Perú: la didattica dell’esclusione ai tempi del coronavirus

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15 Giugno 2020

La pandemia ha colpito i gruppi sociali più deboli, anche coloro che meno si ammalano a causa del virus. Come ad esempio i bambini

La pandemia provocata dal coronavirus ha colpito i gruppi sociali più deboli, paradossalmente anche coloro che meno si ammalano a causa del virus. Come ad esempio i bambini. Soprattutto quelli che vivono in condizioni di esclusione sociale ed economica. Che non si ammalano, ma sono tra le principali vittime delle conseguenze provocate dal virus.

É questo purtroppo il caso dei minori che vivono nelle zone rurali andine e della foresta amazzonica del Perù. Bambini che affrontano situazioni struggenti di povertà ed esclusione sociale, ai quali sono da sempre negati gran parte dei loro diritti. Incluso il diritto di ricevere un’istruzione almeno dignitosa.

Anche prima dell’arrivo del coronavirus l’istruzione pubblica peruviana, l’unica alla quale possono accedere il 70% circa degli alunni le cui famiglie non possono sostenere i costi dell’istruzione privata, soffriva enormi problemi. Le limitazioni non erano limitate solo alle zone rurali, ma è in tali aree – dove non esistono alternative all’istruzione pubblica – che le condizioni della didattica sono da sempre oggettivamente molto meno che dignitose.

Secondo dati recenti dello stesso Ministero dell’istruzione infatti, nelle scuole rurali peruviane appena il 20% degli alunni delle elementari riusciva a leggere e capire un testo adatto all’età; solo circa il 15% dei bambini raggiungeva gli obbiettivi in matematica; unicamente il 45% degli studenti concludevano opportunamente il ciclo secondario secondo l’età programmata.

Le ragioni di tale situazione sono varie e complesse: la mancanza di maestri bilingue per gli alunni che non parlano spagnolo, ma una delle lingue originarie del Perù, soprattutto Quechua e Aymara.

La situazione di analfabetismo o semi analfabetismo dei genitori, nella quasi totalità contadini in situazione di marcata povertà, la maggioranza dei quali non ha neppure concluso la scuola elementare; un sistema di insegnamento, il cosiddetto “multigrado unidocente” utilizzato nel 70% circa delle scuole elementari delle zone rurali del Perú, dove un solo maestro deve farsi carico nella stessa aula di più alunni di diverse età e gradi scolastici.

La dispersione territoriale e la distanza, spesso di ore di cammino, dei centri scolastici dalle località dove vivono i bambini con le loro famiglie; infine l’alta incidenza del lavoro infantile, particolarmente critico nelle aree andine e amazzoniche del Perù che, soprattutto durante l’epoca della semina e dei raccolti, incrementa l’assenteismo scolastico.

Certamente si tratta di problemi non semplici. Che potrebbero però essere almeno in parte risolti se esistesse un impegno politico e finanziario adeguato in favore dell’istruzione dei meno abbienti. Questo impegno da molti anni è purtroppo mancato in Perù.

I differenti governi che si sono succeduti hanno infatti destinato uno “scarso interesse” all’istruzione pubblica e in particolare all’istruzione infantile nelle zone rurali, dove vive la popolazione che in assoluto soffre le maggiori condizioni di povertà ed esclusione socio culturale.

Come confermano gli ultimi dati disponibili della Banca Mondiale, ancora ancora oggi il Perù investe appena il 3,9 % del PIL in istruzione, rispetto ad esempio al 7,4% della Bolivia; 6,2% Brasile, 5,5% dell’Argentina, 5,4% del Cile o 4,9% dell’Uruguay. In America del Sud solo il Paraguay investe meno in rapporto al PIL. Secondo calcoli OCSE negli ultimi 10 anni il Perù ha investito mediamente in istruzione il 35% meno rispetto alla media del resto dei paesi dell’America latina. In concreto si tratta di un investimento in istruzione pubblica di meno di 1.000 dollari annuali per alunno.

