Altsasukoak askatu, liberate quelli di Altsasu

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24 Giugno 2018

Mentre a Madrid andava in scena, in Parlamento, il cambio della guardia al governo tra Mariano Rajoy e Pedro Sanchez, a poche centinaia di metri di distanza, sempre nella capitale spagnola, ma all’Audiencia Nacional, si metteva un primo punto fermo alla vicenda che da un anno e mezzo sta dividendo il Paese: quella di Alsasua e dell’aggressione a due Guardia Civil e alle rispettive compagne da parte di alcuni ragazzi della cittadina navarra. L’accusa aveva chiesto 375 anni totali di carcere per gli otto accusati, da un minimo di 12 a un massimo di 62 per persona: reato ipotizzato, nientemeno che “terrorismo”, mentre sia per la difesa che per i giovani di Alsasua si era trattato solo di una rissa da bar.

In sostanza, il giudizio di primo grado ha dato torto all’accusa, derubricando i fatti come delitti di “avversione e disprezzo”, cancellando l’esagerata ipotesi terroristica. Attentato all’autorità pubblica, lesioni, disordini e minacce, ma “senza nessuna prova che ci fosse un legame vero e reale con Eta”. Sulla ricostruzione dei fatti: “Non appena entrati nel bar Koxka avvertirono la presenza di un gruppo di persone con cui scambiarono da subito sguardi ostili. Uno degli agenti fu immediatamente preso di mira, non appena andò in bagno, e in seguito un’altra persona gli si parò davanti”.

Ohian e Jonan, 13 e 9 anni di prigione.”I due agenti e le rispettive compagne vennero colpiti da un bicchiere di plastica pieno, poi furono circondati da almeno 25 altre persone che gridavano loro che li avrebbero ammazzati e che in generale li insultavano al grido di hijos de puta, cabrones e txakurras (cani, in basco, ndr)”. Jokin, 12 anni di prigione per aver istigato la rissa insieme a Ohian e Jonan; Julen e Aratz, 9 anni a testa; Adur, 12 anni, Inaki, 13 anni; Ainara, due anni per minacce e disordini. “Una volta fuori dal locale l’aggressione è continuata causando tra l’altro la rottura di tibia e perone di uno degli agenti. Non è possibile nel secolo XXI togliere la libertà a una persona, impedirne i movimenti, solo perché appartenente alla Guardia Civil”.
Molte testimonianze, anche video, a favore della difesa, non sono state tenute in considerazione. In totale, otto giovani tra i 21 e i 31 anni in carcere, anche se l’accusa, la Fiscalia, ha fatto ricorso. Sabato scorso a Pamplona si è svolta un’altra manifestazione di sostegno ai prigionieri, tre dei quali già in prigione preventiva da oltre un anno a chilometri e chilometri di distanza da Altsasua, intorno a Madrid. Due mesi dopo la prima, di manifestazione, sempre nella capitale navarra, la protesta si è diretta di nuovo contro l’esagerazione e la sproporzione della pena, “Altsasukoak askatu”, “Quelli di Altsasua liberi”, senza dimenticare l’ennesimo caso di “dispersiòn”, ovvero di incarcerazione lontana dalla famiglia, come molti altri prigionieri baschi. Trentamila per la polizia, 80mila per gli organizzatori, più probabilmente intorno ai 60mila: questo il solito balletto di cifre sulla partecipazione alla manifestazione. In realtà mai si era vista Pamplona così piena di gente, proveniente non solo dalla Navarra e da Euskadi, ma anche da altre parti della Spagna. Tutti a solidarizzare con le famiglie degli otto ragazzi, ormai riunite stabilmente nel gruppo “Altsasu Gurasoak”, “Genitori di Altsasu”.

Uomini politici di quasi ogni partito, con in testa i rappresentanti del governo della comunità autonoma di Navarra, Uxue Barkos, e il sindaco di Pamplona, Joseba Asiron. Con quest’ultimo a dichiarare: “Ogni volta si apre una ferita sempre più grande tra la cittadinanza e i giudici”.

 

Il volto principale di questa protesta, sempre pacifica, è Bel, la mamma di Adur, uno dei ragazzi incarcerati. “Non c’è nessun motivo per cui questi ragazzi debbano rimanere in carcere a centinaia e centinaia di chilometri da casa. Se così non è, allora si tratta di una decisione solo politica, visto che non sono più stati condannati per terrorismo”.

Ad alimentare la rabbia nelle ultime ore, anche la probabile scarcerazione (dopo pagamento di una penale irrisoria, 6mila euro a testa) dei cinque ragazzi, tra cui proprio un militare e un Guardia Civil, autori dell’abuso sessuale nei confronti di una ragazza durante le feste di San Firmin a Pamplona del 2016. La storia è piuttosto nota, quella della cosiddetta “Manada”, “Il branco”, a cui l’Audiencia Nacional ha appioppato nove anni di carcere di cui cinque da scontare agli arresti domiciliari (da due anni sono già tutti in prigione preventiva, qualcuno a Madrid, qualcuno a Pamplona). Non violenza sessuale, ma solo abuso, pur riconoscendo il fatto che la vittima non fosse consenziente, la ragazza non ha reagito; parole come pietre, che hanno provocato in Spagna e nel mondo una reazione senza precedenti, con addirittura le monache di Hondarribia (paesino sulla costa basca a pochi chilometri dal confine francese) ad esprimere la loro indignazione via social network. Insomma, un’ondata di disgusto che si avverte ancora oggi e che lascerà un segno profondo nella società spagnola. A maggior ragione se i cinque della “Manada” usciranno di prigione dopo aver subito una condanna inferiore a quella dei giovani di Altsasua.