Intervista a Kalina Yordanova, ricercatrice universitaria e partecipante alle proteste di Sofia, che da settimane scuotono la Bulgaria, membro Ue in crisi politica ed economica
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/06/Schermata-2013-06-15-alle-20.39.17.png[/author_image] [author_info]di Francesca Rolandi. Storica, ha portato a termine un dottorato in Slavistica e si occupa di studi sulla Jugoslavia socialista. Ha vissuto a Belgrado, Sarajevo, Zagabria e Lubiana e ha provato a raccontarle per PeaceReporter, Osservatorio Balcani Caucaso, Cafebabel e Profili dell’Est[/author_info] [/author]
In che modo sei stata coinvolta nelle proteste?
Seguo regolarmente le proteste, che si svolgono ogni giorno dalle sei e mezzo fino a mezzanotte. Si parte dalla sede del governo, si raggiunge il parlamento, e poi le sedi dei due partiti che formano la nuova coalizione di governo nata dalle elezioni del 12 maggio 2013, il Partito socialista e il Movimento dei diritti e delle libertà [partito della minoranza turca]. Ora sono 22 giorni che le proteste vanno avanti. Dalla settimana scorsa alcune persone, soprattutto studenti, hanno iniziato a ritrovarsi per il cosiddetto Caffè del mattino, dalle 8 alle 10 circa, che consiste in un tentativo di bloccare l’ingresso del Parlamento. È difficile fare stime, ma è probabile che più di 10.000 persone, in alcuni casi anche 20.000, siano scese in piazza in diverse occasioni, sebbene i media bulgari non offrano un’immagine veritiera dei numeri e giochino al ribasso.
Qual è stato l’elemento catalizzatore delle proteste?
Uno dei primi atti del nuovo governo è stata l’elezione a direttore esecutivo della Agenzia per la sicurezza nazionale di Delyan Peevski, che rappresenta un simbolo della corruzione e della criminalità in Bulgaria. Nel 2005 fu nominato ministro per le Situazioni di emergenza nel governo formato dal partito socialista, ma finì poco dopo sotto inchiesta per malversazioni. Più in generale le proteste si sono rivolte contro gli stessi network clientelistici e nepotistici connessi con il partito socialista.
Ora che il governo ha fatto un passo indietro sul caso Peevski, quali sono le richieste dei manifestanti?
La candidatura di Peevski è stata ritirata dopo una settimana circa di manifestazioni. La questione però non finisce qui perché ci sono diversi altri personaggi del suo calibro connessi al governo. Una delle principali richieste è quella di nuove elezioni ma con una nuova legislazione elettorale che impedisca ai gruppi connessi con i servizi segreti socialisti e con i gruppi mafiosi di essere eletti in parlamento. La Bulgaria è uno dei pochi paesi socialisti che non hanno avuto un processo di lustrazione [processo di regolamentazione messo in atto in paesi post-socialisti per limitare l’accesso a posizione pubbliche da parte di personalità di spicco e informatori dei servizi segreti dei passati regimi] e in cui persone provenienti dalla nomenklatura del passato regime, spesso anche colpevoli nel precedente regime di violazioni dei diritti umani, sono rimaste al potere. L’idea di fondo è quella di cambiare l’intero sistema di potere su cui è basato il governo in Bulgaria. Ed è interessante che il partito socialista stia cercando di spostare l’attenzione sulle questioni sociali, per esempio sono state aumentate le pensioni per guadagnare il supporto delle fasce di popolazione più anziana che rappresentano la maggior parte dell’elettorato. In questo modo si sta cercando di presentare le proteste come simbolo di una spaccatura tra le generazioni più giovani e quelle più anziane. Mentre in realtà la spaccatura esiste tra società civile e gruppi mafiosi.
È la prima volta che si scende in piazza per chiedere la lustrazione in Bulgaria?
Praticamente sì. Ricordo che gli anni ’90, quando la mia famiglia era molto attiva nei movimenti di opposizione, c’era l’idea che si trattasse di un passo necessario, ma era legata al gioco politico del momento tra opposizione e partito al governo. In seguito ci sono state solo voci isolate, legate al mondo intellettuale.
Tutti i processi di lustrazione rischiano di essere strumentalizzati come armi contro gli avversari politici. Come pensate che questo processo dovrebbe essere portato avanti per far sì che sia il più possibile equilibrato?
L’idea sarebbe di escludere dalle posizioni pubbliche tutti coloro che durante il periodo socialista furono in posizione di perseguitare o decidere della vita e della carriera di altri cittadini. Esiste un archivio aperto una decina d’anni fa con tutti i nomi di coloro che collaborarono con i servizi segreti e questo potrebbe essere un punto di partenza.
Come guardano i manifestanti alla scena politica bulgara?
I partecipanti alle manifestazioni di questi giorni sono un movimento civile e non politico. Molti si identificano con quei partiti democratici di opposizione degli anni ’90 che si sono poi dissolti o sono stati marginalizzati. Altri con il partito verde ha un ampio seguito. Molti manifestanti, inoltre, si identificano con i movimenti anti-nazionalisti.
Quando ti guardi intorno durante le proteste chi vedi?
I partecipanti sono soprattutto giovani. Molti di noi hanno studiato all’estero e hanno visto la democrazia messa in pratica. Non è un caso che molti degli slogan siano in inglese o in tedesco, per cercare di attrarre l’attenzione dei media internazionali. Le proteste sono pacifiche e non ci sono mai stati scontri.
Ci sono legami con altri movimenti della società civile che stanno riempiendo le piazze di tutto il mondo?
Non molti. Vedo delle somiglianze con le proteste a Istanbul che è vicina alla Bulgaria anche da un punto di vista geografico. In entrambi i casi si tratta di iniziative nate in gran parte grazie ai social network nelle quali hanno giocato un ruolo quelle fasce di popolazione con un buon livello di istruzione. L’organizzazione qui è spontanea, le persone visitano la pagina Facebook e si informano sulle prossime iniziative. Non posso dire che ci sia stato un effetto catalizzatore da parte di Occupy Gezi Park, ma siamo stati incoraggiati dalla temperie generale.
Esistono nelle proteste di questi giorni anche delle rivendicazioni economiche?
Sì, e sono rivolte verso le protezioni esistenti a favore dei gruppi mafiosi. Chiediamo una tassazione progressiva che non faccia pagare come adesso succede la maggior parte delle tasse ai cittadini con bassi redditi, mentre i grandi gruppi ne rimangono fuori. Chiediamo anche maggiore trasparenza sull’utilizzo dei fondi europei, che sono attualmente gestiti in maniera privatistica.