Palestina: parla Salameh Ashour

Dopo le due mozioni sul riconoscimento dello Stato palestinese approvate ieri dal Parlamento, un’intervista con il rappresentate della comunità palestinese di Roma e del Lazio

La linea, molto poco sottile, è tra il “riconoscere” e l’“impegnarsi alla promozione del riconoscimento”. Secondo le leggi algebriche, più per più fa più, più per meno fa meno. Anche la Camera dei deputati le applica e le due mozioni approvate, contrastanti, presentate da Pd e Nuovo Centro Destra, suscitano subito la soddisfazione dell’ambasciata di Israele: «Accogliamo positivamente la scelta del parlamento italiano di non riconoscere lo Stato palestinese e di aver preferito sostenere il negoziato diretto fra Israele e i palestinesi, sulla base del principio dei due Stati, come giusta via per conseguire la pace».

Più per meno fa meno. La formula: il “più”, seppur blando è la mozione del Pd, con la proposta di «continuare a sostenere in ogni sede l’obiettivo della costituzione di uno Stato palestinese che conviva in pace, sicurezza e prosperità accanto allo Stato d’Israele, sulla base del reciproco riconoscimento». 300 voti favorevoli e 45 contrari. Il meno è di Ncd, con 237 sì e 84 no, che impegna il governo a promuovere il raggiungimento «di un’intesa politica tra il gruppo islamico Hamas e il suo antagonista laico Al-Fatah che, attraverso il riconoscimento dello Stato d’Israele e l’abbandono della violenza determini le condizioni per il riconoscimento di uno Stato palestinese».

Un voto non vincolante dal punto di vista giuridico, un «simbolo del generale disorientamento che vive il Paese» commenta Salameh Ashour, rappresentate della comunità palestinese di Roma e del Lazio, che spiega l’umore in Italia e in Europa circa una questione che non solo è oggetto di polemiche politiche, ma anche un problema di coerenza. E di matematica.

Un sì che è anche un no.

Immagine di un Paese che vive una situazione di disorientamento, di confusione in un certo senso, e di coerenza. Perché quando si volevano inventare scuse per il non riconoscimento dello Stato palestinese, si sollevava subito la situazione interna al mondo palestinese, si parlava di conflitti tra  Al Fatah, Hamas, di conflitti interni… come se Israele  fosse l’esempio più bello di pace e armonia sociale! All’interno della sua società, invece, ci sono conflitti e contrasti terribili.

Come risponde a chi sostiene che sia un voto “prematuro” quello di un riconoscimento diretto?

Chi dice questo in realtà non è onesto con se stesso. Vuol dare tempo a Israele di confiscare più terreni e permettere ai fanatici sionisti di creare nuove colonie. Noi abbiamo detto “due stati, due popoli”, ma se non votano il riconoscimento di questo Stato, vuol dire che automaticamente e tacitamente danno il permesso a Israele di continuare in questa sua politica di confische dove deve sorgere il territorio della Palestina. In Cisgiordania, ormai ha confiscato il 60 per cento dei territori e lo fa senza diritto, creando colonie illegittime, condannate dalla stessa Europa.

Allora i governi europei sono falsi o sono sinceri nella loro azione diplomatica?

Faccio l’esempio di due fratelli che che litigano e tu devi metterli d’accordo. Uno ha le mani attorno al collo dell’altro per ucciderlo, è più prepotente, è più forte, ha le armi. L’altro è disarmato e più debole. Il primo sta ammazzando e il secondo e tu dici: “Bravi, mettetevi d’accordo”?

Che peso avrebbe il riconoscimento “formale” italiano di una sovranità palestinese ?

Sicuramente farebbe riflettere Israele sul fatto che c’è la legge internazionale e la comunità internazionale che non può più fare finta di non vedere.

Il 17 marzo elezioni in Israele. Cosa succederà?

Israele non ha mai vissuto un periodo così buio come quello che sta attraversando adesso. La voce della ragione è affossata, indebolita moltissimo. Molti in Israele sono i fanatismi che stanno facendo una campagna elettorale su chi sarà il più aggressivo e violento contro lo Stato palestinese, una gara a non prendere neanche in considerazione la sua esistenza. Netanyau dichiara di voler visitare la moschea di Hebron. Che cosa ci va a fare? È pura propaganda politica e, quando si arriva a questo livello, vuol dire che c’è è una povertà di contenuti e proposte politici incredibile. Anche molti grandi intellettuali del mondo provano dolore nel vedere come si è ridotto Israele: decide tutto in un fanatismo galoppante, terribile”

Come vede l’ultima ondata di antisemitismo in Europa?

Esiste un certo antisemitismo e anti-islamismo e anti-diversità. Molto dell’antisemitismo di oggi, che ritengo essere sbagliato, è dovuto all’atteggiamento di Israele nei confronti del popolo palestinese. Io sono contro ogni discriminazione razziale e religiosa.

Gli ebrei li considero miei fratelli. Combatto solo contro il male che mi è stato fatto dagli ebrei sionisti e prego Dio perché sani i loro cuori, per vivere in pace.

Antisemitismo vuol dire essere “contro gli uomini”, una forma di odio e intolleranza, una reazione di alcuni gruppi di persone, che per ideologia possono essere anche anti-islamici, anti-stranieri. Oggi trovi una violenza simile che scoppia ad esempio tra romanisti e laziali. Siamo noi che dobbiamo educare i nostri figli al rispetto dell’altro. Quando c’è la cultura non ci sono “anti”, ma rispetto dello spazio che ognuno deve dare all’altro per ascoltare almeno le sue idee. La buona educazione, la conoscenza e la buona cultura oggi mancano più che mai.

Il riconoscimento della Palestina è una possibile arma contro l’Isis?

È un’arma contro ogni tipo di reazione che possa essere violenza e odio. Riconoscere la Palestina toglie all’Isis una delle sue “ragioni  di reclutamento” fra gente che accusa l’occidente delle disgrazie del popolo palestinese e non solo. Molte masse musulmane pensano che le loro sofferenze siano causate da Israele e dall’appoggio che ha dai paesi occidentali. Isis non ha mai portato avanti la causa della Palestina, ma un palestinese o un arabo può dire «vorrei appartenere all’Isis perché domani potrebbe andare contro Israele». Ma io dico che è solo violenza. Non ci sono giustificazioni nel Corano. La sacralità per la vita umana è più importante della sacralità della casa di Dio a La Mecca. È questo che la religione islamica insegna.

Isis è la creazione di qualcuno, ha lo scopo di frammentare e destabilizzare il Medioriente, per far passare l’idea che solo stati confessionali possono sopravvivere e tenere le redini dei paesi dell’area.

Questo, nel disegno, giustifica anche la creazione di uno stato sionista: dimostrare che la convivenza è impossibile, ne legittimerebbe la piena costituzione.

 

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