Culti mariani e Covid-19: l’elaborazione di un momento storico – 25

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6 Aprile 2020

Convinti, quando le cose vanno bene e quando le cose vanno male, che ciascuno deve fare il suo lavoro, ci troviamo come redazione di fronte a un evento globale, che concorre a mettere a nudo quelle paure che saranno l’argomento del terzo numero del nostro semestrale cartaceo.

Partendo dal testo di Angelo Miotto, abbiamo deciso – nostra vecchia passione – di lanciare un Decameron online, nella vecchia tradizione, di fronte alle paure, di riunirsi attorno al fuoco (della passione narrativa) e di raccontarsi storie.

Mandateci il vostro racconto di questi giorni di Corona virus, tra allarmismi, improvvisati esperti, legittime paure e doverose cautele. Va bene, al solito, qualsiasi linguaggio: audio, testo, video, foto. Inedito o citando altri. Scrivete a redazione@qcodemag.it e noi vi pubblicheremo.

Il contagio delle storie – 25

Culti mariani e Covid-19: l’elaborazione di un momento storico – Fausta Riva

In ogni momento storico “riconoscersi” è un atto complesso. A volte servono generazioni, a volte un momento preciso sulla linea del tempo. É come svegliarsi da un lungo sogno e sentirsi fragili.

Ci vuole il tempo per elaborare e reagire. Anche se nel nostro passato è già successo, con tante modalità e forme diverse, riesce ancora a spaventarci. Retaggi della nostra storia evolutiva che tornano a spalancarci gli occhi e farci sentire piccoli e estremamente uniti.

Non di meno, in questo periodo, riconosciamo che tutto è fortemente interconnesso: da ogni piccola azione quotidiana, alle ripercussioni sociali, culturali, economiche nel breve e lungo periodo. Da un piccola particella infettiva, alla grande rete globalizzata.

 

Morti dell’Avello. Bulciago, Provincia di Lecco

2 marzo 2020

 

“In questo luogo accorrevano molti devoti, perfino da Milano, percorrendo un’antica strada di acciottolato, ancora oggi visibile davanti al Santuario, che congiungeva Lecco e la Brianza al capoluogo lombardo.”

Inserito nel paesaggio collinare della Brianza lecchese si trova un Santuario e un “masso avello”. Entrambi questi elementi del paesaggio testimoniano il legame tra i luoghi della devozione mariana e quelli più antichi, di matrice romana e celtica, legati al culto dei morti. Ai nostri occhi diventano voluminose memorie, monumenti che ci permettono di capire come era percepita, e vissuta, l’elaborazione di un momento sociale, storico come la pestilenza di fine 1500, quella del 1630, e ancora […]

L’indagine parte da una domanda insistente: Quali sono i metodi di elaborazione di ieri e di oggi? Come sono cambiati? 

Di origine glaciale i “massi avelli” sono stati portati a valle dai ghiacciai in epoche remote e poi abbandonati nella successiva fase di ritiro degli stessi ghiacciai, ma le informazioni sui loro usi sono invece molto lacunose e si affidano alle tradizioni orali. 

A detta di esperti e studiosi di questi reperti, i massi venivano scavati manualmente, un’opera umana che corrisponderebbe a nicchie tombali. Nonostante questa certezza ancora oggi si fatica a comprendere se venissero usate per la sepoltura individuale o per nuclei famigliari. Molto meno vaga la loro collocazione temporale e territoriale: si tratterebbe di 27 tombe risalenti al periodo compreso fra la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.) e il definitivo abbandono del territorio da parte dei Bizantini (588 d.C.) che lasciarono campo libero al re longobardo Autari.

Il tutto avviene in un’area geografica precisa e limitata al Triangolo Lariano, tra Como, Bellagio e Lecco.

Nasce proprio qui, al Santuario dei morti dell’Avello, la più resistente delle credenze locali e di uno strano rito benefico, che si svolgeva, fino a pochi anni fa, subito dopo ogni temporale.

Era consuetudine infatti, bagnarsi con l’acqua piovana raccolta nel masso avello. L’uso dell’acqua per le abluzioni era considerato un efficace rimedio terapeutico contro ferite, malattie e disturbi alle vie respiratorie. La prima a beneficiarne, si racconta, fu una bambina, gravemente malata, ma miracolosamente guarita subito dopo aver bevuto l’acqua dell’Avello. Da allora i miti sul masso avello si sono arricchiti fino a ritenere che l’acqua piovana negli avelli non prosciughi mai.

Un rituale scandito da momenti ben precisi: la parte malata veniva bagnata con l’acqua piovana oppure si immergeva un indumento del malato, si intingevano fazzoletti e bende per poi appenderli ai rami degli alberi circostanti.

Intorno al masso, una cappelletta con affrescata una Madonna con Bambino, da qui il nome dato al luogo di “Madonna dei Morti dell’Avello”. Ancora una volta ricalca la tradizione e la Storia secondo cui in questo luogo furono seppelliti i morti della peste riferita ai tempi di San Carlo Borromeo (1576).

All’interno del Santuario invece, dietro all’altare, è presente un affresco del pittore Rivetta, risalente al 1905. Soggetto della rappresentazione è la Madonna del Carmine col Bambino e le anime purganti che attendono di entrare nell’eterno regno di gloria.

Ai lati dell’altare si trovano due teche contenenti degli ex-voto: oggetti, per di più cuori d’argento o cuciti a mano, offerti in dono per grazia ricevuta o in adempimento di una promessa.

Nell’atto di riconoscersi è facile sentirsi smarriti. Tutti, con modalità e tempistiche diverse, reagiamo e elaboriamo la paura, il momento sociale in cui siamo inseriti e il tempo che ci è stato concesso. In questi giorni ognuno corre ai ripari: c’è chi recupera i libri nei cassetti, chi accende la televisione, chi riempie il carrello della spesa, chi esce a camminare nei campi. 

Mi fermo un attimo, osservo le due teche, giro intorno al Santuario mentre il sole tramonta all’orizzonte, osservo i segni lasciati dal tempo e mi sembra di scavare.

Mi sembra di scavare come un archeologo nel passato ma di ritrovarmi con il presente in mano. Mi sembra di vedere noi, oggi, con le nostre false credenze, i nostri miti, che cerchiamo un modo di sopravvivere al mistero.

Il modo di rispondere è cambiato; il luogo di culto si è adattato allo spazio di un supermercato o di un centro commerciale. Le tradizioni orali, distorte di bocca in bocca, come lo scorrere infinito delle fake news in mezzo alle notizie. L’atto stesso è cambiato, ma rimane sempre il rito.

É un giro di giostra che si ripete, con credenze e tradizioni che cambiano luogo, fisionomia e voce ma rimangono immutate nell’intento.

Scavando nel passato, non sembriamo così tanto diversi da come eravamo.