Le ansie di Kiev e i registri dell’OSCE

I russi pronti all’intervento militare?

 

di Giovanni Catelli, East Journal

 

21 novembre 2014 – L’atmosfera nella capitale ucraina, all’inizio del lungo inverno, è pesante e carica di dubbi angosciosi. Il riarmo massiccio e plateale delle due repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk viene condotto nelle ultime settimane a ritmo intensivo e senza nessuna residua ipocrisia. Incessanti colonne di carri armati e blindati sono giunti nelle due repubbliche separatiste dall’ormai virtuale confine con la Russia, insieme a batterie di razzi e missili di ogni tipo. Qualsiasi zona libera da edifici ai margini delle città di Donetsk e Lugansk è territorio propizio per il parcheggio dei mezzi militari, senza alcuna necessità di camuffamento. Testimoni oculari mi hanno parlato di interminabili colonne di carri e blindati in transito di fronte alle proprie finestre.

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I registri dell’OSCE

I due soli punti di confine vigilati pietosamente dall’OSCE sui 1576 chilometri dell’antica frontiera russo-ucraina, quelli di Gukovo e Donetsk, sorvegliati a turno da sedici osservatori nel corso delle 24 ore, vedono comunque passaggi di mezzi che in altri periodi sarebbero stati riservati a valichi sguarniti. Ad esempio, dai registri degli ispettori, martedì 11 novembre è entrata nella Repubblica di Donetsk una camionetta russa con l’iscrizione GRUZ 200, codice utilizzato per il trasporto dei caduti, e poche ore dopo ha fatto ritorno in territorio russo. Mercoledì 12 sono entrati 665 uomini e donne in abiti militari, così come 43 veicoli militari non immatricolati, cinque camion di artiglieria pesante e cinque recanti lanciarazzi multipli. Possiamo immaginare cosa accada per il resto dei 1576 chilometri di frontiera non sorvegliati.

Gli umori di Kiev

A Kiev i discorsi degli abitanti, e ancor più di coloro che hanno parenti nelle zone separatiste, sono improntati ad un cupo pessimismo. Si teme un imminente attacco delle forze russe e separatiste a carico dei territori liberati nell’estate dall’esercito regolare ucraino, ad esempio in direzione di Sloviansk e Lisichansk, che rappresenterebbe però solo l’inizio di un progressivo attacco all’intero territorio del paese: si mirerebbe alla conquista innanzitutto di Kharkov e Dnepropetrovsk, per poi inglobare Mariupol e la costa del Mar d’Azov sino alla Crimea. Odessa e la residua costa del Mar Nero sarebbero poi l’obiettivo finale per smembrare definitivamente il paese. Precise dichiarazioni in questo senso sono state rilasciate in un’intervista a Novaya Gazeta da Alexei Mozgovoy, capo del Battaglione Prizrak di Lugansk.

La Russia, ormai messa all’angolo dal consesso internazionale, e comunque non intenzionata a concedere all’occidente il controllo sull’Ucraina, potrebbe davvero decidere di rompere i residui indugi. L’eventuale consegna da parte della Francia della portaelicotteri della classe Mistral, in questi giorni auspicata dall’ex presidente Sarkozy, sarebbe ideale per condurre a termine un’operazione come quella ora ipotizzata. Ufficialmente si tratterebbe di un’espansione ad ovest dei territori separatisti, perché a livello formale la Russia non sa nulla delle migliaia di propri soldati e carri armati che in questi mesi hanno varcato il vecchio confine con l’Ucraina.

I canali televisivi russi mostrano speculari immagini di riarmo dell’esercito ucraino, e paventano un similare attacco a carico delle due repubbliche “protette”: dunque, in caso di sortita dei separatisti, l’ormai assuefatta opinione pubblica russa potrebbe legittimamente considerarla una forma di difesa da un possibile attacco delle forze di Kiev.

L’Europa attende

L’Europa si mostra silenziosa sulla situazione di questi giorni e timorosa nei confronti di nuove sanzioni che avrebbero un costo per la fragile economia dell’Unione. La Russia, anche a seguito della propria politica aggressiva, ha compreso di aver perduto in modo decisivo la maggioranza dell’opinione pubblica ucraina, che ormai guarda all’Europa per future alleanze: dunque deve giocoforza decidere quanta e quale parte del Paese intenda occupare militarmente prima che sia troppo tardi. Gli ucraini lo sanno, e temono le ore a venire come mai è accaduto dall’inizio delle manifestazioni che hanno dato vita alle due repubbliche separatiste, risposta russa alla rivolta del Maidan.


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