Spagna, verso il voto del 28 aprile

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24 Febbraio 2019

Le definiscono elezioni storiche: di sicuro ci saranno due dati da guardare; la partecipazione al voto con i risultati per area geografica e quanto volerà l’estrema destra di Vox

I governi spagnoli sono spesso caduti sul nodo del nazionalismo. E anche questa volta non si fa eccezione, dal momento che il segnale della fine dell’esperienza di governo di Pedro Sánchez, che era riuscito con Unidos Podemos a scalzare la destra di Mariano Rajoy, facendo approvare una mozione di sfiducia, è arrivato con un voto che bocciava i Presupuestos.

Una legge di bilancio fra le più progressiste mai viste in Spagna, eppure il tutto è stato inutile, per una questione politica di mancata trattativa e riconoscimento sulla vicenda catalana.

Nelle stesse ore in cui il presidente spagnolo beveva l’amaro calice, iniziava il processo ai leader nazionalisti e indipendentisti arrestati per il referendum del Primero de Octubre, esponenti che si trovano alla sbarra davanti al Tribunal Supremo dopo mesi di carcere e che rischiano condanne incredibili per reati con nomi desueti come quello di ‘ribellione’.

E così a Sanchez non è rimasto che convocare nuove elezioni, per il 28 di aprile.

Le ultime novità sul fronte politico spagnolo riguardano il voto andaluso dei primi di dicembre scorso, in cui la debacle socialista era stata accompagnata da un quasi 11% di Vox, l’estrema destra, che otteneva proprio nell’ex feudo socialista un successo che l’ha poi rimbalzata su ogni mezzo di comunicazione per molti giorni.

Fine gennaio, primi di febbraio si è consumato in casa Podemos, una scissione dolorosa fra leader, con Inigo Errejon che decideva di lanciarsi nel voto per il municipio di Madrid insieme a Manuela Carmena, attuale sindaca della città.

Un movimento interno in cui Errejon cerca di ampliare la base di voto e consenso, allargando molto i confini della proposta politica, di fatto uscendo da un politburo fondativo in cui Pablo Iglesias e Irene Montero, la sua compagna, sono capi non certo indiscussi, ma in carica.

Infine il nodo catalano, dove l’atteggiamento del governo Sanchez è stato molto differente dalla chiusura netta di Rajoy, ma dove l’indipendentismo doveva per questioni elettorali e di dignità di partito, tenere un coté intransigente su diversi punti.

C’è un processo che suona, come detto, di Inquisizione e c’è lo scotto di aver proclamato una repubblica solo per cinque secondi, con un viaggio all’estero dell’allora presidente della Generalitat Carles Puigdemont che a tanti occhi è apparsa davvero una fuga.

Quim Torra, l’attuale presidente della Generalitat, inviò 21 punti al governo spagnolo, molto ultimativi, difficilmente una via di mediazione dopo le bastonate dispensate dalla destra con il randello costituzionale dell’articolo 155, usato per la prima volta nella storia spagnola, che di fatto commissariava tutta una regione autonoma come la Catalunya.

Il governo di Sanchez aveva acconsentito a trovare un ‘mediatore’ per quella che non si poteva né doveva chiamare una trattativa, ma gli stessi baroni socialisti del partito e il primo quotidiano di Spagna (El Pais) erano tornati a remargli contro. Sanchez, infatti, è amato più dal popolo socialista, che dal, suo establishment.

Ora è il momento dei sondaggi. Che si moltiplicano.

In tutti Vox, l’estrema destra che ha spostato ancora più a destra anche il Partido Popular di Casado, diventerebbe una forza parlamentare nazionale con una cinquantina di parlamentari.

Falangisti, antiabortisti, razzisti, feroci nel negare qualsiasi istanza di parità di genere. Vox farà campagna soprattutto nelle periferie, con messaggi alla Salvini e con il fascino, ahi noi per molti, delle vecchie maniere e di un passato comunque recente per la Spagna.

Il partito, secondo un’inchiesta del quotidiano El Pais, è stato finanziato da una fondazione dell’opposizione iraniana con 800mila euro, ma la formazione di Santiago Abascal ha negato la lista dei nomi al Tribunal Supremo.

Le indicazioni, per quello che valgono, danno una tenuta dei socialisti, un calo di Ciudadanos e di Podemos, un Partido Popular dimezzato rispetto all’era Rajoy, una situazione di sostanziale ingovernabilità se non con coalizioni. Per ora paiono più graditi i socialisti con Unidos Podemos, rispetto a un terzetto di destra come Vox, Pp e Ciudadanos. Ma siamo ancora a fine febbraio e c’è tutto da giocare.

Inoltre, quanti andranno a votare?

E come si muoveranno le autonomie in cui la spinta più indipendentista che nazionalista è molto forte? Come si schiereranno i poteri forti?