Assolutamente insufficienti per rispondere alle esigenze dei bambini in condizioni di maggiore vulnerabilità. É in questo contesto che il virus è arrivato per rendere, se possibile, ancora più critica la situazione dell’istruzione nelle zone rurali del Perù .

Come praticamente la totalità degli alunni del resto del mondo, a causa dell’emergenza provocata dalla pandemia anche i bambini e gli adolescenti peruviani non hanno più potuto frequentare fisicamente la scuola. Anzi, non l’hanno nemmeno potuta iniziare, visto che la chiusura determinata dal lockdown imposto dal Governo lo scorso mese di marzo ha coinciso con l’inizio dell’anno scolastico.

Per fare fronte all’emergenza il Ministero dell’Istruzione peruviano ha dovuto quindi costruire rapidamente un programma alternativo di didattica a distanza denominato “Aprendo en casa” (Imparo a casa). Il programma è costruito su tre livelli (prescolare, elementare, scuola media) e viene trasmesso per internet, televisioni e radio convenzionate a livello nazionale. Le lezioni si limitano a circa un’ora e mezza effettiva settimanale di trasmissione su temi “di interesse” per ogni classe dalla prima alla sesta elementare e due ore e mezza settimanali per ogni livello delle medie. Gli interventi sono registrati da personale del Ministero dell’Istruzione e diffusi attraverso trasmissioni comuni in tutto il paese.

Nel poco tempo di durata di queste “pseudo lezioni”, come abbiamo visto al massimo due ore e mezza per ciascun livello scolastico, durante le trasmissioni non è possibile seguire il programma didattico ordinario, ma solo trattare temi di tipo generale.

Il rapporto degli alunni con i propri docenti di riferimento, per chi ha la fortuna di poterlo instaurare, si limita alla realizzazione dei compiti o al ripasso degli esercizi programmati settimanalmente.

Anche per chi riesce ad avere una relazione con i propri maestri e contare sulla loro disponibilità, la relazione avviene in maniera aleatoria per telefono, whatsapp (per chi ce l’ha) o altri canali, lasciati fondamentalmente alla decisione, disponibilità, creatività e possibilità di sostenere i relativi costi dei diretti interessati.

Con un maestro che dovrebbe seguire in questo modo l’apprendimento dei suoi 25 o 30 alunni, lascio immaginare le difficoltà di farlo anche in contesti di normalità urbana, con disponibilità di mezzi di comunicazione e condizioni socio ambientali adeguate.

Ovviamente nei contesti rurali andini e della regione amazzonica le condizioni socio ambientali sono ben lontane da essere adeguate. I dati che Terre des hommes Italia ha recentemente raccolto da interviste realizzate a 400 famiglie beneficiate dai progetti promossi dalla nostra organizzazione in due distretti alto andini della regione di Cusco evidenziano in maniera tangibile la criticità della situazione. Solo il 7% della popolazione dispone di un accesso a internet per smartphone, fondamentalmente le persone “relativamente più abbienti” che vivono nel capoluogo del distretto; il 38% delle famiglie ha un televisore, quasi sempre un modello antico; la maggioranza, oltre il 97%, ha in casa solo una radio. Sia la televisione che la radio nella maggioranza delle comunità lontane dal capoluogo del distretto ricevono con frequenza segnali con interferenze. Il 3% delle famiglie non dispone di alcun mezzo di comunicazione.

É evidente che in tali condizioni un programma di didattica a distanza per i bambini di queste zone é quantomeno una sfida aleatoria. Alla precarietà dei mezzi di comunicazione disponibili si sommano poi altre limitanti: aspetti di tipo culturale, quali ad esempio la velocità del linguaggio dei locutori, tipica di coloro che vivono in città; o la poca durata delle trasmissioni che, realizzate in spagnolo, risultano difficili da comprendere per bambini che in famiglia parlano generalmente solo Quechua.

