Una risposta unanime alla barbarie

A Parigi la grande manifestazione, per reagire alla rabbia e al dolore

Mathias Rollot è Architetto, Membro del Comitato Tecnico dell’EUROPAN, insegna presso l’Ecole d’Architecture de Paris-LaVillette. Attualmente Dottorando in Architettura a Parigi, ha scritto come saggista alcuni libri sulla filosofia e la città — tra cui Saint-Dizier 2020. Projet de ville (Chatelet-Voltaire, 2014), e l’imminente L’obsolescenza. Ouvrir l’impossibile (Metispresses, 2015).

* Qui il testo dell’articolo in francese

Al dramma sopraggiunto a Parigi questa settimana rispondono numerose manifestazioni di cittadini sia in carne e ossa che virtuali. Queste manifestazioni riscaldano i nostri cuori emozionati, dimostrando che la follia di qualcuno non ci deve fare dimenticare la profonda umanità di tanti altri.

Nous sommes tous Charlie. Il che non è senza spigoli, poichè ovviamente a una stessa lotta corrispondono delle politiche e delle reazioni differenti, e è vero che la comunità virtuale riprende in modo maggioritario la fiamma dei disegnatori proponendo una moltitudine di nuove caricature innocenti o prendendo d’assalto i forum per trasformarli in spazio di dibattito, ma troviamo anche su internet le proposte di Marine Le Pen che su twitter annuncia la sua intenzione di ristabilire al pena di morte o gli articoli di Thierry Meyssan invitano a considerare che gli ispiratori dei fatti sono Washington e Tel Aviv. Constatando tali divergenze, potremmo avere difficoltàa credere a una “stessa dinamica” di lotta.

Su tutti i social network, i siti d’informazione, i blog e le altre piattaforme di scambio, il messaggio è pertanto ben unanime: la libertà d’espressione di tutti vincerà dif ronte alla follia furiosa di qualcuno. Ancora una volta internet ci dimostra la sua capacità di accogliere degli spazi di parole, di trasformarsi in un network di scambi autonomi e spontanei tra i suoi utenti.

Ma l’evento in tutta la sua gravità in ogni modo ce lo ricorda: è proprio in strada e nei locali dei palazzi che si spara, si muore, cola il sangue. E’ nello spazio fisico incarnato che si versano le lacrime e non nel web. Quindi ripetiamolo: la resistenza si organizza nei luoghi fisici della città conviviale ( società civile urbana), la resistenza fonda i territori effimeri degli incontri e del lutto, la resistenza è anche il fatto di sostegno incarnato – c’è qui un atto di una importanza fondamentale che il dinamismo di internet non può farci dimenticare.

Foto Mathias Rollot

 

Place de la Republique

Bisogna anche rallegrarsi che il web e ciò che permette non abbia completamente rimpiazzato le assemble fisiche e le manifestazioni dove ci si sgola. Dappertutto nella capitale, i bar le panettreie si sono trasformati in spazi di dialogo. Dovunque in Ile de France, i saloni di parrucchiere e i ristoranti hanno aperto le porte a conversazioni intense d‘emozione. E nello spazio pubblico di tutto il paese ma anche in tutta Europa e pure nel mondo intero, delle riunioni e delle manifestazioni simili sono state recensite. E’a queste riunioni che vogliamo qui rendere omaggio. E quale di questi era il più forte sul piano simbolico se non quello della parigina Place de la Republique?

Se è fondamentale che lo spazio pubblico della città sia anch’egli un cuore attivo della resistenza umana in tutta la sua diversità, abbisognano per questo degli spazi urbani capaci d’accogliere l’imprevedibilità del libero arbitrio, la spontaneità della rivolta,, la sorpresa ogni volta nuova dello stare insieme e delle sue dinamiche. E in questo senso non poteva certo esserci un destino più nobile per Place de la Republique rimessa a nuovo che quello di ospitare questa manifestazione di sostegno. Questo mercoledì 7 e giovedì 8 gennaio, nella convivialità densa di emozioni incarnata da più di 35.000 persone ogni sera, la piazza è divenuta un simbolo forte della resistenza repubblicana di fronte alla barbarie. Per qualche ora si è trasformata in una vera propria reale piazza della repubblica.

Una informazione potrebbe sfuggirea chi non ha conosciuto Place de la Republique prima della ristrutturazione : la piazza urbana – o piuttosto rotonda urbana che era allora questo luogo – sarebbe stata semplicemente del tutto incapace d’accogliere un tale assembramento di cittadini. Questa constatazione, come ben si capisce, non attiene la nobiltà della pavimentazione umana, d’armonia del design dello spazio pubblico o di qualità tecnica dell’illuminazione pubblica. La questione non è estetica ma etica; è questione dell’offerta che propongono i nostri spazi pubblici di fronte ai nostri desideri di riunirci, spesso in due o tre, ma avolte anche, come oggi, in 35.000. Quali condizioni offre oggi l’urbanistica ai cittadini per poter incarnare la resistenza? Prima che fosse vinto il concorso nel 2010 e resa agibile nel 2013 la Piazza, questo spazio pubblico non poteva in realtà permettere l’evento: Con i suoi 280 m per 120, e il suo nuovo rapporto tra automobili e pedoni (1/3 per le automobili, 2/3 per i pedoni), la Piazza è oggi il più ampio spazio pedonale di parigi, con più di 2 ettari di superficie pedestre. E si è rivelata essere all’altezza del suo dovere.

