Il crimine della politica. La politica del crimine

Mafia Capitale a Roma. E prima l’Expo a Milano e il Mose a Venezia. Più una miriade di altre inchieste. Sembra la stessa storia da Tangentopoli ad oggi, ma così non è

di Bruno Giorgini

 

6 dicembre 2014 – La criminalità pare sempre più essere nel nostro Paese l’unico oggetto concreto della politica. In rapida sequenza associazione a delinquere, corruzione – che sul territorio nazionale da sola secondo la Corte dei Conti (2011) vale circa 60 (sessanta) miliardi l’anno cioè il 3 per cento del Pil – e concussione con gli annessi e connessi all’Expo di Milano, lo stesso, qualcosa in più qualcosa in meno (è difficile stargli dietro), a Venezia per il Mose, infine eccoci a Roma dove s’aggiungono altri reati attinenti in modo pieno l’esercizio della minaccia, della violenza e del ricatto. Nel mezzo una miriade di inchieste, avvisi di garanzia, qualche arresto, che non risparmiano alcuna regione del territorio nazionale, o quasi.

Ovunque sono coinvolti sia esponenti significativi del partito della nazione, leggi Pd, che della destra diversamente configurata, Lega, Forza Italia, fascisti ecc… Sembra la stessa storia da Tangentopoli (1992) a oggi, ma così non è.

Per l’intanto, la politica comunque la si voglia definire ha una quota di violenza insita ab origine. Seguendo Freud possiamo anche dirla così: il padre tiranneggia i fratelli, e si gode le donne, figlie e mogli. Poi i fratelli si mettono d’accordo per ucciderlo. Ma una volta eliminato il padre padrone, chi comanda? Allora per evitare di incorrere nello stesso rischio e incidente toccato al padre tiranno, i fratelli si spartiscono in modo egualitario il potere e le donne, nascendo così la democrazia. Ovvero la democrazia origina dal parricidio, e si costituisce affinchè la lotta per il potere non produca altri omicidi, in specie il crimine massimo della guerra civile.

 

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Roma – Augusto De Luca, da Flickr

 

In Italia le collusioni tra criminalità e politica democratica – il fascismo era intrinsecamente criminale – datano almeno dalla Liberazione in varie forme. In un rapido e assai incompleto elenco citiamo: la strage di braccianti e popolo il primo maggio del 1947 a Portella delle Ginestra perpetrata dal bandito Giuliano al soldo di agrari e, probabilmente, esponenti politici reazionari; la funzione di cerniera con la mafia assunta in modo semiufficiale da Vito Ciancimino a lungo sindaco di Palermo e proconsole di Andreotti; più vicino a noi il ruolo di Dell’Utri, anch’egli cerniera con Cosa nostra oltre che fondatore di Forza Italia e stretto sodale di Berlusconi; e che dire dell’influenza politica con voto di scambio conclamato e sugli appalti della ‘ndrangheta che impera dalla periferia milanese dilagando nell’hinterland e oltre in Lombardia; poi la serie di stragi e attentati alla bomba di matrice fascista nonchè statuale, i famigerati servizi segreti deviati cosidetti, quasi tutte a partire dalla strage di stato del 12 dicembre 1969 in Piazza Fontana guarda caso impunite; quindi tutto il groviglio della trattativa stato mafia, altro buco nero giunto a sfiorare il Presidente Napolitano e/o il suo più stretto entourage.

Ce ne è abbastanza da essere sconsolati e/o indignati, eppure quel che sta emergendo dalle intercettazioni e dalle pagine d’accusa rispetto alla terra di mezzo Mafia Capitale, l’associazione criminale guidata da Massimo Carminati, già militante dei NAR e della banda della Magliana, probabilmente intrecciata e protetta da ambienti dei servizi, rappresenta un salto di qualità rispetto all’ordinaria amministrazione e intreccio delle relazioni tra criminalità e politica.

Con Salvatore Buzzi affiliato alla banda oggi in carcere, l’organizzazione criminale programma e dirige la politica di accoglienza (si fa per dire) agli immigrati, ovvero su un problema politico sociale di primaria importanza per la stessa convivenza civile nella capitale d’Italia, fino a oggi i decisori sono stati un gruppo di criminali innervati nei gangli delle strutture pubbliche e dei partiti PD, FI e l’intera destra fino ai neonazisti, poi chissà.

 

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Roma – Augusto De Luca, da Flickr

 

Prendete fiato e pensateci con calma, si tratta di un fatto enorme. Salvatore Buzzi inventa la cooperativa sociale 29 Giugno e presiede il consorzio Eriches 29, con fatturati di parecchie decine di milioni di euro e un ampio spettro di sostenitori bipartisan certificato simbolicamente dalla cena immortalata dalle foto con Alemanno e Poletti, allora Presidente di Lega Coop, la rete delle cooperative un tempo dette rosse, che nulla vede, nulla sente, nulla dice, povera stella ingenua pulzella che rimase incinta senza sapere come, si usa dire in Romagna – ma si sa una abbuffata bipartisan non si rifiuta mai – e molti altri papaveri di varie parti politiche.

È Buzzi a proclamare che sulle spalle degli immigrati (e dei cittadini) si può guadagnare più che smerciando eroina – è questa nella sua accezione la tanto sbandierata sussidiarietà del privato sociale per coprire le carenze dell’ intervento pubblico!

Uno dei tratti d’unione è anche Luca Odevaine, già capo di gabinetto di Veltroni (oibò!) che si attiva per moltiplicare il numero di immigrati cioè i profitti della cosca, riuscendo a passare dai 250 stabiliti a oltre 2.500. Ma ecco che guardando le cose da questo punto di vista, si capiscono alcuni altri eventi. Carminati sa che qualcuno lo sta pistando – come si dice in gergo – e guarda caso si scatena una campagna invereconda e demenziale su tutti i media – pure quelli dell’establishment paludato come Repubblica, il Corsera, ecc… – contro l’unico che allo stato attuale dei fatti appare impermeabile a questo sistema criminale bipartisan, il sindaco Marino messo in croce per l’affaire della Panda rossa, ovvero un paio di multe causa divieto di sosta.

 

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Roma – Augusto De Luca, da Flickr

 

Intanto il partito della nazione Pd (guarda un po’ che coincidenza) invoca più o meno a mezza bocca un rimpasto della giunta, lasciando solo il sindaco nonchè volendo di fatto commissariarlo.

Adesso il ganzo fiorentino è costretto a commissariare l’intero Pd romano diciamo per “infiltrazioni mafiofasciste” e/o meno fortemente per acclarate collusioni con Mafia Capitale? Chissà, certo che il commissario designato, tale Orfini, già giovane turco di sinistra e, avendo cambiato verso da sinistra a destra, ora presidente nazionale del Pd per grazia ricevuta da Renzi, non pare all’altezza essendo più abituato a piegare la schiena nell’inchino servile che a raddrizzare le storture, specie etiche.

Infine la politica nazionale: lo scandalo romano bagna parecchio le polveri del ganzo toscano. Le elezioni che riteneva di poter vincere a man bassa, non paiono più così certe nel risultato, come già dicevano le recenti elezioni regionali. Il segretario del partito della nazione Pd è ancora il dominus incontrastato nel palazzo, ma fuori il suo spazio raggrinzisce, riducendosi ogni giorno, il suo cammino vacilla parecchio, insicuro, poco efficace, zoppicante persino nella grammatica della sua propaganda al solito spedita, e sta arrivando lo sciopero generale del 12 dicembre.

 

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