Per fare fronte a queste difficoltà, che coinvolgono la maggior parte degli alunni delle aree andine e amazzoniche del Perù, il Ministero dell’Istruzione ha previsto la distribuzione di dispense in favore dei bambini che non riescono a seguire i programmi attraverso i canali ordinari. I genitori dovrebbero in questo caso aiutare i figli ad eseguire i compiti proposti dalle dispense e poi condividere quanto realizzato con i rispettivi maestri. Che però a causa dell’emergenza non si trovano nelle comunità e quindi, comunque, si ripropone un problema, non risolto, di comunicazione.

Al di là del fatto che le occupazioni agricole nelle zone andine obbligano i genitori ad estenuanti giornate di lavoro nei campi che lasciano ben poco tempo disponibile, il problema nel caso delle dispense distribuite dal programma “Aprendo en casa” si pone soprattutto rispetto alle reali possibilità dei genitori nelle comunità rurali di accompagnare nella didattica i propri figli.

I dati raccolti da Terre des hommes Italia nel contesto rurale alto andino evidenziano una situazione estremamente critica al rispetto. Nelle comunità oggetto dei nostri interventi il 20% delle mamme con bambini in età scolastica risultano essere totalmente analfabete e un ulteriore 50%, pur avendo frequentato qualche anno la scuola, non sono arrivate a concludere il ciclo elementare.

Con i papà la situazione appare parzialmente meno critica, ma certamente non è rosea: tra di loro il tasso di analfabetismo totale è “solo” del 5%, ma oltre il 40% non è riuscito a terminare il ciclo elementare e quindi è di fatto semi analfabeta. É evidente che in tali condizioni richiedere che siano i genitori a farsi carico del sostegno della didattica dei figli non risulta realmente praticabile.

Il congiunto di questi limiti si riflettono nella limitata partecipazione reale dei bambini delle zone rurali alto andine al programma di didattica a distanza proposto dal Governo peruviano. Se nelle aree prossime ai capoluoghi di distretto, dove anche se con interferenze arriva almeno il segnale radio-televisivo, i dati raccolti evidenziano una partecipazione di circa il 90% degli alunni, nelle comunità rurali più distanti partecipa invece solo il 27% dei bambini.

Il resto, durante l’attuale periodo di sospensione delle lezioni presenziali che rischia di estendersi durante l’intero anno scolastico, in pratica non riceve nessun tipo di istruzione.

In entrambi i casi il problema della didattica a distanza nei confronti dei bambini delle aree andine e amazzoniche costituisce un ulteriore elemento di esclusione socio culturale.

Infatti l’insoddisfazione e la frustrazione per il servizio che ricevono è massima anche tra coloro che riescono in qualche modo a partecipare. I dati raccolti da Terre des hommes Italia nelle comunità rurali evidenziano che nell’88% dei casi i bambini che seguono il programma non riescono a capire le lezioni e non ricevono assistenza. Solo una minoranza può infatti contare con un maestro particolarmente attento e disponibile che riesce a raggiungerli o con un familiare, in genere un fratello maggiore, che ha studiato e che li può aiutare.

Anche per questo oltre il 70% dei genitori contattati dichiara di considerare il programma a distanza assolutamente inutile, principalmente perché non é accompagnato da un’assistenza didattica adeguata, evidenziando così l’estrema urgenza appena possibile di riprendere le lezioni presenziali.

Se è vero infatti che la qualità della didattica scolastica rurale praticata in Perù prima dell’arrivo del Coronavirus era, come abbiamo visto, marcata da limiti e fortemente deficitaria, appare purtroppo evidente che oggi, durante la fase di emergenza generata dal Covid19, l’istruzione offerta alla maggior parte dei bambini che vivono nei villaggi andini e dell’Amazzonia é di fatto a loro addirittura in gran parte negata.