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Foto: Mathias Rollot

 

Un’urbanistica per offrire le condizioni della possibilità di resistenza civile dei cittadini

Dalla sua invenzione e sviluppo fatta da Ildefons Cerda più di un secolo fa, l’urbanistica come disciplina teorica e pratica ha ovviamente ricevuto qualche critica. Contro le lottizzazioni e le altre zone da “urbanizzare”, Jean-Paul Dollè scriveva specificamente che l’urbanistica “è la tecnica dell’era della devastazione della terra”, che “trasforma i mortali in animali tecnicistizzati privati del potere di abitare”. Nello stesso modo, rispetto alla sua dimensione tecnocratica o di città generiche che l ‘urbanistica contribuisce talvolta a produrre in serie, abbiamo visto rivendicare il diritto alla città (Lefebvre, Harvey) o invocare gli scritti d’Ivan Illich sulla convivenza, l’autonomia dei popoli e le loro arti d’abitare; mentre storicamente a Parigi il popolo è massivamente insorto contro le gigantesche distruzioni operate dal barone Haussman o la cosntruzione delle Halles o del Centro Pompidou.

Ma, bisogna riconoscerlo, l’urbanistica come disciplina del pensiero e de la messa in forma della città s’illustra a volte anche per delle belle realizzazioni democratiche, e la nuova Place de la Republique di P.A. Trévelo e A. Viger-Kohler è una di queste. Qui quest’arte ritrova i suoi tratti di nobiltà, in particolare questa capicità fondamentale che essa solo possiede: quella di riuscire a offrire le condizioni di possibilità di lotte dei cittadini. Ovviamente, come l’avevano voluto gli urbanisti, “ le ristrutturazioni di Place de la Republique s’ è appoggiata sul concetto di un palcoscenico aperto ai molteplici usi urbani” Mai, in modo ben più potente dell’”uso urbano”, la manifestazione della democrazia che attualizzano le assemblee di questa settimana, mette in valore in modo spettacolare il carattere fondamentalmente politico di questo spazio vuoto centrale che è la piazza. In altri termini, con il sostegno a Charlie Hebdò, il potenziale democratico immenso che la piazza pedonale più grande della città si libera; con questi raduni di popolo Place dela Republique si è realizzata come autentico spazio urbano. Trasformandosi in un immenso palcoscenico aperto alla cittadinanaza, ha dimostrato un volta di più quale era la sua prima vocazione: offrire una spazialità urbana aperta alla resistenza in carne e ossa. Mai la risorsa latente che incarna era stata così potentemente visibile nella sua dimensione politica. C’è stato bisogno per questo che avvenisse il fatto più terribile dela capitale opo il 1945 – l’assassinio di 12 persone alla sede di charlie Hebdò.

 
B Croquis Antoine Begel
Bozzetto di Antoine Begel

 

Charlie Hebdò, democratico liberatore da sempre

Gli psicopatici addestrati a uccidere che sono all’origine del dramma, qualcuno ci risponderà, si sono anch’essi serviti dello spazio pubblio e del territorio urbano per portare a termine la loro azione. La viabilità ha condotto i loro atti disperati. E nessuna polizia nè alcuna polis è riuscita a arrestare la loro folli per oltre 48 ore.

E’ ben vero che la città in quanto i suoi edifici e strade non può di per se stessa lottare contro la barbarie – e a questo proposito cogliamo l’occasione ricoradre tanto l’inefficaia quanto al pericolosità dell’urbanistica «sicuritaria», di un’urbanistica pensata come metodo di controllo e di messa a norma dell’urbano. Al terrorismo che pretende di combattere fa da contraltare il terrore che dispiega. Ben al contrario i luoghi sono fatti per essere stravolti, ribaltati, presi di sorpresa – e fortunatamente è generalmente per la più grande felicità di tutti. La vitalità urbana che si è impadronita di Parigi dopo il dramma lo ha mostrato: è nella sua dimensione politica imprendibile che bisogna cercare la nobiltà dell’urbanistica –la qualità di un disgno urbano va proprio giudicata per la sua capacità di ospitare eventi imprevedibili.

Si era mai visto un uso più bello d’una panchina di quello consistente a starci insieme in 2, 3, 6, 7 persone per brandire striscioni, cartelli, matite a sostegno della libertà d’espressione malmenata ?
Si era mai visto un uso più bello di una piazza pedonale di quello che consiste a ritrovarcisi, senza un grido, in molte decne di migliaia di persone per commerare insieme una causa comune? Si era mai vista un’arte più bella di quella che ci offre la possibilità di una resistenza urbana, di una lotta civile, di una commemorazione che si fa carne e ossa?

Lunga vita all’urbanistica della libertà d’espressione.

(La traduzione è di Bruno Giorgini, che ringraziamo)

 



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