La Sinistra di Destra

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14 Novembre 2019

È sempre complesso leggere la Storia mentre si è nel mezzo del suo svolgimento, ma verrebbe da dire in questi “tempi interessanti” che chi si colloca a sinistra dell’arco politico sia ancora più in difficoltà a orientarsi. Spesso, infatti, l’appartenenza a sinistra viene rivendicata da portatori di posizioni decisamente controverse.

Da una parte, i sostenitori de “il liberismo è di sinistra” (così come il merito, la sicurezza, e via elencando), dall’altra sovranisti, populisti e “rossobruni” di varie tonalità. Come raccapezzarsi fra tutto questo frastuono? E soprattutto, che cosa è sinistra?

“La Sinistra di Destra” di Mauro Vanetti (Edizioni Alegre, Collana Tempi Moderni) è una preziosa bussola per districarsi tra confusioni ideologiche e dibattiti atomizzati su singoli temi (migranti, euro, femminismo, etc.), rimettendo le idee al loro posto.

Un’operazione non semplice, considerato che l’autore riesce a portare avanti per oltre duecento pagine sia la critica alla cosiddetta “vecchia sinistra di destra” – quella appunto liberista (dal New Labour di Tony Blair al Partito Democratico, per intenderci) – sia quella a sovranisti e populisti, anch’essi doverosamente riposizionati a destra attraverso le considerazioni illustrate nel libro.

Il punto di partenza della riflessione è la rivendicazione della divisione in classi della società e del conflitto fra queste come lente di interpretazione della Storia e della contemporaneità.

Se è vero che destra e sinistra non sono concetti fissati nella pietra, l’adozione di un apparato teorico marxista sui rapporti di produzione e riproduzione nei sistemi capitalistici permette di tracciare una distinzione chiara tra ciò che la sinistra dovrebbe essere e fare e ciò che sinistra non è. Quando la sinistra non fa la sinistra, è – tout simplement – destra.

La questione cruciale è dunque distinguere tra una classe dominante e una classe dominata, e farlo non sulla base di generiche categorie morali (per non scivolare nella dialettica del “popolo” contro “élite”), bensì delle modalità con cui una società produce e si riproduce, secondo una specifica teoria del valore e precisi rapporti di potere.

Alla luce di quanto appena scritto, il lavoro di Vanetti potrebbe risultare ostico ed esclusivamente rivolto a un pubblico di addetti ai lavori. Tutto il contrario. All’autore –collaboratore di Giap, Carmilla e marxist.com – va riconosciuto il merito di avere realizzato un libro accessibile e incalzante, con una esposizione chiara e uno stile spesso scanzonato, che strappa numerose risate nel corso della lettura.

Un utile manuale per rispondere a tono all’ennesima polemica sui social, così come un’acuta analisi su alcuni fra i più spinosi temi della contemporaneità. Da una prospettiva di classe, appunto.

 

 

Vanetti sceglie di articolare le sue considerazioni intorno a diversi nodi tematici particolarmente dibattuti. Innanzitutto, l’immigrazione, argomento esaustivamente trattato in due puntate su Giap nel giugno 2018.

Il capitolo dedicato smonta sia le posizioni dei cosiddetti “xenofobi tecnici” (semplificando, liberisti che guardano ai flussi migratori come a un problema da regolare attraverso calcoli, magari facendo entrare solo chi è disposto “a fare i lavori che nessuno vuole più fare”), sia quelle dei sovranisti-populisti, i quali considerano i migranti come un esercito di riserva che perpetra lo sfruttamento degli autoctoni, secondo citazioni di Marx che cambierebbero di significato se completate dalle righe successive nei testi di riferimento.

Segue un capitolo sulla questione femminista ed LGBTQI+, che demolisce sia il femminismo liberal (no, le donne in ruoli apicali di potere non sono una rivendicazione di sinistra, specialmente se nulla viene fatto contro lo sfruttamento del lavoro femminile), sia le risposte à la Diego Fusaro – ma ahimè più diffuse di quanto si possa immaginare – che considerano la lotta femminista ancillare alla lotta di classe, consegnandola così a logiche oppressive e patriarcali.

I successivi capitoli trattano delle questioni legate alla sovranità nazionale e all’euro, facendo riferimento a dibattiti acuitisi soprattutto a seguito della crisi finanziaria globale.

Se la struttura dell’eurozona è da considerarsi intrinsecamente instabile e iniqua, l’uscita dall’euro “è la risposta alla domanda sbagliata” per citare un libro recentemente uscito a firma di Riccardo Bellofiore, Francesco Garibaldo e Mariana Mortágua, “Euro al Capolinea?”.

Con buona pace di molti sovranisti, infatti, la questione chiave non riguarda una generica sovranità nazionale di un generico “popolo”, bensì – soprattutto in un mondo globalizzato e altamente finanziarizzato – la sovranità sui mezzi di produzione e la classe dominante in questo quadro.

Di nuovo un concetto marxista, fondamentale per comprendere che in caso contrario si finisca per favorire sedicenti campioni del popolo quali Trump, Orban, Salvini, Johnson, non facendo altro che gli interessi della classe dominante (o di una parte di essa, ma poco cambia ai fini dell’analisi).

Al termine della lettura restano una (ri-)acquistata chiarezza di idee, ma anche un certo senso di smarrimento per l’entità del fare necessario a ricostruire una “Sinistra di Sinistra” non solo in senso teorico, ma anche dell’azione.

Sbarazzarsi della riverenza nei confronti del mercato, superare le linee nazionali e morali per ribadire che la vera distinzione nel conflitto è quella di classe, (ri-)tessere alleanze internazionali. Un lavoro immenso, ma non impossibile. Come ribadisce lo stesso Vanetti, “il marxismo è l’unica forma di cinismo ottimista”. Tutto il resto va a destra.

 

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