Il Mediterraneo e la sua bandiera

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21 Agosto 2020

Un progetto culturale e di prossimità

Prima del 30 giugno 2020 non esisteva, ma dal 24 luglio ha iniziato a sventolare ufficialmente su una barca dal nome emblematico, Mediterranea, e da lì su tante altre imbarcazioni, terrazzi, supporti di ogni natura. È la bandiera del Mediterraneo, il simbolo di un’identità comune indagata e rintracciata da Progetto Mediterranea, la spedizione co-fondata da Simone Perotti, autore e marinaio, che dal 2013 ha solcato l’intero bacino del Mare Nostrum accumulando miglia e storie, conoscendo persone e riconoscendo frammenti di un’identità mediterranea solida e presente pur nelle sue sfaccettature, tante quanti sono i popoli che sul Mediterraneo affacciano, e che a quell’immaginario, ricco di millenni di storia, attingono.

Un’esperienza, quella di Progetto Mediterranea, che ha portato alla necessità di dotarsi di un simbolo che potesse rappresentare i popoli del Mediterraneo nel segno dell’integrazione e della coesistenza nelle diversità. Un simbolo di unione: una bandiera, creata grazie a un contest online. All’iniziativa, diffusa sul web mentre l’Italia era chiusa per lockdown, hanno risposto designer e artisti, ma anche persone comuni, bambini, appassionati. Sono stati oltre mille i bozzetti inviati a Progetto Mediterranea tra maggio e giugno scorsi: tra questi, i quattro progetti più rappresentativi sono stati selezionati da una commissione internazionale di grafici, fotografi, poeti, scrittori e cittadini dei paesi coinvolti e sottoposti a un voto “popolare” che ha coinvolto 5803 persone.

La bandiera vincitrice ha ricevuto 1797 preferenze. Tre fasce di colori diversi la distinguono: il blu del mare, il giallo della sabbia dorata, l’azzurro del cielo. Al centro, dentro un sole, l’ulivo, pianta sacra per tutte le popolazioni del Mediterraneo, unico albero presente in tutto il bacino di quel sesto continente che sulle carte politiche non esiste, ma che si è creato in una storia stratificata e millenaria, accogliendo nella sua unicità le tante culture e nazioni che vi si affacciano da Europa, Africa e Asia. Autori, tre studenti del Laboratorio di Disegno e Rilievo dell’Architettura alla Scuola di Architettura di Siracusa dell’Università di Catania, Guglielmo Persano, Salvatore Scollo e Hushmand Toluian.

 

Il sentimento Mediterraneo

Non è un caso se la prima issata ufficiale della Bandiera del Mediterraneo è avvenuta a bordo di Mediterranea, la barca simbolo dell’omonimo progetto che ha solcato le acque di tutto il Mediterraneo per sei anni e un totale di ventimila miglia. Un viaggio raccontato tra narrazione, mitologia, geopolitica, gastronomia e passione da Simone Perotti nel suo libro del 2019 Rapsodia Mediterranea (Mondadori), inseguendo una rotta che ha abbracciato in un comune sguardo e in una curiosità mai sazia Atene e l’Egeo, Tel-Aviv, Lisbona, Ankara, Marsiglia, Tiblisi e Malta, il Canale di Sicilia e Tripoli.

Un viaggio che è stato accompagnato dalla costante ricerca di un fil rouge tra i popoli mediterranei, di un modello di vita costruito secondo un ordine delle cose naturale, e mediterraneo, fatto cioè di mare, navigazione, commerci, orizzonti, ma anche di pane, olio di oliva, lingue e modi di essere. «La genesi della bandiera è tutta nei sei anni di grande viaggio di Mediterranea, ma non solo – racconta Perotti via Skype da Citera, l’isola greca dove vive da qualche mese – questo viaggio ci ha portato a vedere tutto il perimetro del Mediterraneo, a sentirci in luoghi diversi. Assorbiamo spesso il fascino del Mediterraneo ma poi, quando si parla con persone che non si conoscono, in luoghi che non si conoscono, magari lontano da casa, con la stanchezza del viaggio, tutto sembra complicarsi e rischia di diventare sfumato, soprattutto a confronto con i difetti dei mediterranei. Sicuramente questo viaggio ha consentito il sentimento di sé e della propria mediterraneità nei vari angoli di cui questo subcontinente si compone, alcuni di loro molto lontani. Non è vero che il Mediterraneo ha un senso comune solo per via dell’identità: è un luogo di differenze profondissime, di distanze: è esteso, anche se noi lo consideriamo un piccolo mare. È invece un grande continente, si va dall’Asia all’estremo occidente, da nord a sud. Questa esperienza delle differenze e lontananze è un pezzo del sentimento mediterraneo, una prova dei fatti molto importante da cui è scaturita l’idea della bandiera».

