopOpg concorda e, per questo, ha scritto al Ministero della Salute per sollecitare la convocazione dell’Organismo di coordinamento per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari previsto dalla legge 81. “Il nuovo Organismo deve agire subito, perché vi sono ritardi e incongruenze nell’attuazione della nuova legge”.

Si profila così il rischio “non solo di un ulteriore proroga, ma di uno stravolgimento” della logica del nuovo provvedimento contro la quale StopOpg annuncia di voler riprendere la sua mobilitazione.

Ma perché è così difficile chiudere realmente questi luoghi? Dopo esserci stato, prova a rispondere Luigi Rigoni: “Credo sia una questione di poca volontà. Non ha basi sociologiche, è solo una mia impressione, ma credo che più la società vada verso l’individualismo e meno attenzione trovino dei problemi sociali e di comunità”.

 

“Lo stato della follia” verrà proiettato oggi, lunedì 22 settembre, alle ore 21.30, al Cinema Beltrade di Milano.

 

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