Dal Torino Film Festival

Due film che meritano di essere segnalati dal Torino Film Festival, due film molto diversi tra loro ma hanno forse un comune denominatore: le passioni

di Alessandro Rocca

 

28 novembre 2014 – Il Torino Film Festival è un altro festival. Un festival che regala emozioni vere. Siamo più o meno a metà strada e mi sento di segnalare due pellicole fra le molte proposte dal ricco cartellone della settimana torinese, con oltre 200 titoli in programma. Molto diverse tra loro, ma che hanno forse un comune denominatore: le passioni. La prima è WHIPLASH di Damien Chazelle, una storia di passione per la musica, il jazz in particolare e nello specifico per la batteria.

Nonostante la giovane età, Andrew Neyman si è posto un obiettivo molto ambizioso: diventare il miglior batterista jazz del prestigioso conservatorio di Manhattan a cui è iscritto, in modo da veder riconosciuto il suo talento. A pesare su di lui i fallimenti che hanno segnato la carriera di scrittore del padre. Una notte, mentre è intento a provare, viene scoperto da Terence Fletcher, docente conosciuto sia per l’abilità nell’insegnamento sia per i metodi poco ortodossi. Per Andrew mettersi alla prova con Fletcher rappresenta un’occasione imperdibile per dimostrare le sue capacità. Ma le pressioni esercitate su di lui dall’esigente insegnante, unite al desiderio maniacale di Andrew di affermarsi, metteranno a dura prova lo studente.

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Ma è il secondo film ad aver lasciato il segno: THE THEORY OF EVERYTHING – LA TEORIA DEL TUTTO di James Marsh. Anche qui la passione la fa da padrona: passione per la fisica, per la letteratura, passione per un’altra persona e per il cosmo e le origini dell’universo.

Due storie molto diverse. Ma se nella prima lo sviluppo della storia pare abbastanza lineare, con qualche colpo di scena, nella seconda tutto appare come sovrapposto, mettendo in secondo piano la realtà più lampante della storia: la malattia del professor Stephen Hawking, interpretato in maniera perfetta da Eddie Redmayne, attore anche di teatro, e con questa perfomance in odore di oscar. Nei primi anni Sessanta Stephen Hawking è uno studente di cosmologia di Cambridge determinato a trovare una spiegazione semplice ed eloquente per l’universo. Anche il suo mondo privato gli si rivela quando si innamora di una studentessa di lettere, Jane Wilde. Ma nel pieno della giovinezza la sua vita è travolta dalla diagnosi di una malattia dei motoneuroni che gli compromette movimento e linguaggio, lasciandogli, secondo i primi referti, solo due anni di vita. THE THEORY OF EVERYTHING è un film da non perdere, che fa commuovere, scritto e realizzato anche per questo e ci riesce benissimo nel suo compito, un film che parla di speranza, di amore senza condizioni, e di grandi passioni, come quella di Stephen per la fisica o quella di sua moglie proprio per lui. Un film che parla del prendersi cura, del non arrendersi mai, perché come dice il protagonista in una delle ultime inquadrature del film “finché c’è vita, c’è speranza”.

Fra gli altri interpreti della pellicola Felicity Jones nel ruolo della prima moglie Jane Hawking (il suo libro ha dato vita a questo film), Charlie Cox (Jonathan Hellyer Jones) ed Emily Watson (Beryl Wilde). Il regista James Marsh, una carriera come documentarista per il canale britannico Bbc, ha diretto il suo primo lungometraggio di finzione, Wisconsin Death Trip, nel 1999, divenuto con gli anni un cult movie. Con Man on Wire – Un uomo tra le torri (2008) ha ottenuto oltre venticinque riconoscimenti internazionali, tra cui l’Oscar 2009 per il miglior documentario. Con Project Nim (2011), invece, ha vinto il premio come miglior regista al Sundance Film Festival 2011.

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