Un salto nel Cile che rivive il sogno di Salvador Allende

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7 Luglio 2021

Un ritratto di Elisa Loncón, nuova presidente dell’Assemblea costituente cilena

MARI MARI PU LAMNGEN (un saluto fratelli e sorelle) MARI MARI CHILE MAPU (un saluto al Paese cileno), con una semplicità disarmante ma altrettanto rivoluzionaria inizia il primo discorso della Presidente Elisa Loncón, che in lingua Mapuche saluta il popolo cileno durante l’apertura dell’assemblea che riscriverà la magna carta del Paese.

E’ questa la notizia che dal lungo ‘petalo di mare’, così come lo definiva Neruda, sta facendo il giro del mondo. Elisa Loncón, donna Mapuche è stata eletta Presidente dell’Assemblea Costituente.

Visibilmente emozionata, ma anche decisa nel suo discorso di apertura senza fronzoli in politichese, senza concetti astratti, la Presidente va dritta al sodo: “Questa convenzione che oggi mi tocca presiedere, trasformerà il Cile in un Paese plurinazionale, un Cile interculturale, un Cile che non leda i diritti delle donne, un Cile che proteggerà la Madre Terra, un Cile che si impegnerà nel pulire le sue acque, un Cile libero da tutte le dominazioni […] Dobbiamo ampliare la nostra democrazia, la nostra partecipazione, dobbiamo rendere partecipe di questo processo anche l’ultimo pezzo di terra di questo Paese. La nuova carta Costituzionale dev’essere un processo partecipativo e trasparente”.

La costituzione redatta da Pinochet insieme ad un gruppo ristretto di militari nel 1980 è letteralmente seppellita, oggi invece sarà proprio la rappresentante Mapuche a redigere e coadiuvare i lavori per la nuova carta Costituzionale.

L’assemblea ha 9 mesi di tempo per presentare la nuova carta alla ratifica plebiscitaria. Al lavoro non ci sono grandi nomi di politici o impresari, bensì donne e uomini comuni, indipendenti,155 costituenti con parità di genere, riscriveranno i pilastri su cui si fonderà il nuovo Cile.

Chi è Elisa Loncon?

Elisa Loncon Antileo nata a Traiguén nella regione de La Araucanía, appartiene alla comunità mapuche di Lefweluan, è innanzitutto una madre, poi laureata in Lettere, è una linguista e insegnante universitaria e attualmente è una attivista della rete per i diritti educativi e linguistici dei popoli indigeni cileni.

Ha passato tutta la sua vita nel ridare lustro e riconoscimento alle lingue native e oltre a vivere la dittatura di Pinochet, insieme alla sua comunità ha subito gli attacchi e le occupazioni militari del Wallmapu, un territorio ancestrale che apparteneva ai Mapuche, che prima hanno subito le dominazioni degli Inca e dell’impero spagnolo e recentemente soffrono delle occupazioni militari del governo cileno.

Insomma la Presidente conosce bene le avversità che i cileni appartenenti alle fasce deboli e soprattutto le popolazioni native, hanno subito dalla dittatura ad oggi.

Non a caso tra i 155 costituenti si parla di riformare il Paese, ridistribuire equamente la ricchezza territoriale ed economica e inevitabilmente includere quelle fette di popolazioni escluse. Non poteva mancare infatti il collegamento alla repressione vissuta dal 18 ottobre 2019 ad oggi.

Con più di 30 morti durante le proteste, almeno 250 manifestanti che hanno perso la vista a causa delle balas de goma sparate dai carabineros, e migliaia di denunce alle principali organizzazioni internazionali che si occupano di diritti umani, nell’agenda della Presidente Loncón e del vicepresidente Jaime Bassa ovviamente c’è l’indulto per gli attivisti politici attualmente imprigionati a causa degli scontri di piazza avvenuti in questi anni.

Ad oggi si contano almeno 2500 prigionieri politici, un numero altissimo che non è stato affatto dimenticato soprattutto da quelli definiti come la primera linea, gli attivisti che in piazza, con scudi e caschi si scontrano con la polizia e soccorrono i manifestanti malmenati.

Non è un caso infatti che prima che iniziasse il discorso della Presidente Mapuche durante la prima sessione dell’assemblea costituente, si sono registrati gli ennesimi scontri con i Carabineros, tanto da far sospendere e tardare la seduta di poche ore.

La destra, o meglio quello che rimane, punta a spaventare la popolazione additando al prossimo disastro comunista che si vede all’orizzonte, terrorizzati dal nuovo processo popolare cileno. Non è un caso che bersaglio delle loro accuse sono proprio gli studenti, etichettati come vandali o saccheggiatori.

In realtà proprio dagli studenti il Cile ha iniziato il suo nuovo percorso. Chi se lo aspettava che dietro quelle iniziali manifestazioni di protesta per l’aumento del costo dei biglietti della metropolitana si potesse nascondere il volto di quello che molti chiamano un Cile nuovo e degno.

Erano solo delle studentesse e degli studenti che scavalcando i tornelli della metropolitana lanciavano un grido di protesta; quelle immagini sono state una miccia capace di innescare una reazione a catena. Ad oggi è chiaro come la vera data da ricordare sia il 18 ottobre 2019, il risveglio cileno che ha rotto in maniere drastica con il passato.

Le coalizioni di destra e i moderati che avevano guidato il paese andino post Pinochet si sgretolano lasciando il posto alla sinistra radicale e agli indipendenti che riscrivono la carta costituzionale in nome della parità di genere, dell’inclusività, a favore di uno Stato plurinazionale e diversificato.

Il Cile di oggi, che parla di inclusione, lotta alla povertà, tutela dell’ambiente, rivive quel sogno nato con Salvador Allende, che pur di restare fedele al suo popolo scelse di morire sotto le bombe golpiste. E allora per citare uno degli ultimi discorsi del Presidente Allende: “Sappiate che quanto prima, si apriranno nuovamente grandi strade dove camminerà l’uomo libero, per costruire una società migliore”.