Ritorno alle Macerie prime, sei mesi dopo

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8 Agosto 2018

Con “Macerie prime. Sei mesi dopo”, Bao pubblica la seconda parte dell’opera in due tempi di Zerocalcare: un epilogo che racconta le condizioni di vita di un’intera generazione

Questo libro si leggo dopo Macerie prime, che è uscito nel novembre del 2017. Se l’hai già letto, non rileggerlo prima di iniziare questo volume: i personaggi della storiasi sono persi di vista per sei mesi ed è giusto che anche tu li ritrovi come stanno per ritrovarsi loro».

Comincia così Macerie prime. Sei mesi dopo, seconda parte dell’opera in due tempi di Zerocalcare. Con un rimando utile e suggestivo, che se da un lato serve a orientare il lettore, dall’altro fa leva sui potenti e imprevedibili meccanismi della memoria per sviluppare il quadro d’insieme.

Un quadro dalle tinte desolanti: mentre nel mondo reale Michele e i suoi amici arrancano nella battaglia contro le difficoltà di tutti i giorni, nell’altra dimensione (interiore?) le oscure minacce dei demoni che la abitano si fanno via via sempre più concrete.

E alla fine, puntualmente, arriva la resa dei conti. Ecco, questa è la prima riflessione che esce dalle pagine di Macerie prime. Sei mesi dopo.

Possiamo vivacchiare, arrabattarci, lamentarci o consolare noi stessi pensando che il nostro momento arriverà, prima o poi. Oppure possiamo combattere.

«Lezione numero 1: non si scappa dalle cose feroci» afferma il ragazzino che corre in aiuto dei protagonisti durante la battaglia finale contro la bestia, quando tutto sembra perduto.

«Lezione numero 2: le cose feroci si possono colpire». Ecco quello che serve per sbloccare la situazione: prendere in mano il proprio destino, invece di subire passivamente l’evoluzione degli eventi.

«Lezione numero 3: se puoi, abbi cura di chi ti sta vicino». La salvezza passa dalla solidarietà e dalla collaborazione: l’egoismo e l’indifferenza non fanno che indebolire i singoli individui, fino a condurli alla catastrofe.

Nel primo capitolo di Macerie prime, il panda aveva sostituito l’armadillo come spirito guida di Zerocalcare: quando la sensibilità e la riflessione si erano dimostrate insostenbili, ecco pronti a subentrare l’istinto di sopravvivenza e il cinismo.

Ma la presa di consapevolezza che la battaglia serve prima di tutto a mantenere viva la nostra anima riporta in auge l’armadillo. Protagonista di un colpo di scena finale e di un upgrade che – forse – consentirà a Zerocalcare di difendersi un po’ meglio da sensi di colpa e paranoie varie.

I colpi di scena non mancano nelle ultime pagine del graphic novel: anche l’anziano signore del mondo parallelo, infatti, finirà per svelare un’identità insospettabile. Precisando che forse i più giovani (la generazione Z?) sapranno adattarsi meglio al mondo di oggi rispetto a chi li ha preceduti.

In fondo è proprio una questione di adattamento, perché la battaglia armi in pugno – adrenalinica e coinvolgente – resta una metafora. La vita reale assomiglia più a uno scenario di guerriglia, dove la resistenza e l’offensiva sono quotidiane, lo scontro è a bassa intensità ma prosegue senza pause.

Il punto rimane sempre il risultato finale, come ricorda anche la quarta di copertina: «Chissà se sono più le cose che guadagni o quelle che perdi, quando impari a campare».

Il prezzo della crescita si dimostra salato: i pezzi persi per strada si possono recuperare, ma nel frattempo il contenitore si è adattato a sopravvivere senza le parti mancanti. Si può provare a ricomporre il puzzle, ma niente sarà più come prima.

Il finale di Macerie prime. Sei mesi dopo non è consolatorio. Non c’è una soluzione illuminante ai problemi della vita. C’è semplicemente la consapevolezza, la constatazione che così va il mondo, ma non per questo si deve rinunciare a combattere.

 

 

Alla fine, noi siamo ‘sta roba qua.

Sopravvissuti, imperfetti, pieni di cicatrici che ci siamo fatti tra di noi.

Se ci guardi da vicino, ti accorgi che, non si sa come, restiamo attaccati. Siamo tenuti insieme con lo sputo.

È così, quando attraversi la vita. Ti usuri. E non puoi più tornare com’eri prima. Ci devi stare.

L’importante è che capisci quali sono i pezzi più importanti, quelli di cui non puoi fare a meno, che ti fanno essere quello che sei…

…e te li tieni stretti…

Pure se si scheggiano.

Pure se si frammentano.

Te li devi tenere stretti.

Fino all’ultimo granello.