C’è dunque un sentire comune dietro il progetto che vorrebbe unire i popoli del Mediterraneo, ma c’è anche una sensazione di stupore che mescola frammenti di identità radicati nel DNA con le culture variegate che popolano il bacino del nostro mare. Questione forse di storia, di antiche memorie andate tramandandosi e modificandosi nel tempo: «è quella sensazione di essere a casa in un posto esotico molto lontano – spiega Perotti – mi capitò negli anni Settanta arrivando per esempio nel Balcani o in Mar Nero. È una sensazione di straniamento esotico che ha fatto da enzima, come per un lievito: a un certo punto mi è sembrato di stupirmi che non ci fosse una bandiera. L’idea è arrivata in questa condizione di stupore: ho alzato lo sguardo, ricordo bene dove, in un porticciolo sepolto dell’Anatolia. Anatolia vuol dire Levante in greco: avevo il Levante alle spalle, guardavo a Ponente e avevo idealmente davanti tutte le isole dell’Egeo, i Balcani, l’Italia e i mari occidentali. Un’altra volta in cui ci ho pensato è stato su una spiaggia israeliana: alle spalle avevo solo Asia, di fronte, di filata, tutto il Mediterraneo. Aveva ragione Matvejević: cambiando punto di vista, il Mediterraneo cambia. In quel momento avevo davanti a me una specie di grande corridoio e vedevo fino alle Colonne d’Ercole: è stato grazie a quella circostanza che mi è tornato il pensiero della bandiera».

Una bandiera per costruire immaginari

Se la nascita di una bandiera, normalmente, è concomitante alla nascita di uno stato, nel caso del Mediterraneo è accaduto un fenomeno differente: la necessità del simbolo che rappresentasse popoli diversi e insieme uguali, accomunati da una “patria” condivisa, ha preso forma su un’imbarcazione che si è data come scopo quello di scoprire il Mediterraneo. È nata dal bisogno di un simbolo che affermasse, con la forza che è propria dei simboli, un concetto già presente e declinato nei suoi elementi culturali, nella socialità e naturalmente nella storia. «Che non ci fosse un simbolo che, in maniera visuale, potesse rappresentare questo mare, mi è sembrato con stupore un fatto eclatante – conferma infatti Perotti – Tutti i dubbi mi sono arrivati dopo, quando ormai era tardi, sono stati sovrastati dalla necessità di poter avere quel simbolo, con tutti i suoi limiti».

Perotti e i soci di Mediterranea ci hanno visto giusto: in queste settimane sono centinaia le persone che, attraverso un e-commerce, stanno ordinando la bandiera e la stanno issando, vessillo di un sentimento mediterraneo che viaggia per vie non istituzionali, cavalcando onde di orgoglio antico, valori radicati, visioni del futuro. Come spiega lo scrittore: «queste persone si collegano alla bandiera, le collegano i loro valori del Mediterraneo. Quando nasce una bandiera dopo che è nato uno stato, significa che quel vessillo rappresenta delle regole cui ci si rifà attraverso un simbolo, la bandiera per l’appunto. Qui accade l’opposto: si stanno costruendo, senza che nessuno abbia dato alcuna regola, i sentimenti e l’ispirazione che serviranno domani a costruire quelle regole. Questa bandiera sta facendo immaginare: ha spiegato a tanta gente, per esempio, che il Mar Nero fa parte del Mediterraneo, e già questo è un grandissimo risultato. Non ci sono ancora regole, ma la bandiera permette di costruire un immaginario che servirà quando ci sarà – e ci sarà presto – da fare per darsi regole comuni e per convivere nel dialogo. Se non abbiamo immaginato, sognato il Mediterraneo, se non ne abbiamo avuto un sentimento, cosa mettiamo nel dialogo? Diventerebbe un soliloquio».

