Il caleidoscopio delle elezioni francesi

I risultati delle elezioni francesi sono cangianti a seconda del prisma attraverso cui li guardi.

Se ci concentriamo sui grandi insiemi politici, destra estrema, centrodestra repubblicano e/o democratico, sinistra, abbiamo il Fronte Nazionale (FN) al 25.19%, il centrodestra repubblicano UMP, UDI, DVD e varie al 37.3% e la sinistra di socialisti, comunisti a vario titolo, verdi al 37.1% (dati definitivi del Ministero degli Interni).

Qualcuno perciò scrive che emergono tre Francie, dove il centrodestra liberale gaullista democristiano e la sinistra di ogni sfumatura si equivalgono, mentre il FN sta indietro di dieci punti. Quindi deducendo che il FN è sì robusto, ma non abbastanza da travolgere la tradizionale alternanza politica tra centrodestra democratico e sinistra, architrave della V Repubblica. Inoltre il FN non ha raggiunto il traguardo simbolico del 30%, predetto dai sondaggi, che gli avrebbe permesso di diventare il primo partito. Però se incliniamo un pochino il prisma, c’accorgiamo che oltre il 60% dei francesi votanti ha cuore e testa a destra, e che la destra liberale e gaullista ha preso in prestito non pochi argomenti e sentimenti propri del FN, tra cui l’ostilità verso gli immigrati, l’idea che il trattato di Schengen sulla libera circolazione dei cittadini europei va rivisto in senso fortemente restrittivo e nazionalista, una concezione della sicurezza fondata su una capillare rete di controllo e repressione politico-sociale a maglie via via più strette. Inoltre, si dice, la sinistra ha complessivamente tenuto.

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Abbastanza vero, almeno non si è verificata la frana tanto temuta, ma di fatto quel 37% di voti “di sinistra” sono traversati da una frattura cospicua tra la cosidetta maggioranza presidenziale formata da socialisti, radicali di sinistra con altre sigle (28.13%) e il Front de Gauche composto dai comunisti e altre forze anticapitalistiche (un pelo sopra l’8%), nonchè i verdi (2.03%) sempre un po’ ondeggianti tra gli strapuntini del governo e i banchi dell’opposizione. Siccome siamo arrivati ai partiti, l’UMP (Union pour un Mouvement Populaire) erede del gaullismo oggi guidata da Sarkozy redivivo ha preso il 29.4%, primo partito, mentre il PS si è fermato al 21.85%, cosìcchè la destra classica ha brindato e socialisti hanno tirato un sospiro di sollievo ottenendo uno score “honorable”, come lo ha chiamato il primo ministro Valls. Tanto più honorable se misurato col metro dell’impopolarità di Hollande, che dopo una breve risalita nel gradimento dei francesi durante i giorni dell’attacco a Charlie Hebdò e della grande manifestazione dell’11 gennaio, ha ripreso a scivolare nello sprofondo. E il FN? Sì non ha superato il 30% promesso da Marine, la vague bleu marine è stata un pochino più bassa del previsto, essendo comunque il miglior risultato della sua storia. Inoltre il Fronte pare installato in modo stabile su ampia parte del territorio con un classe dirigente del partito che si muove ormai a suo agio nelle istituzioni, non rinunciando per questo a fare la voce grossa sui tradizionali cavalli di battaglia, contro gli immigrati, l’invasione musulmana, l’identità e la sovranità nazional nazionalista, le politiche xenofobe – dico le politiche e non le grida demagogiche – gli attacchi virulenti contro le cricche finanziarie d’Europa (più o meni testuale).

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Se il nostro prisma scende a dare i numeri in fino ecco che il colore della carta di Francia si incupisce, diventa se non nero parecchio più scuro. Sui 101 dipartimenti in ballo, il/la candidato/a del FN arriva primo in 43, poco meno della metà! Poi su 2054 cantoni – sì c’erano anche elezioni cantonali accorpate (i cantoni sono una sorta di struttura amministrativa tra la città e i territori circostanti) – il FN andrà al secondo turno in 1100, mentre la sinistra è assente, fuori per scarsità di voti, in 524 cantoni, un quarto del totale. La destra e’ stata la piu’ votata in 821 cantoni, i socialisti e i loro alleati in 512 e il Fronte Nazionale in 326. Spostiamoci sui già eletti al primo turno nei consigli dipartimentali. Su 244 dato di questa notte, la destra ha 182 eletti, il PS 17, la maggioranza presidenziale 21. I 24 che mancano nella somma per ottenere 244 sono sparpagliati in liste locali, noi diremmo civiche, difficilmente classificabili nella tripartizione FN, destra, sinistra.

Quindi dopo questo profluvio di cifre cosa possiamo dire. Che sul ring sono ormai in tre a incrociare i guantoni. Che nessuno dei tre è finito KO. Che il PS però vacilla assai. Che il secondo turno non sposterà molto, sperando che il muro tra FN e destra, UMP in specie, non venga scavalcato nè tantomeno abbatuto, consapevoli però che la frontiera tra i due diventa, almeno a livello di base e di quadri intermedi, sempre più porosa e permeabile.

I tre pugili sono Nicolas Sarkozy, Marine Le Pen, Manuel Valls, mentre Hollande sta a bordo ring non sappiamo se volente o nolente. Certo l’alfiere della maggioranza presidenziale è Valls battendo la Francia quasi porta a porta, attaccando il FN con parole durissime, invitando i militanti socialisti a scendere in campagna, senza risparmiare Sarkozy.

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Certamente l’affluenza inaspettata (oltre il 50%) alle urne, che ha invertito una tendenza più che decennale all’aumento dell’astensione, è dovuta anche, se non soprattutto, al suo impegno diretto contro il FN e la destra. Valls, il più destro dei socialisti, forse proprio per questo potendo salire sul ring senza nessun complesso, ha rivendicato con orgoglio la militanza nel PS e l’azione di governo, ha tuonato contro l’apartheid sociale, ha usato un linguaggio inusuale per violenza verbale contro Marine Le Pen e Nicolas Sarkozy. Le Pen mi è parsa, per la prima volta da quando la vedo in azione sui plateaux televisivi, quasi scossa, accusando Valls di incitare all’odio e alla discriminazione verso gli elettori del FN, e chiedendone le dimissioni. Cosa che finora aveva accuratamente evitato di fare per accreditare la sua immagine di leader legalitario, rispettoso della divisione dei poteri costituzionali e dei differenti ambiti elettorali, talchè le elezioni dipartimentali e cantonali essendo amministrative non possono – qualunque ne sia il risultato – mettere in discussione l’assetto politico legislativo e di governo. Infine Sarkozy, che in pochi mesi ha rimesso in piedi e in gara una destra che appariva tramortita, divisa e senza grinta, le ha dato un programma politico e ha chiarito che più destra di lui non c’è nessuno, almeno se si vuole rimanere nel recinto della democrazia per quanto auroritaria e dell’Europa. Da ultimo il secondo turno vedrà la desistenza repubblicana dei socialisti, e della sinistra tutta, a favore dell’UMP nei casi di confronto tra la destra e il FN, mentre Sarkozy ha dichiarato “nè col FN nè col PS”. La prima incrinatura nell’implicito patto repubblicano anti Fronte Nazionale, una faglia nel muro.

 



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