Migrare non è un delitto

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15 Marzo 2019

“La campagna “migrare non è un delitto” nasce quando il governo Maurizio Macri, con il decreto di necessità e urgenza numero 70 del 2017, cerca di cambiare la legge migratoria approvata nel 2003 dal governo di Nestor Kirchner, la legge 25’781, una legge modello a livello mondiale, che per esempio nell’articolo 4 riconosce la migrazione come diritto umano“. E’ una giovane paraguayana, che vive in Argentina da diversi anni per motivi di studio e lavoro a parlare. E’ una delle tante giovani e dei tanti giovani che ha iniziato la lotta in difesa della legge che pone il paese Sud-Americano tra i più avanzati del mondo.

Sono in tanti e tante in piazza per il terzo corteo nazionale della campagna, e sono accompagnati da diverse organizzazione di base. Il tema è sentito, il razzismo non è ancora a livello “europeo”, ma il governo Macri sta cercando di attaccare e generare un clima ostile verso i migranti. Ma non contro tutti e tutte. I migranti europei e nord-americani, cioè i migranti “ricchi” sono ben accetti, l’attacco è contro i poveri, contro i migranti dell’America latina, responsabilizzati di venire in massa in Argentina perché qui trovano salute e istruzione gratuita, anche senza essere residenti. “Il governo Macri sta cercando di modificare la legge con una campagna razzista e xenofoba che lega migrazione a insicurezza. La campagna nasce quindi per difendere la legge e per pretendere la fine della retorica discriminatoria che il governo, con l’appoggio dei mezzi di comunicazione, porta avanti contro i migranti latino americani e in generale contro i poveri”.

Le foto di Serena Chiodo

 

La maglietta bianca con la scritta “migrar no es delicto” è indossato da diversi di loro.

Mercoledì 13 marzo il ritrovo è alla Direcion Nacional de Migraciones, in zona porta, vicino al punto da cui partono i traghetti direzione Montevideo. Siamo a nord della città. Da li ci si muove verso il centro, verso Piazza De Mayo e verso la Casa Rosada. Sono in Argentina da pochi giorni e ho come l’impressione che quella piazza sia il punto d’arrivo della quasi totalità delle manifestazioni….probabilmente proprio per lo stesso motivo per cui Les Madres de Plaza De Mayo decisero quasi 42 anni fa di iniziare a marciare li davanti, perché è li davanti che c’è la casa del Primo Ministro, la Casa Rosada.

Ma perché Macri, anche lui migrante d’origine vuole cambiare la legge? Un po’ perché come succede in Italia e nel resto dei paesi “ricchi” si cerca di alimentare la guerra tra poveri, o comunque dare ai poveri le colpe che non hanno, un po’ perché “ Stiamo però vedendo che la politica di Macri guarda alle politiche statunitensi. Qui non stiamo certamente per costruire un muro fisicamente parlando, ma il muro si sta cercando di alzare con il discorso politico e il clima xenofobo” ci dice una ragazza di Città del Messico, anche lei della campagna “Migrar No Es Delito”, come a dire che la creazione dell’idea del migrante cattivo e responsabile è idea diffusa e condivisa dai governi neoliberisti. Nella chiacchiera con la giovane messicana si evince come tra Argentina e Messico oggi ci sia una grossa differenza nelle politiche migratorie e nonostante il governo Trump sia un riferimento per Macrì qui ancora non si vede l’oppressione che in Messico esiste e che anche con le recenti carovane collettive si è potuto vedere.

Certo si potrebbe dire che il razzismo verso i migranti è vecchio, di prima che il capitalismo si buttasse nella sua dottrina neoliberale, e forse anche più vecchio del capitalismo stesso, ma le parole della piazza, gli scambi televisivi visti in questi giorni, o gli articoli dei giornali argentini sono così simili a quelle italiane, ungheresi o statunitensi (per retorica e clima) che è difficile pensare che la migrazione, elemento strutturale della vita umana, non sia utilizzata a fine politici. E certo fa pensare che un paese dove è più facile vedere un cognome italiano o spagnolo che in costituzione sancisce la migrazione come diritto cerchi di utilizzare i migranti come capro espiatorio delle responsabilità dei governi, del capitalismo e del FMI.