FotoIstanbul

La prima edizione del Festival di Fotografia organizzato nel quartiere di Beşiktaş, fino al 18 novembre

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2014/11/10715748_10154722656620088_1866699176_n.jpg[/author_image] [author_info]di Valeria Mazzucchi, da Istanbul. Di origine milanese, ho studiato Relazioni Internazionali e Diritto Internazionale a Ginevra. Da ormai un anno vivo nella più calda Istanbul dove sto scrivendo la mia tesi sull’acqua e il Kurdistan turco. Ho sempre amato cercare di raccontare le realtà che incontro e provare ad informare e adesso, dopo aver lavorato in un giornale ginevrino, provo a farlo attraverso dei progetti audiovisivi.[/author_info] [/author]

Se si va a prendere la barca per passare da Beşiktaş a Kadıköy, nel lato asiatico di Istanbul, è impossibile non notare grandi installazioni quadrate a pochi metri da lì. Ci troviamo di fronte a FotoIstanbul, la prima edizione del Festival di Fotografia organizzato nel quartiere di Beşiktaş, fino al 18 novembre, che ha portato nelle piazze e negli edifici del quartiere le immagini di grandi fotografi documentari.

Immagini che vengono dalla Turchia, dal Medio Oriente e dall’Europa, tutte riunite dalla volontà di testimoniare, attraverso una fotografia, specifiche realtà sociali.

In un container nella piazza centrale di Beşiktaş sono esposte le fotografie di Serkant Hekimci. Immagini in bianco e nero di una stazione ferroviaria in disuso e poi ritratti di giovani e anziani nella loro vita quotidiana intorno alla stazione. Another face of Istanbul é il nome della serie, in cui il fotografo turco indaga la realtà delle periferie. Infatti, in una città di 14 milioni di persone, la maggior parte abita in delle sterminate periferie dove i servizi di base e i trasporti sono praticamente inesistenti.

Molte delle persone fotografate da Serkant sono emigrate dall’Est della Turchia, da zone decentralizzate, per raggiungere Istanbul alla ricerca di possibilità economiche. Tuttavia, arrivate nella grande città, la loro vita resta ai margini della società e, pur vivendo a Istanbul da anni, non hanno mai visto il centro della città, né ci andranno mai se non attraverso i ritratti di Serkant.

Dall’altro lato della piazza sono esposte grandi foto: ritratti di donne e uomini con una luce esterna che illumina i loro volti. L’autore si chiama Kerem Yücel ed entrato nelle case dei rifugiati siriani nell’Est della Turchia. Il lavoro del fotografo è cominciato tre anni fa quando ha iniziato a lavorare con una ong per aiutare gli esuli siriani. E’ stato presente nei momenti del loro arrivo in Turchia, al confine, nel campo profughi, nelle sistemazioni che hanno trovato. È stato testimone dei problemi della lingua, del lavoro, dell’integrazione di questi profughi. Lo sguardo è intimo.

 

Guest, progetto fotografico di Kerem Yuncel

 

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Kerem conosce la storia di ognuno di loro: la dignità del professore che, benché viva in una piccola casa arredata con un solo materasso, ogni giorno si veste elegantemente in giacca e cravatta; la speranza di una giovane donna che tutte le mattine stira i vestiti di suo marito, ancora in Siria, aspettando che arrivi da un momento all’altro ; la sofferenza di una ragazza che mentre cercava di raggiungere la Turchia ha perso una gamba in un campo minato e aspetta la protesi adatta, un dono che tanti le hanno promesso, ma che non è mai arrivato.

Con ironia, Kerem ha deciso di chiamare Guest questa serie di foto, facendo riferimento a l’importanza dell’ospitalità nella cultura mediterranea e turca in particolare, dove l’ospite è sì il benvenuto per due-tre giorni, ma subito dopo si spera che vada via presto.

L’esposizione continua poco più lontano in un vecchio palazzo armeno abbandonato.

In questo scenario suggestivo sono esposte le foto di Metrography, la prima agenzia fotografica indipendente in Iraq. Metrography cerca di rispondere alla necessità di fare informazione indipendente in un paese cosi complicato. Per farlo riunisce undici fotografi iracheni guidati da Stefano Carini, il caporedattore dell’agenzia. Stefano è un giovane italiano, che ha studiato fotografia a Londra e ha deciso di trasferirsi a Sulaimaniyah in Iraq pochissimo prima che iniziasse l’offensiva dello Stato Islamico.

Ha dovuto quindi affrontare questa nuova realtà; per raccontarla Metrography si è concentrata soprattutto sui rifugiati iracheni che sono scappati dalle zone occupate dall’IS essendo inoltre queste zone inaccessibili per i fotografi. L’obbiettivo di Metrography è quello di indirizzare e formare i fotografi iracheni permettendo loro di lavorare in seguito autonomamente sul campo. I lavori esposti durante FotoIstanbul testimoniano la grande umanità e partecipazione di questi fotografi iracheni nel raccontare il dramma che sta vivendo il loro paese.

 

IL PROGETTO METROGRAPHY

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L’ultima tappa è il ritorno alla piazza e a City of Illusion, la serie di ÜÇ F, un collettivo di tre fotografi turchi che ha lavorato insieme ripercorrendo le antiche mura di Costantinopoli. In questa zona vengono spesso i turisti per osservare i confini dell’antica città e raramente si fermano a visitare i quartieri che queste attraversano. Balat e Ferner, gli antichi quartieri ebraico ed ortodosso, Sulukule e Mevlanakapi sono oggi la casa di una popolazione molto mista. Curdi, africani, asiatici, zingari ed altre minoranze abitano questi antichi quartieri di Istanbul.

Molti di loro sono venuti pensando di cambiare il proprio destino nella grande città, ma la loro situazione non è migliorata. Vivono cercando di preservare la propria identità e condividendola con gli altri come raccontano le foto dei matrimoni tradizionali in strada, delle danze, degli abiti e delle abitudini di tante diverse culture. Intanto la città cambia: i vecchi palazzi in legno vengono buttati giù, gli inquilini sfrattati e traslocati in altre lontane zone della città. Al loro posto vengono costruiti i moderni grattacieli ed i grandi centri commerciali in cui, le comunità che abitavano li da più di 600 anni, non potranno mai permettersi di vivere.

Cosi, mentre la cementificazione della città cancella con i suoi nuovi edifici la presenza di tante diversità, la fotografia ne lascia una testimonianza alle generazioni future.

 

 

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