Tunisia, vittoria laica?

Le urne premiano i progressisti di Nidaa Tunes, ma l’elezione del presidente si annuncia come l’accordo fra le varie anime del Paese

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/08/Clara-Capelli-NFC-Tunis-2013-Picture.jpg[/author_image] [author_info]di Clara Capelli, @clariscap. Dottoranda in economia dello sviluppo con la passione per la lingua araba, si occupa di mercato del lavoro in Nord Africa e Medio Oriente. Ha lavorato in Cisgiordania, Libano e Tunisia, ma non ha ancora capito quale Paese le piaccia di più. [/author_info] [/author]

7 novembre 2014 – Il 26 ottobre la Tunisia ha eletto i suoi rappresentanti in Parlamento. Dopo la Thawrat al-Karama, la Rivoluzione della Dignità, per la cacciata di Ben Ali; dopo i sit-in alla Kasba di Tunisi perché il Paese intraprendesse una reale transizione democratica e non dei cambiamenti gattopardeschi; dopo le elezioni per l’Assemblea Costituente il 23 ottobre 2011; dopo un’altra serie di proteste nel 2013 perché la rivoluzione non fosse tradita dall’ascesa di altre élite ugualmente interessate al potere e non alle sorti di tutti i tunisini.

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Non ero lì, ma ho seguito la campagna e soprattutto le elezioni attraverso i racconti e i post di Facebook di alcuni amici tunisini. A settembre quando li ho visti l’ultima volta abbiamo parlato a lungo delle elezioni legislative e di quelle presidenziali, fissate per il 23 novembre. L’argomento principale era sempre lo stesso, Ennahda, il partito dell’Islam politico che domina la scena politica tunisina dal 2011. Sia Sara sia Samer erano convinti che avrebbe nuovamente ottenuto la maggioranza. La prima è una militante del Fronte Popolare, formazione di sinistra, mentre il secondo simpatizza per Nidaa Tunes, partito dall’anima composita ma dichiaratamente laico, che raccoglie al suo interno sia progressisti sia liberali.

“Ennahda era e rimane il partito più organizzato da dopo la rivoluzione” commentava uno; “Il Paese è spaccato in due, nei governatorati più poveri voteranno tutti per loro”, incalzava l’altra. La conferma di quanto le loro previsioni fossero fondate stava nella decisione di Ennahda di non candidare nessuno per le elezioni presidenziali. “Non lo fanno perché sanno che vinceranno le legislative, non vogliono stravincere. Dopo quello che è successo l’anno scorso in Egitto stanno molto attenti. Si spartiranno la torta con Nidaa Tunes, è più saggio”, Sara provocava intenzionalmente Samer, il quale le replicava che il Fronte Popolare non sarebbe stato da meno.

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Beji Caïd Essebsi

Il 26 ottobre i tunisini hanno contraddetto le previsioni di Sara e Samer, sorprendendo pressoché tutti. Contro ogni aspettativa, Nidaa Tunes ha vinto di larga misura, 85 seggi contro i 69 di Ennahda, che ne perde ben 20 rispetto alle elezioni del 2011. Seguono l’Union Patriotique Libre dell’imprenditore Slim Riahi e il Fronte Popolare, rispettivamente con 16 e 15 seggi. L’altra grande, inattesa, sorpresa è stata il tasso di affluenza alle urne: quasi il 70 percento degli aventi diritto, contro poco più del 50 percento del 2011.

Il giorno prima delle elezioni Sara e Samer postavano commenti piuttosto sconsolati sulle loro pagine Facebook. La prima esprimeva tutta la sua tristezza per ciò che lei definiva “il fallimento della Rivoluzione”: Ennahda avrebbe vinto, Nidaa Tunes sarebbe arrivato secondo, i due partiti si sarebbero alleati per dividersi il potere e chi si sarebbe occupato dei reali problemi del Paese, dalla disoccupazione e la disuguaglianza ai diritti del popolo tunisino? Il secondo insisteva sul pericolo di infiltrazioni jihadiste nel Paese, soprattutto nelle zone dell’interno, e sul senso di diffusa insicurezza avvertito dai tunisini, con l’aumento dei crimini e degli episodi di violenza; Ennahda, troppo impegnato a consolidare il proprio potere, non avrebbe avuto né la volontà né le capacità di contrastare la crescente instabilità della Tunisia.

Per tutta la giornata delle elezioni Sara e Samer hanno pubblicato fotografie di amici e sconosciuti in coda ai seggi o mentre mostravano orgogliosi il dito segnato di inchiostro. Si sono lamentati amaramente per le notizie che ricevevano sui risultati provvisori, per Ennahda che sembrava vincere e per il basso numero di votanti. “Vi lamentate, ma poi siete responsabili della merda in cui vivete se non andate a votare”, e mi sembrava di sentire la voce di Sara, quando nell’estate del 2013 esortava i tunisini a prendere parte alle manifestazioni perché finalmente la Costituzione venisse terminata e approvata e si andasse al voto.

Poi, verso sera, la situazione si ribalta. Affluenza alle urne intorno al 60 percento e Nidaa Tunes in testa. Sara mantiene comunque un tono critico, mentre Samer discute animatamente su Facebook con dei suoi amici filo-Ennahda, i quali definiscono Nidaa Tunes il “partito degli uomini dei regimi di Bourguiba e Ben Ali”. Il giorno dopo Ennahda riconosce la sconfitta e la sua dirigenza inizia a ventilare l’ipotesi di una grande coalizione con Nidaa Tunes. Un fattore determinante nella definizione delle future alleanze parlamentari e di governo sarà l’esito delle elezioni presidenziali. Il leader di Nidaa Tunes – l’87enne Beji Caïd Essebsi, più volte ministro con Bourguiba – è dato per favorito, ma i candidati sono 27 e soprattutto non ci sarà la necessità del “voto utile” contro Ennahda.

Il voto del 26 ottobre è stato interpretato da molti come la “vittoria della laicità sull’Islam”. Io non posso fare a meno di pensare invece a Sara e Samer, che non hanno votato per Ennahda né nel 2011 né nel 2014, ma che sono entrambi musulmani osservanti. Durante le manifestazioni del 2013 neanche l’impietoso caldo dell’estate tunisina e i lacrimogeni li hanno convinti a interrompere il digiuno di Ramadan. Più che un referendum sull’Islam, le elezioni del 26 ottobre sono state il banco di prova di una coalizione di partiti – Ennahda si era infatti alleato nel 2011 con il Congrès pour la République ed Ettakatol, entrambi di ispirazione laica e progressista – valutata per il proprio operato negli anni della transizione.

Aychek, grazie Tunisia, dovrai ricordarci ancora tante volte che il tuo Risveglio è molto più di una lotta tra musulmani radicali e cattivi e laici buoni.

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