Mali: una guerra dimenticata

In Mali la guerra è tutt’altro che finita: proprio in questi giorni le formazioni terroristiche locali hanno ripreso gli attacchi nel nord del Paese

[author] [author_image timthumb=’on’]http://www.buongiornoafrica.it/wp-content/uploads/2012/06/raffa01.jpg[/author_image] [author_info]di Raffaele Masto, @RAFFAELEMASTO. Faccio il giornalista e lavoro nella redazione esteri di Radio Popolare. Nei miei oltre venti anni di carriera ho fatto essenzialmente l’inviato. In Medio Oriente, in America Latina ma soprattutto in Africa, continente nel quale viaggio in continuazione e sul quale ho scritto diversi libri dei quali riferisco in altri spazi del blog www.buongiornoafrica.it. Insomma, l’Africa e gli africani, in questi venti anni, mi hanno dato da vivere: mi sono pagato un mutuo, le vacanze e tutto ciò che serve per una vita di tutto rispetto in un paese come l’Italia.[/author_info] [/author]

10 ottobre 2014 – Quello del Mali è il fronte meno conosciuto della guerra in Africa contro il terrorismo di matrice islamica. Negli ultimi mesi i miliziani di Al Shebab sulla costa orientale, in particolare in Kenya, e Boko Haram in Nigeria si sono conquistati i riflettori dei media mondiali. Ma in Mali la guerra è tutt’altro che finita e nonostante il dispiegamento della missione Onu, la Minusma, nonostante l’impegno diretto della Francia, nonostante il tentativo di di affiancare alla guerra anche una soluzione diplomatica, i terroristi delle formazioni locali hanno proprio in questi giorni ripreso l’iniziativa nell’immenso deserto del nord.

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Qualche giorno fa il contingente dei caschi blu è stato vittima di un’imboscata dei jihadisti del Mujao, il Movimento per l’unicità e la jihad in Africa occidentale, che ad aprile avevano rivendicato la morte dell’ostaggio francese Gilberto Rodrigues Leal, rapito nel novembre 2012 nell’ovest del paese. Nell’imboscata sono rimasti uccisi nove caschi blu nigerini. Pochi giorni dopo c’è stato un attacco con razzi e proiettili di artiglieria contro una base dell’Onu a Kidal. Morto un casco blu senegalese.

Il governo del Mali ha chiesto all’Onu di valutare il dispiegamento, oltre la Minusma, di una forza di intervento rapido perché – valutazione del ministero degli esteri di Bamako – i gruppi jihadisti stanno tornando in forza nel nord del paese nonostante i precedenti successi militari della coalizione internazionale e dei militari francesi che avevano fornito sostegno al governo centrale dopo che l’intera regione settentrionale era passata sotto controllo di gruppi armati islamisti.

Questo fronte africano dimenticato, dunque, è tutt’altro che secondario. Non è solo una questione politico-strategica, ma anche economica. L’immenso deserto del Mali e del Niger era attraversato da rotte che producevano importanti quantità di denaro per il contrabbando di uomini, sigarette, armi, droga. Businnes che finanziavano i gruppi jihadisti assieme all’impresa dei sequestri di persona.

Sconfiggere il terrorismo in quel deserto significa assestare un colpo alle forze del jihadismo. Ma l’esito della guerra in quella remota regione è ancora del tutto aperto.

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