Una bandiera per immaginare, per unire nel segno dei valori comuni superando confini, per proiettarsi verso un futuro che, come crede Perotti, porterà inevitabilmente alla nascita degli Stati Uniti del Mediterraneo. Un tema non ancora notiziabile, forse, ma in linea con alcune delle più urgenti tematiche socio-economiche e politiche dell’attualità europea e mondiale, così culturalmente stimolante e visionario da aver già solleticato il pensiero e l’impegno di alcuni grandi intellettuali incontrati e intervistati da Progetto Mediterranea. Tra questi, Abraham Yehoshua, il cui progetto di Stati Uniti del Mediterraneo abbraccia tutto il bacino del Mare Nostrum e vede come capitale la Sicilia, capace di rappresentare l’intero Mediterraneo con le sue quattro culture: greca, romana, araba e cristiana. Una suggestione, certo, ma carica di entusiasmo e forte di un riconoscimento comune.

Verso gli Stati Uniti del Mediterraneo

Ognuno porta infatti con sé, forse inconsapevolmente, una mitologia mediterranea fatta di storie, di visioni e simboli che risuonano tra radici profonde e modi di vivere, spesso inquinati da culture altre ma sempre profondamente mediterranei. «Pensiamo all’Europa – Perotti spiega così l’origine profonda del sentimento mediterraneo – l’Europa ha una bandiera che nessuno ha sentito come tale: è una federazione di nazioni ma non è ancora, per tantissimi, una patria, si fa fatica a sentirla come tale. Per il Mediterraneo è esattamente l’opposto: è una patria, una casa, ma non ancora un paese. Sarà evidente anche ai più distratti che è molto più facile costruire una federazione di stati che non un sentimento di patria: tra Europa e Mediterraneo chi sta messo meglio e chi deve fare un lavoro immane? Chi deve procedere nell’incertezza, costruendo il sentimento di patria e attraversando nazionalismi, sovranismi, egoismi sociali, e chi deve invece solo confezionare un abito su misura per un corpo che c’è già, che ha già un sentimento comune tale da non poter essere negato?».

L’Europa metteva le basi per la sua esistenza nel 1943, in piena guerra mondiale. Pensare allora a un’Europa unita poteva sembrare utopistico come oggi è, forse, immaginare un Mediterraneo unito laddove imperversano conflitti, si alzano confini e si combatte sulla base di differenze. Ma la speranza è più forte degli ostacoli e si basa sulla presenza forte del sentimento di patria e casa mediterranea. La Georgia, la foce del Danubio, il Libano, ma anche il Portogallo, la Grecia, Israele: il Mediterraneo è ricco e sfaccettato, ben oltre il cliché da cartolina che molti hanno negli occhi. È un mare che  avvolge e unisce territori facendo da ponte e da culla per alcune delle più antiche civiltà e culture occidentali: in quest’area vivono 400 milioni di persone e, come ricorda Perotti, è qui che si concentra la maggior ricchezza culturale e sociale del pianeta.

«Sono convito che gli Stati Uniti del Mediterraneo nasceranno – conferma lui – non sarà domani, non si sa quando sarà, ma certamente avverrà perché è una deriva naturale. L’Europa ha un gran bisogno di Mediterraneo: sarebbe un cuscinetto per i problemi di immigrazione, pensiamo per esempio a un Patto Mediterraneo invece che a un Patto Atlantico tra l’Europa e i trenta paesi del Mediterraneo. Cosa sarebbe dal punto di vista della diplomazia, della politica estera, delle regole del mercato energetico? Sarebbe un colosso, un’area Euro-Mediterranea in cui due soggetti non antagonisti ma complementari, entrambi dotati di identità, si mettessero insieme a ragionare su come reagire alle posizioni americane, russe o cinesi. Ecco perché sono fiducioso: non solo perché sono un inguaribile romantico e l’ultimo dei sognatori, ma perché è coerente pensare che avverrà ciò di cui c’è bisogno».

