Burkina Faso, un milione contro il presidente

Nella capitale Ouagadou si accendono le proteste. Il ricordo è per l’ex presidente Thomas Sankara, ucciso nel 1987 dall’attuale capo di Stato, Blaise Compaoré

 

di Matteo Zola

30 ottobre 2014 – Un milione di persone si sono riversate per le strade di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, per protestare contro la modifica alla Costituzione annunciata dal presidente, Blaise Compaoré, che gli consentirebbe di ripresentarsi per un quinto mandato.

Per dare un’idea delle dimensioni della protesta basti sapere che la capitale conta un milione e duecento mila abitanti, e sono 17 milioni i cittadini dell’intero paese. Una folla oceanica che ha abbattuto le statue del presidente in carica dal 1987, anno in cui prese il potere con un colpo di Stato, uccidendo l’allora presidente Thomas Sankara.

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Il corteo di protesta a Ouagadou

E proprio il nome di Sankara è stato scandito dai manifestanti, contrari alla modifica dell’articolo 37 della Costituzione che sancisce il limite dei mandati presidenziali.
Il Burkina Faso ha una storia travagliata, ottenuta l’indipendenza nel 1960 si trovava già nel 1966 teatro di un colpo di stato che portò al potere una giunta militare, guidata da Sangoulé Laminzana, che restò in carica fino al 1978, anno in cui lo stesso Laminzana venne eletto dopo avere traghettato il paese verso la democrazia. Nel 1980 il colonnello Saye Zerbo depose Laminzana dopo un sanguinoso colpo di stato che soppresse la costituzione. Nel 1983 un nuovo colpo di stato, questa volta guidato da Thomas Sankara, segnò la storia del paese poiché, a differenza dei precedenti leader, Sankara aveva una visione: teorico del pan-africanismo, influenzato dalla dottrina marxista, si impegnò per la crescita sociale del paese cui cambiò il nome, precedentemente Alto Volta, in Burkina Faso che, in lingua More, significa “la terra degli uomini integri”. Al suo fianco c’era Blaise Compaoré, commilitone e amico fin dai tempi dell’Organizzazione degli ufficiali comunisti, gruppo segreto che aveva lo scopo di realizzare il socialismo nel paese.

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Thomas Sankara

 

Sankara si opponeva alle politiche degli aiuti all’Africa cui riteneva si dovesse sostituire la cancellazione del debito e centrò la sua politica estera sull’anti-imperialismo “culturale, prima che economico” poiché “la dominazione culturale è più flessibile e meno onerosa. Il nostro dovere è decolonizzare la nostra mentalità”.

Sankara mise in atto misure volte alla scolarizzazione, alla vaccinazione, e riuscì a estirpare la piaga della denutrizione. Puntava alla nazionalizzazione delle risorse energetiche e minerarie e rifiutò gli aiuti del FMI per garantire indipendenza alle politiche economiche del suo paese. Fu il primo a denunciare la piaga dell’AIDS, abolendo l’infibulazione e la poligamia, e propose l’espulsione dall’ONU del Sud Africa dell’apartheid e la sospensione di Israele.

Troppo per poter essere tollerato in piena Guerra Fredda. Sankara fu ucciso il 15 ottobre del 1987 con un colpo di pistola sparato dallo stesso Blaise Compaoré, l’amico e compagno di un tempo, che si proclamò presidente con l’appoggio di Francia e Stati Uniti. Il regime di Compaoré, se pur ha avuto il merito di dare stabilità al paese, si è caratterizzato per la repressione dell’opposizione e dei media (secondo Reporter sans Frontières fu coinvolto nell’omicidio del giornalista Norbert Zongo).

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Blaise Compaoré

Non è la prima volta che Compaoré piega la costituzione a suo vantaggio: nel 2000 fu introdotto il vincolo di due mandati presidenziali, ma la Corte costituzionale stabilì che non poteva essere retroattivo consentendo così a Compaoré di ricandidarsi per due successivi mandati. Oggi tocca al parlamento pronunciarsi sulla modifica alla costituzione che permetterebbe al presidente di ripresentarsi. Inutile dire che la Corte costituzionale e il parlamento non sono indipendenti ma pesantemente influenzate dall’ufficio presidenziale. Le stesse elezioni avranno un esito scontato, visto che Compaoré viene abitualmente eletto con l’80% circa dei consensi. Le proteste di ieri testimoniano come quei consensi non corrispondano agli umori del paese. Potranno le proteste mettere fine al potere di Compaoré?

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