Il buco nel mare

Il buco nel mare è un viaggio nella memoria di un figlio della Taranto umida e malfamata, subalterna a quella dello sviluppo industriale. È il sogno miope e romantico di un uomo, ora sui cinquanta, di restituire la città al mare e il mare alla città.

Tratto da www.audiodoc.it

[author] [author_image timthumb=’on’]http://www.audiodoc.it/file/Ornella%20%20Bellucci.jpg[/author_image] [author_info]Ornella Bellucci Giornalista professionista, collaborazioni con Radio Popolare, il manifesto, Radio3, RadioArticolo1, Lo Straniero. È socia Audiodoc. Attualmente cura la regia del programma Passioni, trasmesso da Radio3, testata con la quale collabora come autrice. Con le sue inchieste e i suoi documentari vince diversi premi giornalistici. [/author_info] [/author]

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Lino, una volta fuori dal carcere, sperimenta che costruendo gabbie nell’acqua e allevando pesci, col mare può creare mercato. Ne appronta tre, quattro in un lembo di Mar Piccolo che occupa abusivamente, riempiendole con semenza di fortuna. Poi realizza il sistema di gabbie come da brevetto, «un brevetto per misurare quanto produce il mare». Mette su una cooperativa per il reintegro lavorativo delle persone detenute, si chiama Fame (la cui ulteriore finalità è risolvere il problema della fame nel mondo). L’idea è assumerne almeno tre, con l’obiettivo di offrire, lui dice, un buon esempio di come «allevare il mare con il mare» senza ricorrere a mangimi industriali. «Sai perché il Mar Piccolo è unico al mondo? Perché ha miscelato acqua dolce e acqua salata ed è attraversato da correnti ben temperate, che favoriscono la crescita del pesce. A Taranto», dice, «il problema non è l’inquinamento, né la scarsità di lavoro, né il degrado. A Taranto il problema è l’ignoranza. Qui chi gestisce è ignorante. Una città così ricca di valori, di storia… Non crederò mai che trenta, quarant’anni di siderurgia hanno potuto distruggere tutto». Questo mare unico al mondo, un tempo l’unico a carezzare la città e a sfamarla. Battuto dai pescatori giorno e notte e ricoperto d’oro dagli allevatori di cozze; questo mare piccolo ma grande… in continuo scambio con l’altro mare, quello che i tarantini chiamano il Grande, e che si apre a perdita d’occhio oltre il Ponte Girevole (la lingua di ferro che collega la città vecchia alla nuova). C’è una storia che Lino racconta, risale al 1951. È l’anno in cui la Città Vecchia – in particolare quel lembo di Isola in cui viveva – si è svuotata. Quando i residenti, in seguito alle operazioni di bonifica avviate dal governo cittadino, sono stati trasferiti in quelli che oggi sono i quartieri più periferici della città nuova. Lino racconta che suo nonno e altri pescatori rimasti nell’Isola quell’anno avevano preso a setacciare da riva il Mar Grande. Arrivavano all’alba, con grandi retini. Quello che tiravano su lo trasferivano in cestelli forati che avevano fissato con lunghe corde in Mar Piccolo. E dopo una settimana, «sai cosa c’era dentro?». Lino posa la penna e mi guarda: «La vita». (da “Il mare che non c’è”, di Ornella Bellucci (Il corpo e il sangue d’Italia, AA.VV. minimum fax 2007).



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