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10. Il quarto lato (parte 1)

È la mia mano invecchiata anzitempo in fondo al mio braccio quella che serra le dita in un pugno che non è troppo grande e non è troppo forte e che tuttavia sbatte violento sul muro colorandosi a schizzi del rosso del sangue che è il mio ma che altrove è anche il sangue del mio piccolo Giacomo biondo.

09. Elementare

Per la terza volta nella nostra vita affidata congiunta attraversiamo il portone che dà sull’androne che dà sulle soglie che danno dentro le piccole classi e subito noto che i muri sono freschi del bianco dato durante l’estate. Spariti sono i disegni dei bambini, e andate sono le cartine dell’Italia geografica dell’Europa politica. Resiste invece rigida nel suo angolo alto la madonna con le braccia conserte di gesso, che anzi appare ancora più rosa ancora più azzurra nel contrasto con il candore d’idropittura che la circonda.

08. Una così piccola cosa

La faccia attorno a quella bocca attorno a quella lingua non la ricordo, ma era certo troppo truccata, sicuramente affiorata dal rumore dantesco bianco di un bar in una sera di quei primi tempi della mia deriva, cinque anni fa.

07. Sic et simpliciter

Succede ogni estate. Giacomo parte e restiamo lontani più giorni di un mese. Lui non telefona e quando lo chiamo risponde sillabando tenue come fanno i bambini di cinque e poi sei e poi sette e poi otto anni che hanno altro da fare. Oppure è Simona che lo distrae con una foto da scattare, un bicchiere da bere, una doccia da fare. Sempre in quei due minuti in cui chiamo, qualsiasi sia l’ora in cui chiamo.

06. Baby fiducia

Filtrano tra i rami senza cautela come lame bianche cangianti mai parallele e sono i raggi del sole che si muove oltre l’albero sotto cui siedo. Sto su una panchina dove non arrivano i motori ma da cui posso seguire le rondini salire e poi virare e poi sparire dietro basse chiome bigioverdi o tetti geometrici piatti, l’orizzonte impedito dall’architettura popolare suburbana.

05. Al fronte

Sono tre ed entrano senza salutare; non chiedono dove possono mettersi ma vanno dritti a un tavolo da sei e ci si installano, sparpagliando le proprie cose ovunque, sul tavolo sulle sedie per terra.

04. Il nuovo nord

Più che un luogo, è un inciso, un intervallo: ha spazi piccoli dedicati a funzioni normali, le quali rimangono però disattese inattive potenziali, perché questo è un territorio, non ostile ma alieno, in cui torni la sera, esausto vinto battuto, e da cui evadi lesto al mattino, per farti esaurire vincere battere ancora.

03. Preistorie

Il triceratopo mi fissava cieco con occhi posticci che tradivano la sua natura, che in un tempo per me inimmaginabile era stata erbivora quindi mansueta quindi spacciata.

01. Prologo in teatro

Se lo cerco nella memoria, anche dopo cinque anni lo rivedo esattamente com’è: un corridoio troppo illuminato, con stanze numerate a due cifre su entrambi i lati. Tra una porta e l’altra, ticchettano sghembe sul pavimento poche sedie pressostampate, e sono tutte occupate dall’anello debole dei due, quello che piange. L’altro sta in piedi e ha la faccia fissa fradicia dura come appena scolpita nel marmo.