L’età giovane

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3 Novembre 2019

Un viaggio dei fratelli Dardenne nell’Islam radicale e nei cattivi maestri

 

L’ETA’ GIOVANE, di Jean-Pierre e Luc Dardenne, con Idir Ben Addi, Oliver Bonnaud, Myriem Akheddioud, Victoria Bluck, Claire Bodson, Othmane Moumen, Amine Hamidou, Madelein Baudo, Marc Zinga. Gran premio della Giuria al Festival di Cannes 2019. Nelle sale.

 

I mitici Dardenne sono tornati. E con uno dei loro film migliori, su un tema a dir poco scottante, in tempi di xenofobia e islamofobia spinte .

L’età giovane è infatti un’opera coraggiosa, molto curata nei dialoghi e tutto fuorché anti o pro islamico. Anzi, la storia che ci raccontano mirabilmente in soli 84 minuti (che Dio li benedica, in tempi di film inutilmente lunghi), ci serve a capire una volta di più la differenza tra credo religioso ed integralismo. In un terreno ideologizzato in cui per molti, troppi l’Islam è una notte dove tutte le vacche sono vere.

Ma facciamo un passo indietro. Ahmed ha 13 anni, vive nel Belgio dei giorni nostri in una famiglia laica, dove né la madre né la sorella portano il velo e neppure rinunciano all’alcol o fanno una vita diversa dalle loro coetanee.

Il nostro protagonista è poco più di un bambino, timido e impacciato come tanti, ma noi lo conosciamo già radicalizzato da un Imam fanatico, che lo spinge a venerare il cugino kamikaze e a considerare la sua insegnante di lingua araba, musulmana, un’apostata perché vuole utilizzare le canzoni per imparare il Corano.

La radicalizzazione di Ahmed è a un livello tale da manifestarsi compulsivamente anche nella gestualità, che assume un valore rituale, quasi ossessivo. Ma soprattutto il ragazzino è così chiuso nella sua corazza ideologica di ‘purezza’ da risultare impermeabile a tutti quanti lo circondano.

In famiglia reagisce con insulti, fuori rifiuta ogni contatto con chi non è integralista come lui, con l’altro sesso, persino con gli animali (i cani in particolare). E coltiva con terribile determinazione un progetto violento.

Lo sguardo dei registi sul loro protagonista in questo film sembra in preda alla disperazione. Qui non siamo davanti a una carenza dei servizi sociali, o a una famiglia poco attenta, in qualche modo disfunzionale. Niente sembra giustificare il fanatismo di Ahmed. Come farà questo ragazzino a uscire dalla sua profonda solitudine, dall’ideale d’odio che ha plasmato la sua mente e il suo corpo ancora immaturi?

I Dardenne non sono certo tipi da accomodanti happy end, ma in tutti i loro film, anche i più duri, non hanno mai lasciato i loro protagonisti senza speranza . Così il finale, fulmineo e asciutto, dopo tanta suspense ci colpirà come se ci fossimo risvegliati da un incubo.

E Lontanissimi dal voler dare giudizi morali, come nel loro stile, i grandi autori di Rosetta.
Acuti e partecipi osservatori della realtà, in questo splendido film fanno trasparire la loro visione. Sono i cattivi maestri a procurare danni, a volte oltre le loro stesse aspettative, non le intere comunità.