Folletto 25603

Da Abbiategrasso, alle porte di Milano,
la storia di un ex casello ferroviario “rigenerato” 
dove “La Terra Trema”, ma non per i treni

Foto di Germana Lavagna

25.603 metri. Li indica il cartello affisso alla parete del vecchio casello ferroviario di Abbiategrasso. È la distanza tra questo edificio e Milano, uno dei capolinea del tracciato che dal capoluogo porta a Mortara. Ma 25603 è anche una parte del nome del laboratorio che da oltre dieci anni ha recuperato e trasformato questa costruzione, il Folletto 25603, appunto. L’altra metà viene dal quartiere popolare in cui il casello di via Lattuada sorge, la Folletta, toponimo a sua volta ereditato, pare, da una cascina che un tempo sorgeva in questo angolo di Abbiategrasso, un centro di trentamila abitanti un po’ periferia, un po’ campagna.

Paolo, che questa domenica è di turno al bar del Folletto (nelle foto sotto), fa parte del gruppo di ragazzi e ragazze che, a fine 2000, ha fatto nascere questa esperienza “nell’arida e soffocante provincia”, come recita un documento di quegli anni.

“Cercavamo degli spazi di aggregazione e il casello era in stato di totale abbandono, frequentato da persone emarginate, in alcuni casi con problemi di dipendenze. Noi l’abbiamo rimesso in sesto”.

Oggi è un locale a due piani agibile e colorato. Fuori, la facciata è impreziosita da una mosaico di graffiti, tra cui spicca la firma di Blu. Entrando, da un lato si trovano una veranda con la bandiera No Tav e un palco che, nonostante il passaggio dei treni (“l’ultimo transita verso mezzanotte”), ospita concerti e spettacoli. Dall’altro, si apre un giardinetto che si affaccia sul vicino parco comunale. “Noi ci abbiamo messo un rubinetto per l’acqua e abbiamo costruito un paio di giostre per i più piccoli” spiega Paolo. “All’inizio — ricorda — il quartiere ci ha visti con un po’ di diffidenza, ma poi i bambini sono stati i primi a rompere gli indugi ed oggi siamo assolutamente inseriti, anche perché Abbiategrasso rimane sempre un paese e quindi, bene o male, ci si conosce”.

 

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All’interno, i due piani e le tre stanze sono occupate da una biblioteca, da un laboratorio informatico con connessione internet gratuita e, appunto, da un bar dai colori caldi, pieno di adesivi, manifesti e chincaglierie varie.

Paolo sta dietro il bancone e racconta, lui per tutti. Ci tiene a sottolineare come l’opera di “rigenerazione” del casello sia frutto dello sforzo di tanti uomini e, soprattutto, di tante donne. Il Folletto, precisa “ha un’anima femminile”. È un luogo che è stato fatto rinascere grazie ad un impegno collettivo.

Grazie ad Andrea che è scappato a vivere a Milano, ma ogni tanto torna, in treno oppure in bicicletta lungo l’alzaia nel Naviglio. Oppure grazie a Simone che invece ad Abbiategrasso è rimasto perché ha deciso di fare l’agricoltore. Paolo, semplicemente, questa sera racconta a nome anche loro. “Di iniziative ne abbiamo fatte tante” riprende. “Dai concerti con gruppi italiani e stranieri, fino agli eventi per i bambini” dice mentre serve, oltre a qualche birra Moretti, acqua del rubinetto, un paio di birre artigianali (“prodotte qui ad Abbiategrasso”) e diversi calici di bianco, biologico e autocertificato. Un dettaglio piccolo, ma rivelatore dell’identità del Folletto. Nel corso degli anni, infatti, tra i tanti progetti pensati tra queste mura, uno dei più riusciti riguarda proprio il vino e l’agricoltura.

Si chiama “La Terra Trema” (LTT) e ha a che fare ancora una volta con quei 25.603 metri che separano Abbiategrasso dalla città vera e propria. “Il nostro paese è cambiato molto dalla nascita del Folletto: da zona rurale stiamo diventando sempre più l’estrema periferia di Milano, a tutto discapito del territorio”.

LTT, infatti, nasce proprio da una mobilitazione contro la cementificazione, nel corso della quale, nei primi anni duemila, i ragazzi del Folletto hanno intessuto e rafforzato i legami con i contadini della zona.

Da quel rapporto è nato un progetto “destinato a piccoli agricoltori per la valorizzazione, diffusione e costituzione di filiere corte auto-organizzate” che, ogni anno dal 2005, culmina all’inizio dell’inverno in una “fiera enogastronomica riconosciuta in Italia e Europa, realizzata in autogestione, senza sponsor, né patrocini, negli storici spazi del Leoncavallo s.p.a. di Milano”: La Terra Trema, appunto che quest’anno andrà in scena dal 28 al 30 novembre.

“Noi del Folletto — spiega Paolo, che indossa una felpa nera con il logo del progetto — ci occupiamo di contattare, conoscere e scegliere i produttori: tutti rispettano il criterio dell’autocertificazione e mettono in evidenza il prezzo sorgente”.

“Ogni anno abbiamo sempre più richieste. Dobbiamo fare una selezione vera, soprattutto per i vini. È una fatica, ma andiamo fieri di quanto abbiamo costruito in questi anni” dice sorridendo, prima di servire il prossimo avventore. Stappa la bottiglia, possa i bicchieri e si ferma, sistemandosi il cappello sulla testa. Per non rovesciare nulla aspetta che passi il treno, che sfreccia a pochi metri dal suo bancone. Poi, con calma e un sorriso, riempie i calici. “Salute”.

 

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