 

Alla ricerca dell’identità culturale del Mediterraneo

Intanto arrivano foto e messaggi di persone che issano la propria bandiera del Mediterraneo, segno che l’iniziativa partita dal progetto di Simone Perotti e soci è arrivata oltre, varcando una dimensione intima e personale. «Queste testimonianze mi fanno impazzire di gioia – dice lo scrittore – non potevo immaginare che partecipassero tutte queste persone. C’è una sorta di moto di orgoglio, la sensazione di riconoscersi nella bandiera, e questo è bellissimo».  La bandiera del Mediterraneo simboleggia infatti l’esigenza di identificarsi, riconoscersi come cittadini mediterranei in un pezzo di stoffa che di quel mondo riecheggia colori ed elementi universali.

Proclamata il 30 giugno del 2020, la Bandiera del Mediterraneo nasce con la promessa di una festa, quella del Mediterraneo Unito, che ricorrerà in ogni anniversario della nascita di questo vessillo. «La invieremo ai paesi che affacciano sul Mediterraneo – annuncia Simone Perotti – mi impegnerò a scrivere una lettera a tutti i capi di stato stimolandoli e raccontando loro una storia che credo non conoscano, invitandoli a prendere misure e decisioni che vadano nella direzione del Mediterraneo. Scriverò a tutte le istituzioni europee, ai vertici della istituzioni italiane e farò tutto il lavoro possibile: la bandiera è un’ottima occasione per sollevare questioni, suscitare sensibilità, dare la possibilità di concentrarsi su una grandissima risorsa e opportunità».

Un primo passo per un progetto culturale che gira su una barca ma si muove molto anche a terra, mantenendo contatti con tanti paesi e con i loro intellettuali. La promessa di Perotti guarda lontano e include molte idee: «nasceranno cose – prevede – vorrei istituire un albo d’oro dei mediterranei, conferire ogni anno una bandiera con un’onorificenza a chi lavora per la pace, il dialogo, l’unione, la costruzione e l’ideazione del sogno, a chi immagina un mondo diverso. Vorrei far vivere questa bandiera attraverso tante iniziative, e sarebbe bello che arrivassero dalla persone, dalle istituzioni, dagli intellettuali. Mi piacerebbe che su questa bandiera si incontrassero le migliori idee del Mediterraneo. Non c’è bisogno siano mie o tue: le idee buone sono di chi le recepisce e mette in pratica. Questa è una bandiera di cui si parlerà a lungo, un simbolo per parlare di Mediterraneo».

Salpato alla ricerca e alla riscoperta dell’identità mediterranea, Progetto Mediterranea è riuscito a raccogliere intorno a sé persone e relazioni umane, ha costruito e saldato immaginari, fino a dare vita a una bandiera che ne rappresentasse i valori. Mediterranea oggi è ferma, ormeggiata a Imperia aspetta di ripartire per una nuova parte di progetto che la vedrà riprendere il mare con a bordo la bandiera del Mediterraneo, come si conviene a una spedizione con risvolti sociali capace di ascoltare il Mediterraneo da ogni punto di vista, alla ricerca di radici comuni e solcando quell’isola d’acqua su cui si affacciano decine di paesi. Un mare che è ponte, non frontiera, e come tale crea cittadini mediterranei, liberi di spostarsi senza confini. Una simbologia che, forse non a caso, riecheggia nelle parole che Renzo Piano ha pronunciato durante l’inaugurazione del nuovo ponte di Genova San Giorgio: quando si arriva da questo lato del ponte, dalle montagne del nord Italia – ha detto – quando si arriva e si entra, da qui si vede il Mediterraneo». Un orizzonte costante, il futuro a cui guardare per ripensare e riprogettare una patria immaginaria già presente nell’anima.