Ritorno a L’Avana

Proiettato alla 71a Mostra del Cinema di Venezia, l’ultimo film del regista francese Laurent Cantet racconta in modo classico ed efficace la Cuba di ieri e di oggi. Dal 30 ottobre nelle sale italiane

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2014/02/Juri-Saitta.jpg[/author_image] [author_info]di Juri Saitta. Nato nel 1987, laurea triennale in “Scienze della Comunicazione” e laurea magistrale in “Discipline cinematografiche. Storia, teoria, patrimonio” al DAMS di Torino. Appassionato di cinema praticamente da sempre, collabora con “FilmDOC” e “Mediacritica”.[/author_info] [/author] 

2 novembre 2014 – Presentato con successo alle Giornate degli Autori durante la 71a Mostra del Cinema di Venezia, Ritorno a L’Avana di Laurent Cantet (Risorse umane, La classe) è un film che sfrutta una struttura tradizionale e teatrale per raccontare la Cuba passata e contemporanea. Ambientata durante il passaggio di potere da Fidel a Raúl Castro, l’opera vede come protagonisti cinque amici (una donna e quattro uomini) di mezza età che nella capitale cubana s’incontrano per una cena su una terrazza di uno di loro. I personaggi parleranno dei loro ricordi, della loro vita attuale e litigheranno inoltre su questioni passate non ancora risolte.

Locandina a Ritorno a L'Avana (2)

 

Durante il film verranno alla luce nostalgie e rimorsi, allegrie momentanee ed eterni rimpianti, tutti sentimenti individuali collegabili però alle vicende storiche e attuali del Paese. Vi è chi non è riuscito a realizzare i propri obiettivi, chi l’ha fatto cedendo a compromessi e opportunismi, chi è invece emigrato in Europa senza sapere se e quando sarebbe potuto tornare in Patria. Qui vi sono dunque sensi di colpa, di prigionia e di persecuzione, tutte frustrazioni che l’autore rivela con un profondo scavo psicologico sui personaggi che si fa tramite di una riflessione generale sulla Cuba di ieri e di oggi.

 

Sequenza di Ritorno a L'Avana

 

Questo per merito di una narrazione tradizionale che – a volte in maniera un po’ schematica – aumenta il climax e sviluppa i temi e i protagonisti in modo graduale: si comincia con una prima parte serena dove le delusioni sono latenti; si prosegue con una seconda dove dialoghi e monologhi mettono in luce i drammi individuali e collettivi; si finisce con un racconto-rivelatore che chiosa il film.

Una struttura molto classica e teatrale per un’opera di parole e personaggi, nella quale dominano la sceneggiatura e le performance dei bravissimi attori.

La regia di Cantet, come nel precedente La classe, è funzionale ai dialoghi e agli interpreti, in quanto li segue e li dirige senza intromettersi con scelte invadenti o esplicite, ma non  rinunciando per questo a una certa personalità. Infatti, il cineasta francese trasmette al film la giusta forza drammatica disponendo in maniera mai casuale le figure nello spazio e riuscendo inoltre a mantenere un ritmo teso e coerente per tutta la durata.

 

 

Ritorno a L’Avana è quindi un film dove nel risultato finale conta di più il lavoro di squadra (di regia, attori e sceneggiatura), rispetto all’estro del singolo individuo, dimostrando così quanto metodologie, forme e strutture classiche, quando attentamente “applicate”, possano essere ancora oggi valide ed efficaci.

Proprio per questo motivo l’opera avrebbe meritato di essere inserita nel concorso ufficiale di Venezia 71.

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