Giudice di pace e immigrazione

Dalla prima ricerca sistematica sulla giurisprudenza per gli stranieri in attesa di espulsione emerge un quadro assolutamente negativo

tratto da Frontiere News

 

5 dicembre 2014 – L’Osservatorio sulla Giurisprudenza del Giudice di pace in Materia di Immigrazione ha raccolto e analizzato sistematicamente i provvedimenti emessi dal Giudice di Pace di Roma, Bologna, Bari, Firenze e Napoli, in un periodo compreso tra il 2013 e il primo semestre 2014, relativi ai procedimenti di convalida e proroga del trattenimento degli stranieri in attesa di espulsione e all’opposizione all’espulsione. Si tratta della prima ricerca sistematica sulla giurisprudenza del Giudice di Pace da quando, nel 2004, la sua competenza è stata estesa alla materia dell’immigrazione. La ricerca verrà presenta ufficialmente il 4 e il 5 dicembre presso l’Università di Roma Tre. A oggi l’Osservatorio ha raccolto e analizzato 639 provvedimenti.

 

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La fotografia che emerge dalla ricerca è quella di una giustizia amministrata in maniera sommaria, che non garantisce adeguata tutela dei diritti fondamentali, soprattutto in relazione a procedimenti, come quelli di convalida e proroga del trattenimento, dove è in gioco la restrizione della libertà personale.

Le criticità osservate riguardano aspetti diversi, che vanno dal quadro legislativo sostanziale, alla celebrazione delle udienze secondo un rito speciale camerale e un rito sommario che non consentono una cognizione piena della causa, a difficoltà organizzative degli uffici dovute altresì all’elevato grado di complessità della materia trattata, a prassi censurabili, fino alla doverosa denuncia di difese tecniche inadeguate.

 

Il controllo giurisdizionale sul trattenimento degli stranieri

 

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Già dal 2001 la Corte Costituzionale ha riconosciuto che il trattenimento degli stranieri presenta quel carattere di immediata coercizione che qualifica le restrizioni della libertà personale, pertanto il controllo giurisdizionale sul trattenimento deve essere pieno e assicurare l’effettività del contradditorio e del diritto di difesa.

In riferimento a tali aspetti, la ricerca ha evidenziato numerose criticità che vanno da prassi censurabili, come quelle di celebrare le udienze di convalida presso i Centri di Identificazione e Espulsione, invece che nei locali di udienza del Giudice di pace, a vere e proprie illegittimità, come nel caso di udienze di convalida dell’espulsione immediata celebrate nei locali della casa circondariale di Bologna. Va poi segnalato il gran numero di provvedimenti scarsamente motivati, o addirittura privi di motivazione, che sono stati individuati durante la ricerca. Tale circostanza, che viola un principio costituzionalmente stabilito ed è lesiva del diritto di difesa, è altresì sintomatica di irregolarità diffuse, che vanno dalla incompleta compilazione dei verbali alla celebrazione di udienze che non garantiscono un contradditorio effettivo.

 

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La ricerca ha considerato i Giudici di Pace di Roma, Bologna, Bari, Firenze e Napoli

 

In alcuni casi poi, carenze riconducibili al quadro legislativo deficitario di norme chiare sulla possibilità di riesaminare il trattenimento secondo scadenze più brevi di quelle prestabilite dalla legge, danno origine a prassi discutibili, come quella di decreti che utilizzano formule di convalida “sotto condizione”.

Nonostante i termini brevi, perentoriamente previsti per la convalida del trattenimento, la ricerca ha messo in evidenza come nella maggior parte dei casi la difesa risulti affidata ad avvocati nominati, almeno formalmente, come difensori di fiducia. Peraltro, in alcune sedi come Roma e Bari, pochi nomi di difensori ricorrono per la quasi totalità dei procedimenti, seppure non sia chiaro quando questi siano venuti in contatto con i trattenuti. Nel caso di Bari, uno stesso avvocato è risultato nominato in 128 procedimenti, ovvero oltre i due terzi del totale.

Nonostante gli avvocati risultino nominati di fiducia, e il loro compenso sia garantito dalla previsione del patrocinio a spese dello Stato, l’attività difensiva svolta è risultata in una gran numero casi insufficiente a garantire una difesa tecnica adeguata.

 

Le misure alternative alla detenzione e il rimpatrio volontario

 

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La direttiva europea 2008/115/CE ha stabilito che è legittimo ricorrere al trattenimento solo quando non possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive. Inoltre, il rimpatrio volontario dovrebbe essere preferito all’espulsione forzata degli stranieri dal territorio. La ricerca ha messo in evidenza come il ricorso a misure alternative alla detenzione e la concessione di un termine per la partenza volontaria, in luogo dell’esecuzione coattiva dell’espulsione, siano largamente disattesi. Solo nelle sedi di Firenze e Bologna (in questa seconda sede si segnalano 4 casi tra gennaio e marzo 2014) è stato riscontrato un numero significativo di procedimenti di convalida di misure alternative di fronte al Gdp. Deve essere peraltro segnalato che, nel caso di Firenze, il Gdp ha accolto le richieste della Questura in 50 casi su 51, anche in ragione del fatto che il contradditorio non viene di regola integrato da alcuna memoria difensiva.
Il trattenimento dei richiedenti asilo

Le norme sull’autorità competente per il controllo giurisdizionale sul trattenimento dei richiedenti asilo non sono interpretate uniformemente. Nonostante la Corte di Cassazione abbia ribadito più volte la competenza del Tribunale nel caso che il trattenuto abbia presentato domanda di protezione internazionale, la ricerca ha evidenziato molti procedimenti in cui la proroga del trattenimento è stata stabilita dal Gdp. Nella sede di Bari la difesa ha sollevato tra le eccezioni la pendenza della domanda d’asilo in ben 51 procedimenti (senza tuttavia eccepire l’incompetenza del Gdp). Anche nella sede di Roma, sono stati rilevati decreti di proroga del trattenimento di richiedenti asilo emessi dal Gdp invece che dal Tribunale, in particolare il Gdp di Roma si ritiene competente nelle more della decisione del Tribunale sul ricorso contro il diniego della protezione internazionale qualora non sia stata concessa la sospensione del provvedimento impugnato.

 

I procedimenti di opposizione all’espulsione

Per quanto riguarda i procedimenti di opposizione all’espulsione, la normativa europea prevede che al destinatario del provvedimento debba essere garantito un mezzo di ricorso effettivo. Perché il procedimento possa dirsi tale è necessario che il giudice possa sospendere l’efficacia esecutiva del decreto di espulsione. La normativa non è certo chiara al riguardo; va tuttavia segnalato come nella maggior parte dei casi i Gdp non rispondono sulla richiesta di sospensione dell’espulsione avanzata dalle difese.

 

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Un migrante – da Flickr

 

Questo dato va letto congiuntamente a quello della durata dei processi che in alcune sedi come Roma si protrae mediamente tra 4 e i 6 mesi (contro i 20 giorni previsti dalla legge). Ciò comporta che il ricorrente si trova per un lungo tempo in una situazione di incertezza rispetto ai propri diritti, dal momento che potrebbe essere rimpatriato anche prima di ottenere una decisione sul proprio ricorso. Più celeri sono risultati i processi a Firenze e Napoli.

 

Le osservazioni di sintesi qui formulate sono solo esemplificative delle molteplici criticità rilevate durante la ricerca che non consentono il controllo sulla uniforme applicazione delle leggi e la conseguente prevedibilità del rispetto delle procedure. I rapporti di ricerca sono pubblicati a questa pagina.

 

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